Autonomia e riforma Bonisoli. Cittadini e intellettuali in difesa di parchi e musei

DA VILLA GIULIA AL PARCO DI APPIA ANTICA, NON SI CONTANO LE MANIFESTAZIONI DI SOLIDARIETÀ E GLI APPELLI AL MINISTRO DELLA CULTURA. L’AUTONOMIA NON SI TOCCA, IL RINNOVAMENTO NON SI FERMA. E MENTRE LA RIFORMA BONISOLI ATTENDE IL PASSAGGIO IN AULA, È SALVO IL CASTELLO DI MIRAMARE. LA LEGA HA DETTO ‘NO’.

Ci voleva un santo in Paradiso, uno di quelli buoni, a cui votarsi nelle situazioni estreme: colore politico giusto e canale diretto col governo. Ci voleva un uomo del cerchio magico di Matteo Salvini per scongiurare il rischio paventato settimane fa, a proposito della controriforma messa a punto dal Ministro dei Beni Culturali Alberto Bonisoli in chiave anti-Franceschini. Tasto dolente: l’autonomia di alcuni dei musei/parchi statali, che la riforma lanciata nel 2015 dall’ex inquilino di Via del Collegio Romano aveva finalmente sancito, con risultati certo migliorabili ma assai apprezzabili. Per Bonisoli quattro di questi istituti dovevano vedersi sfilare lo status di organismi indipendenti, sul piano gestionale e finanziario. I criteri? Non pervenuti. Ma tant’è.

CASTELLO DI MIRAMARE, L’AUTONOMIA RESTA

Parliamo del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, del Parco dell’Appia Antica, delle Gallerie dell’Accademia di Firenze e del Castello/Museo di Miramare a Trieste. E a proposito di santi e di intermediazioni, proprio Miramare è miracolosamente uscito dal novero dei musei “penalizzati”, non più citato nel decreto approvato lo scorso 19 giugno in Consiglio dei Ministri e in attesa di passare al vaglio del Parlamento. Chi bisogna ringraziare? Il leghista Massimiliano Fedriga, volto noto dei talk show politici, dal 2018 governatore del Friuli Venezia Giulia. “L’ipotesi di revoca dell’autonomia al museo di Miramare da parte del Governo è superata“, ha comunicato lo stesso Presidente già l’11 giugno, dopo un confronto con l’Esecutivo nazionale, di cui si faceva portavoce il sottosegretario ai Beni e alle Attività Culturali, Lucia Borgonzoni. Anch’ella tra i leghisti più influenti dell’era salviniana. Felice per i risultati del mini summit, Fedriga ha così silenziato “le preoccupazioni sul futuro di un sito che è patrimonio dell’intera collettività, non solo regionale ma nazionale”.

Castello di Miramare Ph. Mihael Grmek 2015 on Wikimedia Commons Autonomia e riforma Bonisoli. Cittadini e intellettuali in difesa di parchi e musei

Castello di Miramare, Ph. Mihael Grmek, 2015, on Wikimedia Commons

Bene così. La direttrice Andreina Contessa, vincitrice nel 2017 di uno dei concorsi previsti
dalla Riforma, ha preso in mano un sito che versava in condizioni di degrado, con personale
insufficiente, uffici inadeguati e ambienti trascurati. Subito a lavoro, con entusiasmo, per
rilanciare la strepitosa residenza ottocentesca. A cominciare dal ripristino degli spazi verdi e
delle fontane, per proseguire col restauro dello “Scalone dell’Amazzone”, progettato da Carl Junker, con la pulitura di statue e decorazioni, con gli interventi di restauro e conservazione sugli arredi antichi e gli ampi saloni, fino alla riapertura dei bagni dietro il Caffè Massimiliano e la risistemazione dei servizi nel parterre. Un immenso cantiere, atteso da anni e partito d’un colpo.
Quanto l’autonomia possa agevolare imprese di questo tipo è facile da capire. L’agilità, la
rapidità, la possibilità di coniugare visione e azione, la professionalità di direttori esterni
qualificati, nonché il lusso di usufruire degli incassi, con una diretta ricaduta delle somme sul territorio, sono fattori che avvicinano i pachidermici musei pubblici alle moderne fondazioni. In senso opposto va invece l’idea di centralizzazione, che inevitabilmente rende farraginosi i processi e i sistemi.

Uno dei saloni del Castello di Miramare, Trieste. Ph. Wikimedia

Uno dei saloni del Castello di Miramare, Trieste. Ph. Wikimedia

DIVERGENZE LEGA-M5S, UN FATTO POLITICO

Ma la vicenda è significativa anche su un piano politico. La distanza tra Lega e Movimento
Cinque Stelle trova qui un’ennesima conferma, con i leghisti a difendere – ogni tanto un guizzo di lucidità! – il taglio della Riforma voluta dai governi Renzi-Gentiloni, mentre il Ministro vicino all’entourage grillino ha lavorato parzialmente in senso opposto: il decreto approvato in CdM punta proprio su una rinnovata centralizzazione, a beneficio di certi poteri tutti romani. Del resto, è storia nota. Il M5S la riforma Franceschini l’ha osteggiata fin da subito. Un’idiosincrasia concretizzatasi nello scontro tra la Sindaca di Roma Virginia Raggi e l’ex Ministro Franceschini: la prima provò a stoppare le misure per l’autonomia del Parco del Colosseo, entrando in un conflitto inquietante col Governo, ma beccandosi una clamorosa sconfitta al termine del lungo iter fra il Tar del Lazio e il Consiglio di Stato.
Diverse sono dunque le misure previste dal decreto, che resta suscettibile di modifiche nel
corso del dibattito parlamentare, in attesa del voto favorevole della maggioranza. Tra queste: aumentano di 5 unità le posizioni dirigenziali attribuite alle strutture centrali; viene istituita una nuova Direzione Generale per i contratti e le concessioni, di fatto una stazione appaltante per tutti gli uffici centrali del Mibac e, oltre una certa soglia economica, anche per quelli periferici (inclusi, ad esempio, Colosseo o Uffici, che sono autonomi); aumentano i servizi di alcune Direzioni Generali (Musei, Cinema, Archivi, Contemporaneo), mentre viene soppresso l’Istituto centrale per l’archeologia, che faceva capo alla DG Archeologia, Belle Arti e Paesaggio; quest’ultima vede però aumentare il proprio raggio d’azione, alla vecchia maniera: i compiti assegnati alle commissioni regionali per il patrimonio culturale, ora eliminate, dipenderanno direttamente da Roma; e naturalmente perdono la loro autonomia, come già detto, Galleria dell’Accademia di Firenze, Appia Antica e Villa Giulia.

Valentino Nizzo, Direttore del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma

Valentino Nizzo, Direttore del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma

IL CASO VILLA GIULIA E IL COMMENTO DI VALENTINO NIZZO

Nessun santo in Paradiso, dunque, per il maggiore museo dedicato all’arte e alla
cultura etrusche. A guidarlo, dal 2017, c’è l’etruscologo umbro Valentino Nizzo, vincitore di concorso e animatore appassionato di questo tempio straordinario. Il museo perderà lo status autonomo conquistato di recente. E parla poco Nizzo, nella saggia scelta di non personalizzare e di mantenere stile e misura, consoni al suo ruolo. Ma la delusione si avverte. In una videointervista rilasciata al Foglio emergono le perplessità rispetto all’oscura decisione: “Le ragioni le ignoro. Non so per quale motivo il Museo sia stato escluso della prerogativa dell’autonomia. Ma ho sentito parlare in questi giorni di un progetto importante, legato all’idea di metterlo al centro di una rete a trazione etrusca. Io stesso sto cercando di dare un contributo in questa direzione”. E ancora, a proposito di questo gioiello, istituto 130 anni fa e ultimamente rilanciato con vigore: “in questi due anni di autonomia abbiamo fatto molte cose, con una squadra ridotta nell’organico e che solo ultimamente è cresciuta, grazie alle nuove assunzioni”.
Ad Artribune Nizzo dice oggi di “sentirsi profondamente colpito dalle manifestazioni di affetto per il museo e per il nostro lavoro, che stanno arrivando sia dal mondo accademico che, soprattutto, da associazioni e cittadini”. Un museo che le persone hanno cominciato a
percepire come “una casa”, grazie alla girandola di attività e progetti in campo: comunicazione, abbonamenti speciali, coinvolgimento del Terzo Settore, iniziative quotidiane per facilitare la partecipazione, potenziamento dei sistemi di sicurezza, interventi di protezione degli affreschi e l’importante restituzione di alcuni spazi della Villa, divenuti negli anni dei depositi inaccessibili. Su tutti il Tempio di Alatri, che sta per essere restaurato e trasformato in un luogo di narrazione storica multimediale e immersiva. Tutte operazioni che l’autonomia ha certamente facilitato e accelerato.

Sarcofago degli sposi, Cerveteri ca. 530 – 520 a. C. Museo Nazionale Etrusco Villa Giulia

Sarcofago degli sposi, Cerveteri ca. 530 – 520 a. C. Museo Nazionale Etrusco Villa Giulia

LA SOLIDARIETÀ PER IL MUSEO ETRUSCO E IL TEMA DIRETTORI

Ampia quindi la sollevazione del mondo scientifico, ma anche di migliaia di comuni cittadini, in difesa di Villa Giulia e della sua autonomia. Nel timore che questo passo à rebours possa
mettere a rischio l’efficienza conquistata e l’iniezione di energia subito visibile. Senza
considerare il tasto “direzione”: che ne sarà nei direttori dei musei non più autonomi? La
perdita di autonomia farà saltare pure il regolamento per il reclutamento voluto da Franceschini? Niente più concorsi internazionali, tornando alle logiche di un tempo, con atti d’interpello interni all’amministrazione, rivolti alle fasce dirigenziali? Sarebbe paradossale. Il decreto ministeriale non è chiaro su questo punto, destinato forse a definirsi durante l’iter parlamentare, fra emendamenti, discussioni, correzioni.
Nel caso specifico, Nizzo sarebbe in carica fino al 2021. Nessuna certezza esiste – come ci
conferma – rispetto al suo destino. Potrebbe restare fino a scadenza mandato, oppure essere trasferito in altri uffici.
Ad attivarsi subito, con un moto di solidarietà, è stato l’illustre archeologo Mario Torelli,
membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei, con una lettera inviata a Bonisoli il 21 giugno
scorso, in cui si esprime “costernazione” per il futuro accorpamento del museo ad altri istituti laziali: “forse non sa, Signor Ministro”, scrive in punta d’ironia ironia il Professore, “che il Museo di Villa Giulia è la più grande e importante raccolta al mondo di antichità etrusche, che ci è invidiato da tutte le importanti capitali della cultura dei Paesi civili. Ridurlo al rango previsto dai suoi uffici è un atto – tragicamente inconsapevole – di vilipendio alla Nazione”. Tranchant è dire poco. E non è chiaro se sia più dolorosa, per un Ministro della Cultura, quell’accusa di tragica inconsapevolezza, o il rilievo di una perniciosa insensatezza progettuale. “Per l’onorabilità scientifica del nostro Paese”, conclude Torelli, “la prego di ritornare sui suoi passi”.
Altrettanto chiara la missiva inviata a Bonisoli da diciotto associazioni, a cui fanno capo diverse migliaia di cittadini. Stessa solfa: un appello al Ministro affinché ci ripensi. Nessuno tocchi lo statuto autonomo di Villa Giulia, considerando quanto le nuove condizioni organizzative “abbiano consentito al Museo di mettere in evidenza l’eccezionalità del patrimonio culturale che esso presenta”.
Tutte realtà che hanno beneficiato del nuovo spirito democratico e orizzontale con cui
l’Etrusco ha via via contagiato il circuito territoriale, fra bandi e manifestazione di interesse: le associazioni sono state chiamate a “svolgere iniziative negli spazi dello stesso Museo, negli anni 2018 e 2019, in un’ottica che vede Istituzioni e cittadini partecipare alle azioni di
promozione e diffusione della cultura”. La strategia del ‘fare rete’ paga. E funziona quell’idea di museo come casa comune, appartenenza, simbolo collettivo e identitario, riconosciuto sul piano simbolico e insieme vissuto nel concreto, lavorando, proponendo, producendo.

Parco Regionale dell'Appia Antica

Parco Regionale dell’Appia Antica

INTELLETTUALI IN DIFESA ANCHE DEL PARCO DI APPIA ANTICA

A unirsi alle proteste c’è pure la Federazione delle Consulte Universitarie di Archeologia,
costituitasi di recente e presieduta da Giuliano Volpe, autorevole archeologo, presidente
emerito del Consiglio superiore Beni culturali e paesaggistici del MiBAC: di nuovo
grande preoccupazione” per i destini di Villa Giulia, ma anche del Parco Archeologico
dell’Appia Antica. Per quest’ultimo viene chiesta al Ministro “l’elaborazione di un progetto
scientifico e gestionale specifico e unitario”, tenendo conto delle specificità di “un territorio
vastissimo e caratterizzato da numerosissime criticità, che dopo decenni di abusivismi di ogni tipo finalmente si ha la possibilità di affrontare in maniera sistematica e decisiva”. Un parco che, nient’affatto penalizzato dall’enorme estensione e dalla natura disomogenea (come alcuni avrebbero rilevato), presenterebbe “tutti gli elementi essenziali e distintivi di un parco archeologico definiti a livello nazionale dalle linee guida per la costituzione e la valorizzazione dei parchi archeologici”.
Quanto al Museo Etrusco, Volpe parla di un riconosciuto “profondo rinnovamento, grazie a
un’attività di alto valore scientifico, a una comunicazione efficace e a una gestione efficiente”, tanto che “la spinta propulsiva data dalla nuova organizzazione ha portato anche ad aggiudicarsi vari progetti, tra cui il bando Lazio Innova, finanziato per circa un milione, finalizzato alla creazione di una rete laziale, da Vulci ad Alatri”.
Perché sacrificare allora una macchina in velocità, sottraendole agilità, velocità, snellezza delle pratiche? Perché rinunciare alla sfida di un’assunzione di responsabilità, che per i musei autonomi si fa più estesa, radicale, severa, concettualmente articolata?
Nella coesistenza virtuosa tra identità locale, nazionale, storica, e apertura verso il mondo, le collaborazioni istituzionali, la ricerca e i rapporti internazionali, il futuro si fa strada. Musei contemporanei, custodi di un sapere antico. Con le ragioni della cultura a orientare la politica: l’unico modo per fare del potere un’occasione.

Helga Marsala

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, editorialista culturale e curatrice. Ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a lungo,…

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