Dall’antico al pittoresco. L’incisione è protagonista a Chiasso
In una Svizzera confusa circa le misure da adottare per far fronte alla pandemia, la piccola mostra inaugurata lo scorso 2 marzo al m.a.x. museo di Chiasso al momento resta aperta al pubblico. Conducendo il pubblico alla scoperta delle tecniche incisorie fra Settecento e Ottocento.
Nelle quattro sale del m.a.x. museo si allineano quasi duecento incisioni all’acquaforte, a bulino e puntasecca, stampe acquarellate, litografie e cromolitografie. L’obiettivo dichiarato dell’esposizione è presentare la produzione incisoria fra Settecento e Ottocento ripercorrendo il fenomeno della reinterpretazione del classico. Ma il repertorio è affascinante soprattutto perché permette di immergersi nel “sogno” dell’“Antico”, espresso sopra tutti gli altri da Winckelmann, Piranesi e Rossini.
DA WINCKELMANN A PIRANESI
Considerato il padre della storia dell’arte moderna, Winckelmann pubblica nel 1767 i Monumenti antichi inediti dove, a corredo del suo scritto, appaiono incisioni, spesso anonime, che raffigurano rilievi di monumenti rappresentati attraverso un sistema codificato che ne permette lo studio. L’“Antico” da quel momento diventa un vasto campionario che fornisce linfa creativa all’arte e all’architettura del XVIII secolo.
Piranesi, proveniente da Venezia ma di stanza a Roma, trova qui l’innesco e la giustificazione alle sue visionarie interpretazioni. Ma al tempo stesso nel suo Parere (1765) avvia una polemica serrata con il sentimento filoellenico di Winckelmann, dichiarandosi a favore dell’architettura romana, superiore per tecnica e ricchezza inventiva. La querelle trova a quel tempo sostenitori appassionati sull’uno e sull’altro versante: ai favorevoli alla visione filoellenica incentrata sul bello ideale si oppongono i promulgatori della supremazia estetica romana di epoca repubblicana. L’osservazione delle opere esposte al m.a.x., in particolare proprio quelle di Piranesi, fa sorgere il dubbio che proprio a partire da questa esaltazione “sognante” della romanità si siano sviluppate un secolo e mezzo dopo le grottesche messe in scena dell’agognata grandeur imperiale del ventennio mussoliniano.
L’ESTETICA DEL GRAND TOUR
In mostra sono presenti anche le grandi incisioni “in folio” che contribuirono a creare la documentazione di viaggio del Grand Tour. Piranesi a questo scopo raffigura molte iscrizioni latine: talora in modo fedele, talora reinterpretandole attraverso il filtro della sua fantasia. La sua peculiare lettura del classico si manifesta anche nel rimaneggiamento, presso il suo atelier, di monumenti in qualche caso già incisi, in qualche altro corredati da iscrizioni giustapposte modellate sull’esempio di testi autentici. È invece con Luigi Rossini che le immagini si aprono a “panorami” che aiutano a identificare i monumenti descritti nelle guide dell’epoca. Anche in queste vedute assistiamo a vere e proprie invenzioni in cui l’artista decide di modificare, omettere o aggiungere elementi a suo piacimento per ottenere “fantasie” di monumenti assemblati che raggiungono gli ambigui effetti del “pittoresco”.
IL LAGO DI COMO E OLTRE
È la Sala 4 ‒ l’ultima da raggiungere in questo piccolo museo ‒ che allinea tali vedute forse un po’ leziose ma interessanti per cogliere la curva discendente di questi sogni da salotto, che di lì a poco l’avvento della fotografia relegherà tra gli oggetti antiquari. Vi appaiono ad esempio vedute del Lago di Como (Chiasso confina fisicamente con la cittadina lombarda) così come quello di Garda o di Lugano, ma pure di Venezia o Firenze. Nel XIX secolo il committente è la borghesia emergente, attratta da itinerari di viaggio anche diversi dal Grand Tour, che prevedono tappe nelle città europee raggiungendo anche la terra dei laghi insubrica con le città di Como, Lugano, Locarno e Ascona. Esemplare il panorama semicircolare di Ginevra di Nicolas Chapuy, reso con colori vivi grazie all’utilizzo di nuove e più sofisticate tecniche come l’acquatinta e la cromolitografia, che garantiscono anche di poter stampare a grande tiratura. L’effetto cartolina a questo punto è davvero dietro l’angolo
‒ Aldo Premoli
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