I preziosi reperti etruschi recuperati dai Carabinieri vanno in mostra a Roma
Recuperati a Ginevra nel 2016 dal Nucleo Tutela Patrimonio Culturale dei Carabinieri, i reperti in mostra alla Centrale Montemartini di Roma raccontano una storia antica, ma anche il complesso andamento delle acquisizioni e delle restituzioni museali.
I colori degli Etruschi, esposti fino al 1° novembre alla Centrale Montemartini di Roma nella mostra omonima, sono i delicati rossi, grigi e neri delle lastre parietali recuperate a Ginevra dai Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale. Per celebrare i cinquant’anni dalla fondazione del Comando (1969) che dipende direttamente dal Ministero dei Beni Culturali, è stato scelto di mettere in luce la sua azione con una mostra dei reperti recuperati nel 2016.
Al tempo stesso viene presentato al pubblico il risultato dell’importante accordo del MiBACT con il museo Ny Carlsberg Glyptotek di Copenaghen che, poco tempo dopo il ritrovamento in Svizzera, ha accettato di restituire una serie di lastre, simili per fattura ed epoca a quelle sequestrate nel magazzino del Porto franco di Ginevra. L’esposizione (già allestita in parte nel 2018 al Castello di Santa Severa) aveva avuto inizio nel luglio del 2019, è stata interrotta a causa dell’emergenza sanitaria e riaperta il 2 giugno scorso.
I REPERTI IN MOSTRA
Oltre che nel lavoro del Comando speciale dei Carabinieri (un’eccellenza italiana il cui know-how è richiesto da diversi Paesi) le motivazioni della mostra alla Centrale Montemartini risiedono nel pregio dei reperti esposti. Si tratta di dipinti parietali datati fra il VI e il V secolo a.C., realizzati con sorprendente maestria e attraverso una complicata stesura di colori naturali (ossido di manganese per il nero e il grigio, composti del ferro per il giallo, il rosso e l’arancio) su un materiale deperibile come la terracotta. “Non c’è nulla di più stupefacente per me del fatto che queste pitture appaiano quasi fresche, nonostante siano rimaste così a lungo prive di protezione”, scriveva Plinio il Vecchio, vissuto fra il 23 e il 79 dopo Cristo, come riportato in uno dei pannelli esposti. Dopo un’accurata analisi scientifica condotta dalla Soprintendenza Archeologica (SABAP), è stata stabilita l’autenticità dei frammenti di cui non si conosceva nemmeno la provenienza, ora attribuita all’antica Ceri, la zona della bassa Etruria in provincia di Roma dove, con l’occasione, si è ripreso a scavare e a indagare. Altri pannelli spiegano che una tale iconografia era nota finora solo attraverso rarissimi capolavori esposti nei musei di tutto il mondo. Ecco qualche esempio. Uno dei frammenti raffigura una scena di sacrificio simile a quella rappresentata in una delle Lastre Campana del Louvre, dipinte nella stessa officina. Uno dei reperti provenienti da Copenaghen era stato paragonato dai danesi alle celebri lastre Boccanera del British Museum di Londra, che rappresentano il giudizio di Paride. In seguito alle analisi italiane, si è scoperto che si tratta invece del mito di Tiresia che sorprende la dea Atena nuda mentre si fa il bagno; resta valido, però, il paragone stilistico con le opere conservate in Inghilterra. E per corredare l’importanza del mito della dea nuda, nella mostra romana è esposta una delle statue della collezione permanente della Centrale Montemartini, la rappresentazione acefala in marmo di Afrodite datata fra il primo secolo avanti e dopo Cristo.
RESTITUZIONI E MUSEI
Ma i colori ai quali fa riferimento il nome della mostra sono anche i tipici giallo, arancio e nero dei vasi greci di terracotta, i “lekythos” e le anfore, la cui iconografia era cara agli Etruschi. Molti di questi reperti fanno parte delle grandi restituzioni dei musei stranieri. In passato alcune istituzioni acquistavano beni di dubbia provenienza, ma ora sono ritornate sui loro passi grazie alla cosiddetta “diplomazia culturale” messa in atto dall’Italia dopo il funesto periodo degli scavi clandestini selvaggi, tra gli Anni Cinquanta e gli Anni Ottanta. Fra i lekythos, è in mostra quello restituito dal Museum of Fine Arts di Boston, risalente al 490 a.C., che rappresenta Eracle e Iolao che combattono contro gli uccelli stinfalidi. O ancora l’anfora attica del 530-510 a.C., restituita dal Jean Paul Getty Museum di Los Angeles, che rappresenta le Gorgoni in fuga e Medusa dalla testa decapitata, da cui fuoriescono due cavalli alati. A questi materiali si aggiunge un prezioso nucleo di vasi attici a figure nere e rosse appartenenti alla Collezione Castellani dei Musei Capitolini, normalmente non esposti al pubblico e scelti per analogia tematica con i reperti ritrovati.
‒ Letizia Riccio
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