Raffaello e l’Accademia di Perugia in una mostra che attraversa i secoli

La mostra al Palazzo Baldeschi di Perugia racconta Raffaello attraverso il fiorire della sua lezione nelle opere di artisti dei secoli successivi, con particolare attenzione alla scena creativa della prestigiosa Accademia perugina. Una spettacolare seconda parte multimediale permette invece di apprezzare e conoscere le dodici opere di Raffaello realizzate in Umbria.

Fondata nel 1573, fra le prime in Italia, l’Accademia di Belle Arti di Perugia vanta una storia prestigiosa dalla quale non poteva prescindere l’aura di Raffaello. E proprio sul rapporto fra l’Urbinate e l’Accademia è incentrata la prima parte della mostra a Palazzo Baldeschi che, pur all’interno delle celebrazioni raffaellesche, presenta spunti inconsueti di lettura e amplia il punto di vista sulla scena artistica locale fra il Settecento e il primo Novecento.
La sezione d’apertura traccia la storia dell’Accademia, con gli autoritratti di quei pittori, come Mariano Guardabassi o Silvestro Valeri, che si sarebbero cimentati nel confronto con l’illustre predecessore. Al loro fianco anche colleghi italiani e stranieri come Carl Adolf Senff o Jean-Baptiste Wicar, allievo di Thorvaldsen a Roma il primo ma attivo anche a Perugia, allievo di David il secondo e attivo a Roma. Una scena internazionale fra l’Urbe e l’Umbria (allora sotto il dominio papale), nel segno della fascinazione per un’idea di Rinascimento espressa con una delicatezza pittorica senza eguali. Emerge comunque anche l’importanza di un’istituzione come quella perugina, che nei secoli è stata meta anche per pittori stranieri.

RAFFAELLO E L’UMBRIA

Nelle opere esposte, si nota come Raffaello ritorni negli studi di corpi e di volti, riproduzioni di particolari architettonici, di parti di scene o intere opere, ispirazioni nella prospettiva, nelle movenze o nelle pose, con enfasi romantica o rigore neoclassico, a seconda dei periodi storici. Fino alle ispirazioni decorative novecentesche per la maiolica che ha in Umbria una forte tradizione (segnaliamo che, a Gubbio, le Logge dei Tiratori ospitano fino al 6 gennaio prossimo una mostra su Raffaello e la maiolica), ma anche per le vetrate di chiese locali, come quelle di Francesco Moretti per Santa Maria degli Angeli ad Assisi. Si può dire che dai primi passi mossi nella bottega del padre, e poi in quella di Pietro Vannucci (una bella tela del romantico Francesco Benucci ne immortala l’incontro), anche dopo il trasferimento a Roma, Raffaello non ha mai lasciata l’Umbria.

Pietro Vannucci detto il Perugino, Madonna col Bambino e due cherubini, 1490 ca. Perugia, Fondazione Cassa di Risparmio

Pietro Vannucci detto il Perugino, Madonna col Bambino e due cherubini, 1490 ca. Perugia, Fondazione Cassa di Risparmio

RAFFAELLO E COLLEGHI

A incorniciare la parte più strettamente “accademica” della mostra una piccola ma interessante sezione storica con documenti cinquecenteschi d’indubbio fascino, che testimoniano di committenze giunte a Raffaello da monasteri umbri; una breve ma significativa sezione con opere dei più importanti pittori contemporanei di Raffaello, come Pintoricchio, Signorelli e Pietro Vannucci detto il Perugino, in cui si comprende la differente concezione del Rinascimento, il permanere di riferimenti medievali, e appunto la carica innovativa di Raffaello.

LE OPERE DI RAFFAELLO IN VERSIONE MULTIMEDIALE

L’Urbinate “esplode” in tutta la sua grandezza nella scenografica sezione multimediale finale, che raccoglie virtualmente le dodici opere di Raffaello realizzate in Umbria, ma oggi sparse per il mondo. Punto di forza della sezione l’accuratezza degli apparati didattici, la cui esemplarità tecnica è funzionale alla comunicazione di informazioni biografiche sull’artista e approfondimenti tecnici e aneddotici sulle opere, permettendo al pubblico di “entrare” nella genesi di questi capolavori.

Niccolò Lucarelli

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Niccolò Lucarelli

Niccolò Lucarelli

Laureato in Studi Internazionali, è curatore, critico d’arte, di teatro e di jazz, e saggista di storia militare. Scrive su varie riviste di settore, cercando di fissare sulla pagina quella bellezza che, a ben guardare, ancora esiste nel mondo.

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