L’evoluzione di Gian Lorenzo Bernini. A Roma

A vent’anni esatti dalla sua riapertura, la Galleria Borghese si autocelebra attraverso una grande retrospettiva dedicata a Gian Lorenzo Bernini. Il massimo esponente, in scultura e architettura, della stagione barocca.

Non poteva che essere dedicata a Gian Lorenzo Bernini (Napoli, 1598 – Roma, 1680) l’imponente mostra, curata da Andrea Bacchi e Anna Coliva, allestita nei suggestivi spazi di Galleria Borghese a Roma. L’evento celebra i vent’anni dalla riapertura, avvenuta nel 1998, dell’istituzione romana che per motivi di restauro rimase chiusa per sedici anni.
Il percorso di visita, all’interno di quella che fu un tempo la residenza del potente cardinale, nonché grande mecenate e collezionista d’arte, Scipione Borghese, si divide in otto sezioni. Esse mettono in evidenza il Bernini scultore, dai tempi dell’apprendistato con il padre Pietro, fino agli ultimi lavori eseguiti intorno al 1678.
Ad aumentare la ricchezza e ovviamente il fascino della mostra ci pensano i già presenti gruppi scultorei borghesiani commissionati a un giovane Bernini dal cardinale Scipione, nipote di papa Paolo V. Uno di questi è l’iconico Ratto di Proserpina (1621-1622) che accoglie, in tutta la sua monumentalità, il visitatore una volta varcata la soglia della prima stanza. Si resta sempre impressionati dalla magistralità dello scultore che è riuscito nell’impresa di rendere il duro marmo di Carrara morbido come le carni umane. Nella stanza successiva ci si imbatte nel primo “intruso” della galleria, quell’Ermafrodito dormiente (1620) che i curatori sono riusciti a portare dal Louvre di Parigi. È attraverso quest’opera che si riesce a sintetizzare efficacemente l’intera sezione riguardante il Bernini restauratore. Egli scolpì un soffice materasso in marmo che andò a trasformare radicalmente l’aspetto originale della scultura, risalente al secondo secolo dopo Cristo, donandole una maggiore leggerezza e sensualità.

Gian Lorenzo Bernini, Autoritratto giovanile, 1623 ca. Galleria Borghese, Roma (c) Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo - Galleria Borghese

Gian Lorenzo Bernini, Autoritratto giovanile, 1623 ca. Galleria Borghese, Roma (c) Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo – Galleria Borghese

PADRE E FIGLIO

Proseguendo ci si ritrova al cospetto dell’Enea e Anchise (1618-1619), il primo dei quattro spettacolari capolavori legato al mecenatismo di Scipione Borghese. Si tratta del primo incarico autonomo di Gian Lorenzo, vincolato ancora a suggestioni manieriste, probabilmente suggerite da Pietro. Un tema fortunato questo riguardante la fuga da Troia dell’anziano Anchise aiutato dal figlio Enea, come dimostra il suggestivo confronto con il dipinto del 1598 di Federico Barocci, collocato appositamente nella stessa stanza della scultura berniniana. Nella Sala Egizia della galleria si comincia a indagare il rapporto tra Pietro e Gian Lorenzo attraverso una serie di opere che hanno come soggetto putti accompagnati da animali, genere più volte affrontato dallo scultore. Lavori giovanili come la nota Capra Amaltea (ante 1615), considerata un pezzo antico fino al 1926, quando venne attribuita da Roberto Longhi alla sola mano di Gian Lorenzo. Continuando il percorso si giunge alla Sala del Sileno che solitamente ospita i capolavori di Caravaggio. In questo spazio è stata collocata una delle opere più intense ed espressive scolpite dall’artista. Si tratta della cosiddetta Anima Dannata (1619) caratterizzata da un pathos che non ha precedenti nella storia dell’arte. Essa è accompagnata dall’Anima Beata (1619) entrambe provenienti dall’Ambasciata di Spagna presso la Santa Sede. Il salone successivo, dominato dalla volta affrescata da Mariano Rossi, è il più grande dell’intero percorso e qui si approfondisce ancora una volta il legame fra le opere realizzate da Gian Lorenzo in stretto dialogo o in collaborazione con il padre Pietro. Risale al 1620 circa il ciclo delle Stagioni Aldobrandini che, con le sue quattro sculture, domina gli spazi della sala. Indimenticabile e originale risulta l’Inverno, eseguito dal Bernini senior, e l’Autunno, dove alcuni vivaci particolari fanno pensare a un intervento del figlio. Grande merito va ai curatori, che sono riusciti a mostrare al pubblico il suggestivo complesso scultoreo proveniente da una collezione privata. Sempre nello stesso luogo è stata posta la Santa Bibiana (1624-1626), prima statua pubblica scolpita da Gian Lorenzo per Urbano VIII. Essa è stata da poco restaurata in collaborazione con Fendi e proviene dall’omonima chiesa romana che lo stesso artista aveva ristrutturato per conto del pontefice. Stona, invece, la presenza della Verità (1646-1652) eseguita da Gian Lorenzo sotto il pontificato di Innocenzo X, papa inizialmente avverso all’artista. Essendo un’opera risalente alla piena maturità dello scultore, non si comprende esattamente il motivo della sua collocazione accanto alle opere del periodo giovanile.

Gian Lorenzo Bernini, Apollo e Dafne, 1622-25. Galleria Borghese, Roma (c) Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo - Galleria Borghese

Gian Lorenzo Bernini, Apollo e Dafne, 1622-25. Galleria Borghese, Roma (c) Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo – Galleria Borghese

DAI BUSTI AI BRONZI

Dopo aver oltrepassato le ultime due stanze che ospitano i rimanenti gruppi borghesiani, il vigoroso David (1623-1624) e l’incantevole Apollo e Dafne (1622-1625), considerato l’emblema del virtuosismo barocco, si giunge al termine del percorso allestito al pianterreno della Galleria. All’interno della splendida Loggia di Lanfranco, che ospita parte della pinacoteca, ci si meraviglia di fronte al grandissimo numero di busti in marmo e bronzo che i curatori hanno raccolto. Si tratta di un genere molto amato da Bernini che raggiungerà l’apice massimo con i due ritratti marmorei per Federico I d’Este e Luigi XIV, purtroppo non presenti in mostra. Menzione d’onore per l’intimo Busto di Costanza Bonarelli (1635 circa), amante dello scultore, proveniente dal Bargello di Firenze. Interessante la rassegna di dipinti attributi a Gian Lorenzo ancora troppo poco conosciuti, ma sufficienti a trasmettere l’idea di un artista versatile e dinamico. La mostra si conclude nella maestosa Sala di Psiche, che ospita tele di Tiziano, Giovanni Bellini, Paolo Veronese e Lorenzo Lotto. Sono quattro le opere esposte dai curatori per terminare il percorso di visita: i due preziosi crocifissi in bronzo arrivati rispettivamente da Toronto e Madrid e i due busti, di incerta attribuzione, del Salvator Mundi, quello romano e quello di Norfolk, Inghilterra. Si tratta di un’occasione unica per poter fare degli affascinanti confronti con delle sculture dello stesso soggetto.
La rassegna, dunque, termina nel modo più semplice ed efficace possibile, mostrando l’ultima grande opera scultorea eseguita da Gian Lorenzo Bernini, quel busto di Salvatore, proveniente dalla Chiesa di San Sebastiano fuori le Mura, eseguito intorno al 1678. Ha ancora i “ponteggi” fra le dita della mano benedicente, suggerendoci che non fosse stato terminato quando la malattia impedì all’artista di lavorarvi ancora. Esattamente come, oltre cento anni prima, successe con la Pietà Rondanini (1552-1564) a un altro grande maestro della scultura: Michelangelo Buonarroti.

Alexander Stefani

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Alexander Stefani

Alexander Stefani

Nato a Bolzano nel 1990, ha conseguito la laurea triennale in Beni Culturali indirizzo storico artistico presso l'Ateneo di Lettere e Filosofia di Trento. Coltiva da sempre una dedizione per la storia dell'arte, in particolare dei secoli XIII, XIV, XVII…

Scopri di più