Un manoscritto “profugo”. Una storia di restauro e cooperazione internazionale
La storica dell’arte e restauratrice Giulia Silvia Ghia racconta le vicende di un manoscritto antico, salvato dalla furia della guerra e riportato al suo splendore.
In una stanza dell’Istituto Centrale per il Restauro e la Conservazione del Patrimonio Archivistico e Librario di Roma (ICRCPAL), diretto da Maria Letizia Sebastiani, non è stato facile trattenere la commozione nel vedere di nuovo tra le mani del vescovo di Qaraqosh, Nathanael Nizar Semaan, l’antico messale in aramaico siriano, fresco del suo restauro.
Erano le sei di mattina del mese di marzo del 2017, quando ricevetti la telefonata della responsabile dell’ufficio stampa della Focsiv, Giulia Pigliucci. I volontari di questa organizzazione presenti in Iraq denunciavano il genocidio culturale in atto e la necessità di mettere in salvo un patrimonio librario proveniente dalla piana di Ninive. Il vescovo di Qaraqosh, infatti, con l’aiuto di altri membri della comunità cristiana, era riuscito a nascondere dalla furia dell’Isis circa duecento volumi manoscritti antichi, murandoli in un sottoscala. C’era bisogno di aprire un corridoio culturale per poter far arrivare in Italia almeno uno di questi volumi tra i più danneggiati, per poterlo mettere nelle mani dell’Istituto di patologia del libro (il precedente nome dell’ICRCPAL amato e conosciuto in tutto il mondo).
Grazie alla diretta mediazione, personalmente avviata, del ministro Dario Franceschini, in quaranta giorni il libro riuscì ad arrivare a Roma. Dopo un passaggio al Salone del Libro di Torino, il volume venne affidato alla responsabile del laboratorio di restauro Lucilla Nuccetelli e alle cure della restauratrice dell’Istituto Maria Luisa Riccardi e delle restauratrici, laureate presso la SAF dell’Istituto, Lucrezia Vardaro, Barbara Costantini e Marta Silvia Filippini.
Per tutte quante loro questo è stato un incredibile viaggio alla scoperta dei volumi siriaci, tipologia libraria di cui non si erano mai occupate. Nello spirito partecipativo, necessario nel restauro per ottenere i migliori risultati possibili, è stato richiesto il parere degli esperti della Biblioteca Apostolica Vaticana Delio Proverbio e Adrien de Fouchier e Paolo Lucca dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, grazie ai quali è stato possibile circoscrivere il periodo di datazione del volume fra il XIV e il XV secolo.
GLI INTERVENTI DI RESTAURO
Il volume “profugo” giunto in Italia si trovava in condizioni di conservazione molto critiche, con problemi vari e articolati: dalla struttura del volume molto compromessa alla pessima condizione dei pigmenti delle miniature e degli inchiostri della scrittura, dalla fragilità delle carte alle fratture scomposte delle assi lignee della legatura. D’altronde il volume era stato usato per secoli, come testimoniato dalle innumerevoli macchie di cera delle candele adoperate per la sua lettura. Semplici riparazioni erano state eseguite con nastri adesivi. In un tempo imprecisato erano anche state tagliate via delle miniature mentre altre erano state coperte con ‘pecette’ di carta successivamente asportate in modo sommario. Fra gli altri problemi da risolvere uno dei più urgenti era quello dell’instabilità degli inchiostri, che rendeva necessario eseguire un consolidamento di ogni singola lettera vergata. L’unico elemento originale del volume che è stato indispensabile sostituire è stato il filo di cucitura dei fascicoli, che ha trovato la sua collocazione nel contenitore di protezione costruito ad hoc.
Con tali premesse va da sé che il restauro sia durato oltre un anno, durante il quale il volume è stato risanato e consolidato in ogni sua parte, mettendo in atto soluzioni specifiche anche innovative. Fra queste il nanocollagene (Patent N. 102016000096336, 2016), messo a punto dai laboratori dell’ICRCPAL in collaborazione con il Dipartimento di Chimica dell’Università Tor Vergata di Roma (Progetto INUIT), adoperato per il consolidamento del cuoio e la tecnica del ‘tratteggio tridimensionale’ per il restauro delle assi di noce eseguito dalla restauratrice Claudia Ranieri, laureata presso la SAF dell’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro.
Tutti gli interventi sono stati preceduti e seguiti dalle indagini scientifiche condotte presso i laboratori di Tecnologia dei materiali, Fisica, Chimica e Biologia dell’Istituto, che hanno permesso di comprendere la natura dei singoli materiali utilizzati nel volume, come ad esempio quelli adoperati nelle miniature: orpimento per il giallo, cinabro per il rosso e inchiostro ferro gallotannico per il nero.
PASSATO E FUTURO
Fa venire i brividi pensare che questo volume scritto a più mani nel tempo, seppur acefalo e mutilo nel finale, continui a poter scandire l’anno liturgico in aramaico siriano e a poter essere ancora usato per le preghiere dalla gente del posto. Tornerà infatti presto nel Kurdistan iracheno ma, speriamo, non prima di una visita da Papa Francesco a cui è stata inviata una richiesta. Tutto l’incredibile lavoro di ricerca e restauro svolto sarà presentato al Salone del Restauro a Ferrara (18-20 settembre) e in una prossima pubblicazione necessaria e doverosa per lasciare un segno di quanto sia importante il lavoro in team e soprattutto di quanto la cooperazione internazionale possa fare per la salvaguardia, la conservazione e la diffusione della cultura dell’umanità.
‒ Giulia Silvia Ghia
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