Andrea Bruciati e l’olio dell’Imperatore. A Villa Adriana la cultura passa anche dalla terra
Dall’arte contemporanea all’archeologia: la sfida di Andrea Bruciati, nuovo direttore di Villa Adriana e Villa d’Este, porta buoni frutti. In tutti i sensi. Dall’aumento dei visitatori a un olio d’oliva che ridesta il ricordo dell’Imperatore e dei suoi possedimenti…
“Costruire significa collaborare con la terra, imprimere il segno dell’uomo su un paesaggio che ne resterà modificato per sempre […]. Costruire un porto significa fecondare la bellezza d’un golfo. Fondare biblioteche è come costruire ancora granai pubblici, ammassare riserve contro un inverno dello spirito che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire”.
Così scriveva Marguerite Yourcenar nel suo Memorie di Adriano, tracciando – parola dopo parola – una corrispondenza tra storia, natura e cultura, rivelatasi nel cuore dello spazio letterario. L’autoritratto epistolare del vecchio Imperatore dischiudeva segreti che ancora oggi risuonano, specialmente in quei luoghi che di Roma e del suo Impero furono teatro, un paio di millenni fa.
Tutte cose che ben conosce Andrea Bruciati, da marzo 2017 direttore di Villa Adriana e Villa d’Este a Tivoli, vincitore di uno dei concorsi banditi dal Ministero dei Beni Culturali nel quadro della riforma Franceschini. Cose che sta oggi trasformando in lavoro, in racconto, in proposta culturale. Perché di quei luoghi e di quelle storie ha innanzitutto provato a cogliere il timbro: si è messo in ascolto, in contatto, accostando lo studio all’esercizio della sensibilità.
L’OLIO DI ADRIANO
In soli 8 mesi il bilancio è positivo: più di 700.000 visitatori; alcuni spazi suggestivi restituiti al pubblico (dal Teatro Marittimo a Villa Adriana all’Arco di Trionfo a Villa d’Este); la riapertura della Mensa Ponderaria nel centro di Tivoli; un bando di concessione per servizi di ristorazione e caffetteria mediante veicoli street food; borse di studio per tirocini post lauream destinati ad archeologi ed agronomi; un accordo fra Palestrina, Subiaco e Tivoli per la costituzione di un distretto turistico sostenibile… Ed è solo l’inizio. Senza dimenticare le connessioni con l’arte contemporanea, su cui Bruciati ha annunciato di voler investire e intorno a cui c’è moltissima attesa.
E a fine 2017 è spuntato anche l“Olio di Adriano”, la cui eco è giunta oltreconfine, sulle colonne del Telegraph e di Die Presse. Un olio pregiato, estratto dai 3500 ulivi plurisecolari che dominano i 40 ettari della splendida Villa Imperiale: l’Unesco la dichiarò Patrimonio dell’Umanità nel 1999. Perché dunque non valorizzarne ogni angolo, ogni memoria, mettendo a frutto tutta la bellezza che c’è? Non solo l’arte, le monumentali mura, le terme, i padiglioni, le fontane, i reperti archeologici, il panorama. Anche la terra torna a essere ricchezza.
A novembre, da un’idea di Bruciati, si dà il via alla prima raccolta, sfornando 78 bottigliette numerate da vendere nel bookshop del museo. Dall’anno prossimo si punterà a rodare, perfezionare ed ampliare la produzione. Ed è come un balzo in avanti, unendo la valorizzazione dei luoghi d’arte alla cultura del chilometro zero, dello slow food, del doc e del bio. Così nascono piccoli casi studio, segni e spazi d’identità in cui riconoscersi e riconoscere certi valori. Ma è anche e soprattutto un giro nella macchina del tempo: l’analisi del sito archeologico consente di ripercorrere l’evoluzione del paesaggio, dall’epoca della costruzione della villa fino ai nostri giorni, lasciando materializzare – tra l’osservazione e l’immaginazione – i giardini di Adriano e le antiche zone agricole, già allora destinate a coltivazioni di vite e di olivo.
COLTIVANDO BELLEZZA. A TIVOLI COME A CASERTA
Viene in mente, a proposito dei super direttori post riforma, l’esperimento voluto da Mauro Felicori alla Reggia di Caserta, anch’essa in una fase particolarmente felice: ottenuto dall’infusione di erbe officinali del “Real Giardino Inglese” della Reggia, con la sapiente lavorazione della Distilleria Petrone, il liquore AmaRè è il simbolo di un’antica tradizione officinale mediterranea, ma anche di un modo diverso d’intendere la promozione culturale e la vocazione del museo.
Quale dunque il segreto di esperienze simili? Pragmatismo e abilità gestionale, unite a un certo romanticismo di fondo: il senso dell’armonia tra architettura storica e paesaggio, passato e presente, uomo e natura, identità e ricerca, emergono spesso dalle riflessioni di Bruciati, nell’amore per quei siti, nella volontà di trasformarli daccapo in corpi vivi. Una boccetta d’olio d’alta gamma, nel mezzo di un tesoro archeologico del II secolo d.C.: un fatto di germinazioni, comunque. Coltivare memoria e desiderio, distillarne bellezza, ritrovarci l’Italia e il suo marchio indelebile, non per forza sbiadito.
– Helga Marsala
www.villaadriana.beniculturali.it
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