L’avventura dei fiamminghi a Genova

Al Palazzo della Meridiana, una mostra di studio curata da Anna Orlando ricostruisce, attraverso cinquanta opere fra dipinti, disegni e incisioni, lo sviluppo della pittura borghese in Italia, dal ritratto al paesaggio alla natura morta, e documenta anche l’interpretazione dell’arte sacra da parte dei fiamminghi.

Con Bologna e Venezia, Genova era tra le città italiane più vivaci del Seicento, dove, nonostante la Controriforma, palpitava una vivace vita sociale e artistica, grazie soprattutto alla sua natura portuale e alla sua vocazione imprenditoriale di ambito europeo, che la posero a diretto contatto anche con ambienti mercantili e artistici fiamminghi, in particolare della città di Anversa. Dalla metà del Cinquecento al 1648 (con la Pace di Westfalia che segna la fine della Guerra dei Trent’anni), si parlò di “secolo dei genovesi”, tanta era stata la potenza finanziaria del capoluogo ligure che aveva permesso la nascita di una ricca e raffinata borghesia di banchieri, cambiavalute, armatori, mercanti. Sia per la sua bellezza sia per la presenza di entusiasti committenti, Genova divenne meta di numerosi artisti fiamminghi. La mostra Van Dyck e i suoi amici. Fiamminghi a Genova 1600-1640 racconta la loro avventura e l’influenza che ebbero sulla pittura ligure dell’epoca, portando con sé un soffio di quella “pittura riformata”, di signori e di popolo, dove il fasto lascia spazio alla narrazione del quotidiano.

UNA SCUOLA INNOVATRICE

Nell’Europa settentrionale, in particolare nelle Fiandre, la Riforma luterana aveva favorito la nascita di una borghesia operosa e istruita, che inondò gli artisti di committenze svincolate dal potere politico o ecclesiastico. Grazie all’esistenza di questo “pubblico”, si sviluppò la cosiddetta “pittura di genere” a carattere civile: paesaggi, scene di vita quotidiana, nature morte, scene di battaglie storiche. Fecero scuola in Italia, dove paradossalmente erano venuti per imparare a quella italiana, in particolare da Caravaggio e seguaci, un po’ come gli spagnoli avevano fatto nel secondo Cinquecento, per apprendere i rudimenti della maniera moderna di Michelangelo, Allori, Bronzino e altri. Nel Seicento molti olandesi e fiamminghi si fermarono a Roma, ma alcuni passarono prima per Genova, o addirittura vi si fermarono. Ad aprire la strada, Rubens e i fratelli Van Deynen, cui seguirono appunto van Dyck (allievo del primo) e altri come Jan Roos e Vincent Malo, che nelle loro botteghe furono maestri rispettivamente di Stefano Camogli e Anton Maria Vassallo.

Cornelis De Wael, Spettacolo di comici Genova, collezione privata

Cornelis De Wael, Spettacolo di comici Genova, collezione privata

VAN DYCK E IL RITRATTO

Fra le opere più suggestive di van Dyck a Genova, quei ritratti che documentano la vivacità della committenza privata, nobiliare e mercantili. Dal gioielliere Pucci al conte Ambrogio Spinola, l’artista trasferisce sulla tela la gravità e l’autorevolezza del personaggio, non in maniera agiografica, ma sottolineandone i meriti personali; quelli di statista e condottiero dello Spinola, ritratto con l’armatura e lo scettro del comando, e quelli di commerciante del Pucci, al cui fianco spiccano alcuni gioielli dei quali fa commercio. Ritratti che sono biografie, legati alle esistenze concrete dei soggetti. Altro apprezzato ritrattista, anche se leggermente più freddo, fu Guilliam Van Deynen, che indulge nei dettagli di abiti e ornamenti femminili.

LA PITTURA DI GENERE

Con i fiamminghi si diffonde a Genova la natura morta, che ha in Roos l’esponente più autorevole, la cui pittura sottile, stesa per velature delicate, gli valse ammirazione e numerose committenze. A riprendere i suoi trionfi di fiori e frutti, in primis l’allievo Camogli, che dal maestro aveva appreso ad animare lo spazio costruendo una “ritmica” di colori e forme, ma apportandovi una pennellata più corposa. Raffinate anche le nature morte di Bernardo Strozzi, che risente della lezione caravaggesca per i chiaroscuri, ma si rifà a Roos per la pennellata sottile e l’indefinitezza dell’ambiente.
I luminosi paesaggi con figure dei fratelli Lucas e Cornelius De Wael hanno spesso per tema la caccia, svago prediletto della nobiltà dell’epoca, e sono caratterizzati da una piacevole atmosfera bucolica e spensierata, mentre le scene storiche di battaglie assumono toni più solenni e drammatici. Non manca nemmeno in loro, comunque, un attento sguardo indagatore del quotidiano; i Soldati presso una taverna si caratterizzano per la vivace narrazione della scena: chi gioca a carte, chi si rinfresca alla fontana, chi ispeziona l’equipaggiamento. Un naturalismo ante litteram venato di pittoresco bambocciante che compare anche nello Spettacolo di comici, attorniati però da popolani forse non meno teatrali di loro. Garbata ironia e precarietà dell’esistenza si fondono in una tela dai colori delicati. Altro frequentatore della vita quotidiana, quel Giacomo Legi di cui poco sappiamo circa la biografia, ma dalle sue opere appare evidente la stima che aveva per Caravaggio, approfonditamente studiato a Roma; imbevuto però di cultura riformata, i suoi raffinati chiaroscuri non vengono applicati per soggetti sacri o mitologici, bensì si rivolgono alla vita quotidiana: il Venditore di pollame e cacciagione ne è un valido esempio. In Italia, la formazione degli artisti era differente, e la pittura del quotidiano dovrà attendere ancora un secolo prima di affermarsi.

Anton van Dyck, Crocifisso, 1627 ca. Genova, Museo di Palazzo Reale

Anton van Dyck, Crocifisso, 1627 ca. Genova, Museo di Palazzo Reale

IL SACRO

Dove la lezione dei fiamminghi trovò ampia applicazione e numerosi epigoni, fu nel genere della pittura sacra, in un’epoca in cui l’influenza della Chiesa, o meglio della Spagna, era forte anche a Genova. Numerose erano le richieste di tali opere e gli stranieri le soddisfecero con abilità. Il Cristo spirante di van Dyck, drammatico ed elegiaco insieme, dà spessore al sacrificio di Gesù attraverso la fredda luce che si scaglia sul corpo nudo rigato di sangue, e ispirò due imitazioni da parte di altrettanti anonimi genovesi; parimente, la sua Sacra Famiglia, ispirata a Tiziano e alla pittura veneta, ispirò a sua volta un quadro analogo a Valerio Castello, che ne riprese lo sfondo con la colonna e la tenda rossa drappeggiata. Il Grechetto, da parte sua, pur guardando al Cristo spirante ne realizzò una personalissima versione, che sorprende per la modernità della pennellata, anticipatrice del Divisionismo alla Previati.

Niccolò Lucarelli

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Niccolò Lucarelli

Niccolò Lucarelli

Laureato in Studi Internazionali, è curatore, critico d’arte, di teatro e di jazz, e saggista di storia militare. Scrive su varie riviste di settore, cercando di fissare sulla pagina quella bellezza che, a ben guardare, ancora esiste nel mondo.

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