Narrare l’antico. Parola a Inti Ligabue

Intervista al figlio del collezionista Giancarlo Ligabue, artefice di una raccolta suggestiva, ispirata al mondo antico. Manufatti appartenenti a epoche passate, che trovano nell’imminente mostra veneziana all’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti una nuova occasione di visibilità.

La figura umana è al centro della mostra Idoli, in arrivo all’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti di Venezia il 15 settembre. Un focus sulla “rivoluzione neolitica” e su un centinaio di manufatti risalenti all’epoca compresa fra il 4000 e il 2000 a.C. Protagonista assoluta la Collezione Ligabue, da cui provengono alcuni dei reperti in mostra, a testimonianza dell’amore per l’antico che guidava le scelte collezionistiche di Giancarlo Ligabue. Di questo e di molto altro abbiamo parlato con il figlio, Inti Ligabue, cui si deve la Fondazione istituita, in memoria del padre, nel 2016.

Partiamo dall’inizio. Ci racconta brevemente la storia della Fondazione Giancarlo Ligabue e della sua raccolta?
La Collezione Ligabue nasce verso la fine degli Anni Sessanta. A far scoccare la scintilla e la passione collezionistica in mio padre, Giancarlo Ligabue, è il regalo, da parte di un collega imprenditore, di una punta di freccia paleolitica del Montello. Sarà una rivelazione, l’avvio di una vera fascinazione per gli oggetti del passato. Così iniziano gli acquisti: dapprima ceramiche attiche, oggetti etruschi, bronzi villanoviani; poi l’interesse si sposta sull’arte precolombiana e sull’arte tribale, che costituiscono due nuclei di grande rilevanza della collezione e sulle quali papà aveva concentrato i suoi studi. Alla fine degli Anni Settanta, acquista alcuni oggetti apparsi sul mercato antiquario provenienti dalla cosiddetta Battriana e appartenenti a una cultura mai descritta prima, la cultura dell’Oxus: saranno proprio le sue ricerche a dare un fondamentale contributo alla definizione di questa civiltà, con testi considerati tutt’oggi fondamentali.

E così è nata la Fondazione…
La Fondazione nasce dunque da un sentimento di amore, ma soprattutto di responsabilità, nei confronti degli studi compiuti da mio padre per oltre vent’anni, attraverso il Centro Studi e Ricerche Ligabue, di cui la Fondazione è in pratica un’evoluzione. Esponendo gli oggetti che Giancarlo collezionava, inerenti appunto alle sue ricerche, ci proponiamo di ripercorrere e condividere le conoscenze e i contributi raccolti in tanti anni. Le opere collezionate ‒ molte delle quali anche donate o assegnate in forme diverse a vari musei, altre rimaste in famiglia ‒ sono testimonianza importante di tante e diverse civiltà del passato alle quali è doveroso dare voce.

Figura femminile stante, Civiltà dell’Indo, Belucistan, Mehrgarh, stile VII (ca. 2700–2500 a.C.), Collezione Ligabue, Venezia © Fondazione Giancarlo Ligabue. Photo Hughes Dubois

Figura femminile stante, Civiltà dell’Indo, Belucistan, Mehrgarh, stile VII (ca. 2700–2500 a.C.), Collezione Ligabue, Venezia © Fondazione Giancarlo Ligabue. Photo Hughes Dubois

Come si sviluppa, nel concreto, la vita della Fondazione (personale coinvolto, finanziamenti…)?
La nostra Fondazione è costituita da un gruppo di persone molto dinamiche e per lo più giovani. C’è chi si occupa delle opere d’arte ‒ conservazione, restauro, catalogazione, movimentazione ‒ di diversi generi (dipinti, disegni, sculture, reperti archeologici di differenti materiali, tessuti, ecc.), chi dell’organizzazione e dell’amministrazione, chi segue la redazione del Ligabue Magazine con il direttore Alessandro Marzo Magno e poi c’è un comitato scientifico internazionale di altissimo livello, di cui fanno parte circa venti studiosi di differenti ambiti e discipline: un comitati con il quale ci confrontiamo per l’l’attività scientifica ed espositiva. Proprio questa dinamicità ci ha premesso di elaborare tre diversi progetti espositivi, realizzando sei mostre in Italia in soli tre anni.

E per quanto riguarda il budget?
Per quanto riguarda il budget della Fondazione, non è ovviamente semplice sostenere le iniziative: lo sponsor principale è il Gruppo Ligabue che dirigo, come terza generazione, e che si appresta a compiere, nel 2019, 100 anni. Da sempre la Ligabue ha creduto nella responsabilità sociale aziendale e l’ha sviluppata in diversi settori. In quello culturale si riconosce nell’attività della Fondazione, che promuove cultura a tutti livelli: dall’appassionato all’esperto fino alle scuole. Accanto a questo poi c’è il sostegno alla Fondazione da parte di amici e partner della Ligabue, che ci aiutano a realizzare progetti ambiziosi come la mostra Idoli.

Quali sono i punti chiave e gli intenti di questa nuova rassegna, in arrivo all’Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti di Venezia?
Idoli è una mostra molto particolare, direi per certi versi irripetibile. Quasi cento opere d’arte, espressione di un’area geografica vastissima e di un momento peculiare per la storia dell’umanità, che fu la rivoluzione neolitica fino all’Età del Bronzo. Una fase in cui si collocano le principali trasformazioni della società, dell’economia e della tecnologia, con la creazione anche dei primi nuclei urbani, di nuove strutture abitative, con la nascita della scrittura.

Inti Ligabue. Photo credit James Mollison

Inti Ligabue. Photo credit James Mollison

Una mostra che si preannuncia poderosa…
Ventisei prestatori da sedici diverse città e da nove differenti nazioni con la volontà, a costo di ampliare le difficoltà organizzative, di testimoniare tutte le più importanti culture sviluppate dalla penisola iberica alle porte dell’Indo, passando per la Sardegna, la Mesopotamia, le isole Cicladi, Cipro, l’Anatolia e mostrando le forme che l’uomo del tardo Neolitico dava alle grandi idee metafisiche come la fertilità, la nascita, il divino. Si passa così dalle figure steatopigie a quelle geometriche o a placca, fino agli idoli oculari; per poi arrivare all’inizio dell’Età del Bronzo alle prime raffigurazioni realistiche di sacerdoti, re e principesse.

Su quali manufatti e reperti punterete l’attenzione, in particolare?
Ci sono opere importantissime come i meravigliosi Idoli della Sardegna, che davvero raramente vengono concessi in prestito, o le figure antropomorfe schematiche provenienti dal Dipartimento di Antichità di Cipro o lo spettacolare Uomo-Toro della Collezione Ortiz. E poi non posso non citare un’opera cui sono particolarmente affezionato: la Dama dell’Oxus, conosciuta ormai nella letteratura scientifica come “Venere Ligabue”.

L’aspetto formativo e divulgativo caratterizza in maniera netta il profilo della Fondazione Giancarlo Ligabue. Quali risultati avete ottenuto e quali i prossimi obiettivi, in tale ambito?
Tutte le mattine nelle nostre mostre sono presenti laboratori didattici diversificati per le scuole e la domenica abbiamo specifiche attività per le famiglie. Puntiamo molto a formare i primi curiosi e appassionati fruitori di archeologica e di mostre d’arte, cercando di renderli protagonisti dell’esposizione, delle storie che la mostra narra, dei mondi che mette in luce. Cerchiamo di farli sognare, divertire e di far sì che disegnino o elaborino essi stessi le opere esposte, perché la visione e il contatto con questi oggetti può far scoccare in molti una scintilla, che magari si trasformerà domani in qualcosa di ancora più forte.
Abbiamo programmato quasi ottanta laboratori negli ultimi due anni solari e più di 10mila bambini hanno partecipato alle nostre attività didattiche: una grande soddisfazione che ci spinge ad andare avanti.

Idolo oculare, corpo convesso, Asia occidentale, 3300 3000 a.C., Collezione Ligabue, Venezia © Fondazione Giancarlo Ligabue. Photo Hughes Dubois

Idolo oculare, corpo convesso, Asia occidentale, 3300 3000 a.C., Collezione Ligabue, Venezia © Fondazione Giancarlo Ligabue. Photo Hughes Dubois

“Conoscere e far conoscere” è il motto che accompagna la Fondazione. Quanto è determinante la conoscenza della storia antica nel delineare un approccio critico al presente?
È un motto che, sono certo, sarebbe piaciuto a mio padre, perché solo dalla conoscenza delle origini possiamo capire il nostro presente e decidere il nostro futuro. Cicerone diceva che la storia è maestra di vita, ma noi spesso siamo cattivi scolari.

Che valore ha una mostra come Idoli nel panorama culturale contemporaneo?
Credo un valore importante, sia perché aiuta a guardare a mondi diversi, capendo che nelle differenze l’umanità alla fine è una sola ‒ e in tempi come questi ce n’è assoluto bisogno ‒, sia perché si pone in dialogo, in modo stringente, con la modernità.

Che cosa intende?
Moltissimi grandi artisti del Novecento sono stati affascinati da queste statuette così iconiche, enigmatiche e simboliche: da Picasso a Modigliani, da Brâncuși a Moore. In questo senso mi auguro che visitino la mostra non soltanto gli appassionati di storia e archeologia ma anche gli amanti dell’arte nel senso più pieno del termine, compresi i ragazzi che studiano nelle Accademie d’arte, che possono cogliere in queste sculture quelle particolari definizioni volumetriche, quell’accostamento di elementi geometrici che oggi definiremmo cubista e che abbiamo poi ritrovato in molte avanguardie del XX secolo.

Arianna Testino

www.fondazioneligabue.it

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Arianna Testino

Arianna Testino

Nata a Genova nel 1983, Arianna Testino si è formata tra Bologna e Venezia, laureandosi al DAMS in Storia dell’arte medievale-moderna e specializzandosi allo IUAV in Progettazione e produzione delle arti visive. Dal 2015 a giugno 2023 ha lavorato nella…

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