Pordenone celebra Pordenone
Galleria d'Arte Moderna/Parco Galvani, Pordenone – fino al 2 febbraio 2020. “Michelangelo del Nord”: così Vittorio Sgarbi definisce il maestro del Manierismo che seppe rivaleggiare, vincendo anche una parte di quella guerra, con sua maestà Tiziano. A 35 anni dall'ultima monografica, Pordenone dedica al suo pittore più celebre una importante mostra.
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La leggenda vuole che Giovanni Antonio de’ Sacchis (Pordenone, 1483 ‒ Ferrara, 1539) sia morto dopo una dolorosa agonia, avvelenato da Tiziano. La notizia è certamente falsa: la vita del pittore ebbe termine a Ferrara a causa di una crisi cardiocircolatoria o di un edema polmonare. Tuttavia le leggende, si sa, rispecchiano un fondo di verità, e in questa si trova traccia dell’indubbia e documentata rivalità tra il veneziano Tiziano e il friulano e irriducibile Pordenone – stabilitosi a Venezia dal 1535 –, una rivalità feroce, che vide il secondo affermarsi sia nella terraferma veneta sia, soprattutto, in quell’area padana dove lavorò a straordinari cicli di affreschi e dipinti che ancora oggi si ammirano, per esempio, sulla controfacciata e sulle navate del duomo di Cremona e sulla cupola di Santa Maria di Campagna di Piacenza.
Ora la sua città natale dedica a questo artista dalla “lingua tumultuosa e gigante”, come scrisse Longhi, una mostra e degli itinerari in cui le sue opere si affiancano e si confrontano con il contesto locale e dei luoghi in cui ha lavorato nella prima metà del Cinquecento, nonché con i pittori con cui dialogò: le sue circa quaranta opere autografe sono affiancate da dipinti di Tiziano, di Dosso Dossi, di Lorenzo Lotto, di Correggio, dello Schiavone e poi di Tintoretto, che certamente conobbe le novità di Pordenone, e del friulano Pomponio Amalteo che ne seguì le orme.
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Jacopo Robusti detto il Tintoretto, Priapo che insidia Lotide addormentata, 1542 ca. Modena, Gallerie Estensi
DI SALA IN SALA
La curatrice Caterina Furlan – affiancata nell’ambizioso progetto da Vittorio Sgarbi – sottolinea i prestiti straordinari, con opere non presenti nella precedente retrospettiva del 1984 a Codroipo, a Villa Manin, che permettono un’analisi a tutto tondo del Pordenone, del quale è giunto in Friuli anche un consistente numero di preziosi disegni. Nei non facili spazi della Galleria d’Arte Moderna è stato tracciato un percorso che si dipana tra i maestri del pittore per poi seguire in ordine cronologico la sua formazione e il costruirsi del suo stile personale che non poco ha tratto da un precoce soggiorno a Roma, con conseguente scoperta dal vero delle imprese di Michelangelo e Raffaello. Modelli che Pordenone ha saputo fondere con una pittura sostanzialmente e profondamente veneta, debitrice di Giorgione – eccezionalmente le Gallerie dell’Accademia di Venezia hanno prestato la Nuda, affresco staccato realizzato per il Fondaco dei Tedeschi – e del milieu dell’entroterra veneziano. I serrati confronti suscitano in alcuni casi autentico stupore: ad esempio l’accostamento tra le monumentali portelle di Pordenone provenienti da San Rocco a Venezia e la grande pala realizzata da Lorenzo Lotto, entrambe raffiguranti, tra gli altri, un gigante San Rocco. Oppure la scenografica sala dove campeggiano la Pietà e la Deposizione da Cortemaggiore di Pordenone – “l’apice del patetismo espressivo”, come scrive Caterina Furlan – e il Compianto di Correggio proveniente da Parma: il rosso delle pareti enfatizza una drammaticità quasi teatrale.
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Giovanni Antonio de’ Sacchis detto il Pordenone, Pietà, 1524 25. Cortemaggiore, Chiesa di Santa Maria delle Grazie e San Lorenzo
FUORI DALLA GALLERIA
La mostra non termina però all’uscita della galleria: in realtà, per avere una visione a 360 gradi della potente e monumentale arte di Pordenone, bisognerebbe visitare almeno tre regioni dell’Italia del Nord. Tuttavia la cittadina friulana e i suoi dintorni offrono molti altri suoi tesori, soprattutto affreschi, da scoprire attraverso degli itinerari elaborati anche grazie all’attenzione di Sgarbi verso i luoghi “minori”. Nel delizioso centro urbano le tappe imperdibili sono il Duomo – dove si conservano la Madonna della Misericordia, una pala con San Marco e degli affreschi sui pilastri – e il Museo Civico, che peraltro ha colto l’occasione della mostra per riallestire alcuni ambienti, valorizzando le opere di Pordenone e presentando una piccola esposizione di stampe, volumi e documenti.
‒ Marta Santacatterina
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