Rinvenuti a Mosul in Iraq i resti di un tesoro assiro nei tunnel scavati da Daesh
Una missione archeologica dell’Università di Heidelberg ha scoperto i saccheggi perpetrati nell’antico palazzo del sovrano assiro Sennacherib.
A due anni dalla caduta del “califfato islamico” in Iraq, le ferite delle devastazioni sono ancora aperte, e il saccheggio del patrimonio archeologico dell’antica Ninive, che sorgeva alla periferia di Mosul, ha causato perdite irreparabili. Una missione archeologica dell’Università di Heidelberg, guidata dal Professor Peter Miglus, dopo due mesi di lavoro, ha scoperto i saccheggi perpetrati nell’antico palazzo del sovrano assiro Sennacherib. Oltre che con il traffico di oppio da eroina e di petrolio, i guerriglieri di Daesh finanziavano la loro attività anche con la vendita clandestina di reperti archeologici trafugati nelle aree archeologiche e nei musei delle zone occupate; un canale di vendita reso possibile anche con la complicità dell’Occidente. I risultati di questo scempio sono purtroppo ancora in aggiornamento. L’ultimo arriva dopo che la missione archeologica tedesca ha esplorato i tunnel scavati dall’ISIS sotto quella che era stata la moschea che conservava la tomba del profeta Giona (Younis in arabo).
UNO SCRIGNO VIOLATO
Quando i miliziani nel luglio del 2014 distrussero la moschea – a loro dire divenuto un covo d’apostasia -, si accorsero dei resti dell’antico palazzo. I tunnel servirono a penetrare quei meandri altrimenti inaccessibili e, dopo la fine dell’occupazione, erano stati messi in sicurezza dall’esercito iracheno. Su richiesta del Ministero della Cultura, i ricercatori dell’Università di Heidelberg hanno avviata una missione di ricerca, e dopo due mesi di esplorazione hanno scoperto come i tunnel conducano ai resti sepolti di un palazzo reale dell’VIII Secolo a.C., sul quale appunto, quasi mille anni dopo, venne costruita la moschea. Come riporta il Professor Miglus, l’area è ancora in discrete condizioni, e la sala del trono che è stata scoperta, con una lunghezza di ben 55 metri, è molto più grande di quelle rinvenute in altri siti vicini. Tuttavia, osservando nei tunnel piccoli oggetti d’oro sparsi qua e là, spesso danneggiati dal tempo, gli archeologi hanno rapidamente concluso che si trattava di quei reperti scartati da Daesh perché appunto troppo piccoli o incompleti, mentre il resto di quel presumibilmente ricco patrimonio è stato trafugato e venduto sul mercato nero dell’arte. Fortunatamente i miliziani non hanno distrutto alcuni pannelli scolpiti in bassorilievo, raffiguranti animali e figure umane; e fra gli oggetti che si sono salvati dal saccheggio, due piccoli monili in oro di provenienza egiziana: un anello con uno scarabeo d’oro e un piccolo scettro con l’ankh, il simbolo faraonico che rappresenta la vita. Pur impoverito dai furti di Daesh, il sito sarà utile ad aggiungere nuova conoscenza sull’antica civiltà assira, che il fanatismo iconoclasta, nonostante tutto, non è riuscito a distruggere.
CRIMINI CONTRO L’UMANITÀ
Nella sua avversione alla cultura, il califfato islamico di Daesh ha cancellato splendide testimonianze delle civiltà del passato fra l’Iraq e la Siria. Negli anni dell’occupazione l’area di Mosul, nel nord dell’Iraq, ha subito saccheggi e distruzioni; fra queste, anche la millenaria moschea Al-Nuri, minata nel 2017 ma ricostruita grazie al sostegno degli Emirati Arabi Uniti. Non ha avuto la medesima fortuna un antico palazzo assiro datato al Mille avanti Cristo, situato nell’antica città reale di Nimrud,a sud di Mosul; minato anch’esso dai miliziani, fu praticamente ridotto in polvere senza possibilità di recupero. Per buona sorte, tanta parte del patrimonio archeologico fra Iraq e Siria si è salvato, ma le distruzioni causate dai miliziani (66 siti secondo l’UNESCO, fra il 2014 e il 2017) costituiscono un efferato crimine contro la conoscenza, che niente e nessuno potrà cancellare.
–Niccolò Lucarelli
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