Pieter Bruegel il Vecchio. Alle radici dell’umanità
Se il 2020 sarà l’anno di Jan van Eyck, il 2019 è quello di Bruegel, nel 450esimo anniversario della morte. Fra mostre, eventi e celebrazioni a lui dedicati, emerge il profilo di un artista enigmatico, ma profondamente radicato nella sua epoca.
Nonostante un secolo separi l’esistenza di Pieter Bruegel il Vecchio da quella di Jan van Eyck, il fil rouge del mistero e della scarsità di notizie sulla loro vita accomuna i due artisti fiamminghi. Probabilmente nato nel Brabante fra il 1525 e il 1530, Bruegel raggiunse la florida città di Anversa, comparendo, nel 1551, fra i membri della Corporazione di San Luca, della quale fecero parte i maestri della pittura fiamminga, da Rubens a Memling, fino ai discendenti dello stesso Bruegel il Vecchio, Pieter Bruegel il Giovane e Jan Bruegel. Il contatto con le istanze della pittura rinascimentale italiana, che l’artista ebbe modo di conoscere durante un rapido soggiorno nel Belpaese, non lasciarono tracce evidenti nella poetica di Bruegel. Tenendo salda la lezione fiamminga, mescolò un tenace realismo a un portato simbolico che schiude all’occhio la possibilità di molteplici letture dell’immagine. Trasferitosi a Bruxelles, l’artista non smise di produrre i capolavori che oggi lo rendono uno dei pilastri della tradizione fiamminga, nonostante il lungo oblio nel quale lo relegò la Storia, almeno fino all’Ottocento.
REALTÀ E ALLEGORIA
Restano vaghe anche le notizie in merito alla sua formazione ‒ avvenuta, con una certa probabilità, nella bottega di Pieter Koeck, del quale sposò la figlia ‒ ma le opere giunte fino a noi non lasciano spazio a dubbi: sono un colpo d’occhio sulla società dell’epoca, osservata in maniera implacabile da Bruegel, che non esitava a declinarne i contorni in un linguaggio pittorico capace di assumere le sembianze di una allegoria, di un tableau in cui convivono afflati biblici, tracce di credenze locali – come nel dipinto intitolato Dulle Griet (Margherita la Pazza) – e un senso della composizione che riecheggia le soluzioni di Bosch, ma senza diventarne copia.
DETTAGLI, DISEGNO, PITTURA
Cariche di dettagli e di un movimento a tratti convulso, a tratti appena accennato, le opere pittoriche di Bruegel individuano nel disegno un valido strumento per lo sviluppo di soluzioni pittoriche d’effetto, grazie a uno studio, anche dal vero – basti pensare agli schizzi realizzati durante il suo ritorno dal viaggio in Italia, nel cuore dei paesaggi alpini – del mondo naturale, poi risemantizzato in forme che mescolano fattezze reali e immaginarie. Fu questa versatilità, maneggiata con sapienza, a permettergli di firmare la quarantina di lavori sopravvissuti allo scorrere del tempo – dalla poderosa Torre di Babele alla Strage degli innocenti fino alle Nozze contadine. Morì a Bruxelles, nel 1569, e fu sepolto nella chiesa di Notre-Dame de la Chapelle, dove erano state celebrate le sue nozze, lasciando in eredità al mondo una lunga dinastia di pittori.
‒ Arianna Testino
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #51 – Speciale Fiandre</em
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