Gli anni romani di Orazio Borgianni a Palazzo Barberini

Palazzo Barberini, Roma – fino al 1° novembre 2020. Pochi giorni fa ha riaperto i battenti la mostra romana dedicata a Orazio Borgianni, gettando nuova luce su un pittore secentesco che fece propria e superò la lezione di Caravaggio.

È inusitata e preziosa la mostra allestita a Roma a Palazzo Barberini, riaperta l’11 giugno dopo il lockdown e prorogata al 1° novembre. È la prima mostra monografica dedicata a Orazio Borgianni (Roma, 1574-1616), protagonista decisivo ed effimero della vita artistica romana del Seicento: decisivo perché la sua opera ha influenzato più generazioni di artisti (come ben documentato dal catalogo); effimero perché la sua creatività più feconda si attua e si conclude – con la morte prematura ‒ a Roma nell’arco di appena un decennio (più o meno dal 1605 al 1616, il periodo su cui si concentra la presente mostra). Borgianni ha brevemente attraversato gli anni vigorosamente segnati dallo sconcertante e drammatico naturalismo caravaggesco, dal quale fu, con evidenza, influenzato, maturando nel contempo, un proprio, originale linguaggio espressivo.
La mostra comprende due sezioni: nella prima, diciotto dipinti (due dei quali appartenenti alla collezione permanente del museo) compendiano l’attività romana dell’artista; mentre nella seconda si è dato spazio a quei pittori la cui vena creativa fu in qualche modo orientata dal ductus borgianniano: tra questi, Antiveduto Gramatica, Giovanni Lanfranco, Simon Vouet, Guido Cagnacci.

Orazio Borgianni, Autoritratto, 1614-15, olio su tela. Gallerie Nazionali di Arte Antica - Palazzo Barberini, Roma

Orazio Borgianni, Autoritratto, 1614-15, olio su tela. Gallerie Nazionali di Arte Antica – Palazzo Barberini, Roma

ORAZIO BORGIANNI E CARAVAGGIO

Qual è il tratto peculiare della poetica di Orazio Borgianni rispetto, in particolare, al realismo caravaggesco al quale è stata spesso accostata?” ‒ chiediamo al curatore Gianni Papi via email – “Borgianni non può essere considerato un caravaggesco; è troppo limitante, lui non è un seguace” – la risposta non si lascia attendere. “Si tratta invece di un pittore che innova, che mette a punto un proprio linguaggio, particolarmente fecondo per una linea di pittura che sviluppa un particolare naturalismo. Un linguaggio sofisticato che affonda le radici nel Cinquecento, e si compone di esperienze emiliane (Correggio, Parmigianino, Lelio Orsi, il giovane Ludovico) e venete (Tintoretto soprattutto, ma anche Bassano), per poi mischiarsi con l’esperienza spagnola (El Greco) e finalmente col contatto diretto con Caravaggio. Sono tutti elementi che danno vita a uno stile quanto mai personale, a una pittura raffinata e complessa, di una qualità sfolgorante”.

Luigi Capano

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Luigi Capano

Luigi Capano

Di professione ingegnere elettronico, si dedica da diversi anni all’organizzazione di eventi culturali sia presso Gallerie private che in spazi istituzionali. Suoi articoli d’arte sono apparsi su periodici informatici e cartacei: Rivista dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma, Expreso…

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