Come sarà il 2019 dei Musei italiani? Intervista ad Andrea Bruciati
Parte dal centro Italia la nostra survey sul 2019 dei grandi musei italiani. Tirando le fila dell’anno appena conclusosi e con qualche accenno a che cosa accadrà in futuro. L’intervista ad Andrea Bruciati, direttore di Villa d’Este e Villa Adriana a Tivoli.
Come sarà la programmazione dell’anno 2019?
La programmazione consoliderà il percorso finora ipotizzato, volto ad un dialogo continuo fra le diverse accezioni dei ‘cultural studies’ che dei siti così importanti sono in grado di focalizzare e promuovere. L’immaginario al femminile legato a Lucrezia Borgia, una riflessione sul portato dell’opera d’arte ieri e oggi, i nuovi studi sulla città utopica adrianea per Leonardo e l’eredità architettonica della Villa a partire da Borromini a Meier, si situano in questa prospettiva che esalta le VILLAE come luoghi attivatori di una esperienza culturale diacronica e dinamica. A questo si affiancheranno iniziative volte alla valorizzazione del collezionismo, del nostro patrimonio verde e alla sensibilizzazione per tutto ciò che riguarda il concetto di visione e sinestesia fra le arti, con le diverse problematiche ad essi correlate.
Ci sarà spazio per la giovane arte italiana? Se sì, in che modo?
L’arte italiana è nel mio patrimonio formativo, in ogni accezione e grado, e stiamo elaborando progetti volti alla sua promozione, declinandoli sotto diverse morfologie in base alle caratteristiche tipologiche di ogni sede dell’Istituto. L’interesse recente verso la carta da parati (Le stanze di Ferenc fino al 17 febbraio a Villa d’Este), con la partecipazione di oltre 70 artisti, l’invito a giovani collezionisti e gallerie che investono sull’arte contemporanea e il progetto trasversale che stiamo formulando per Level 0 si situano in questo percorso di aggiornamento e stimolo nei riguardi delle nuove generazioni.
Su quali risorse contate?
Sulla bigliettazione integrativa delle mostre, che così in parte si autofinanziano, e nella collaborazione con soggetti interessati alla nostra piattaforma.
Un bilancio dell’anno che si è appena concluso?
Anno molto importante dove fra mille difficoltà ho ipotizzato dei percorsi di ricerca inediti e un diverso approccio alla tutela e alla valorizzazione del bene culturale. Per quanto mi riguarda mi sento culturalmente arricchito e assolutamente estroverso a molte più suggestioni rispetto ai miei colleghi che si occupano di settori molto più delimitati, dove la crescita professionale è a senso unico: passare da giardini verticali mai concepiti, alla creazione di un Atlas adrianeo, fino alla scoperta di un mondo immateriale che ridefinisca i parametri valoriali di una comunità, fa sì che intellettualmente si stia sempre in un contesto molto stimolante, sotto una pressione di certo benefica e attiva. D’altronde luoghi eccezionali hanno necessità di una progettualità fuori dal comune per rimarcare il ruolo internazionale che abbiamo il compito di ribadire in quanto patrimonio dell’umanità: la sfida è aperta perché non deve essere mai ritenuta secondaria l’importanza di siti UNESCO per troppo tempo restati nell’ombra.
Dalla tua nomina sei riuscito a realizzare tutto ciò che ti eri prefisso? C’è qualcosa invece che vorresti riuscire a realizzare nell’anno che si sta aprendo?
Diciamo che l’organismo che sto creando è completamente nuovo e che non è né facile né semplice gestirlo: potrà sembrare retorico ma cerco di trasformare le problematiche in opportunità, interrogandole e vivendole dal di dentro. Sia io che l’Istituto così cresciamo dal reciproco confronto per costruirci più forti e rinascere, come la fenice, dalle nostre ceneri. Le VILLAE in fin dei conti sono come un amante: le desidero perché mi sorprendono con le loro mille sfaccettature, spesso impossibili da prevedere ma non per questo meno preziose. Nello specifico per il 2019 spero di poter approfondire ed aggiornare secondo le istanze del XXI secolo, gli studi che sto compiendo: sui rapporti fra due visionari come Nerone e Adriano, la fabbrica postraffaellesca, così come il contesto di un El Greco tiburtino, le metamorfosi ovidiane a partire dal gruppo dei Niobidi, così come tutta una pittura di genere considerata minore ma che era frutto di una comunità artistica vivace e cosmopolita nella Tivoli del ‘600.
I più grandi pregi del tuo museo. E i più grandi difetti.
Siamo la prova delle incommensurabili potenzialità creative dell’essere umano per cui rappresentiamo delle matrici valoriali intimamente connesse ai fondamenti dell’umanesimo. Intendiamo pertanto offrire codici interpretativi alle nuove generazioni, soprattutto in un presente di difficile decifrazione. Venendo ai difetti, forse sembrano troppi di primo acchito ma se si ama e desidera nulla sembra così insormontabile: occorre passione, visione e umiltà per accedere a mondi fino a ieri sconosciuti e tramutare l’asino in oro.
– Santa Nastro
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