Antonello da Messina, ritrattista contemporaneo. A Milano
Diciannove opere del grande maestro quattrocentesco riunite a Milano. Un’occasione da non perdere per scoprire ancora una volta la sua modernità nel leggere l’animo umano.
Per importanza e quantità delle opere, la mostra su Antonello da Messina al Palazzo Reale di Milano può essere a buona ragione definita imperdibile. L’allestimento arioso, senza inutili riempitivi, favorisce la visione dei singoli lavori. Ed è impossibile rimanere indifferenti di fronte a volti che interpellano lo spettatore con forza del tutto contemporanea. Abbiamo intervistato il curatore Giovanni Carlo Federico Villa, che illustra la modernità assoluta di Antonello.
Sono riunite diciannove opere sulle trentacinque certamente attribuite ad Antonello.
Dopo l’esposizione alle Scuderie del Quirinale, questa è la più grande su Antonello come numero di opere: diciannove dipinti cardine della sua produzione con la presenza di tutte le “icone”.
Da sempre la mostra su Antonello è considerata “la mostra impossibile” in quanto esistono poche opere, molto disperse e considerate dai musei tra i loro più alti capolavori. In questo caso abbiamo fatto una scelta orientata alla narrazione che volevamo costruire. Ovvero raccontare come si sia passati dal mito, dal personaggio raccontato da Vasari, alla Storia: come Cavalcaselle abbia scoperto un artista che rimaneva solo sulle carte della letteratura artistica e abbia collocato le sue opere attorno a questa nuova immagine.
Giovanni Battista Cavalcaselle è in effetti la “guida” d’eccezione della mostra.
Per la prima volta i taccuini e gli schizzi di Cavalcaselle sono esposti insieme alle opere di Antonello. Si può vedere come lavora uno storico dell’arte, come è stato capace di ricostruire il catalogo di un grande artista e darcene l’immagine che ancora oggi abbiamo. In ogni sala ci sono i taccuini, gli appunti, i fogli con i disegni e l’interpretazione.
Scelta difficile: quali tra le opere in mostra ritiene essenziale citare?
L’aspetto importante è che sono esposte le opere di Antonello che hanno costruito l’immaginario a lui relativo. A partire dall’Annunciata di Palermo, passando per il Ritratto dell’ignoto marinaio di Cefalù e il Ritratto Trivulzio di Torino. Fino al San Girolamo nello studio di Londra e all’Ecce homo di Piacenza. Sono le opere in cui Antonello si è “raccontato” come il più grande interprete dell’animo umano (e forse il più grande ritrattista della storia).
In cosa consiste la stupefacente modernità di Antonello?
Antonello piace formidabilmente alla nostra epoca per la sua capacità di cogliere l’intima essenza dell’uomo. Riesce a ottenere una sintesi dell’immagine da un punto di vista visivo, geometrico, attraverso una luce e un’atmosfera bagnate di realtà e concretezza che raramente si sono ottenute nei secoli successivi. In questo sta tutta la sua forza.
Diversamente da altri grandi artisti, la modernità di Antonello non sta nel toccare temi eterni con originalità. Si direbbe che sia sempre, tuttora, nel suo tempo…
Paragonato ad altri grandi artisti che strutturarono modelli orientati al loro tempo, Antonello è “immediato”. Ti parla immediatamente con lo sguardo, l’espressività, che è quella che utilizziamo abitualmente ‒ soprattutto noi italiani ‒ per relazionarci con chi abbiamo di fronte. Ad esempio, il Ritratto Trivulzio di Torino è impressionante perché sembra il classico siciliano che ha appena fatto il segno di diniego schioccando le labbra. Labbro increspato, un occhio più aperto dell’altro, le sopracciglia molto disordinate. Si ha realmente un’impressione fotografica.
La mostra è in un certo senso un “ritorno a Milano” per Antonello.
C’è più di un “ritorno”. Il Ritratto Trivulzio torna a Milano dopo essere arrivato a Torino come risarcimento per il mancato acquisto della collezione Trivulzio da parte del Comune di Torino, appunto. Si crea così un bel gemellaggio tra le due città. Allo stesso tempo, potremmo dire che l’arrivo a Milano di Antonello avrebbe fatto felice Galeazzo Maria Sforza, che tentò di farlo giungere come ritrattista di corte. Ma Antonello declinò e il ritrattista di corte diventò Leonardo.
‒ Stefano Castelli
Articolo pubblicato su Grandi Mostre #15
Abbonati ad Artribune Magazine
Acquista la tua inserzione sul prossimo Artribune
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati