Tutta la storia del Sacrificio di Noè, l’affresco di Michelangelo
È una storia di legami familiari quella che ha dato origine all’affresco michelangiolesco nella volta Sistina. Antonio Rocca ne chiarisce i dettagli.
Solo all’ultimo momento e in corso d’opera Raffaello inserì Michelangelo tra i grandi della Scuola d’Atene, forse sorpreso anche lui dal successo della volta Sistina. In effetti, affidare la volta a uno scultore, che niente sapeva d’affresco e d’olio, era stato un vero azzardo. Giulio II l’aveva persino sottratto alla realizzazione della propria monumentale tomba. Perché?
Per sciogliere questo interrogativo ci si deve inoltrare in vicende familiari che s’interconnettono con la concorrenza tra differenti ordini religiosi. Nascere all’ombra di un campanile determinava un’appartenenza rinvigorita dalla rete di relazioni che s’instauravano tra confraternite e casati. Famiglie e corporazioni, pittori e scultori erano soggetti a precisi obblighi e opportunità. Così i Della Robbia e i Buonarroti erano vincolati alla galassia domenicana, vicinissimi al Savonarola. Ciononostante, e già sul finire del XIV secolo, Michelangelo transita nella sfera d’influenza degli agostiniani.
MICHELANGELO E IL SACRIFICIO DI NOÈ
Il primo contatto con gli eremitani avviene in Santo Spirito. Per intercessione dei Medici, il giovane scultore si recava nell’ospedale annesso alla basilica a studiare anatomia: risultato di quelle indagini è il crocifisso ligneo ancora visibile nel tempio agostiniano. Il legame sarà rafforzato da una truffa finita male, Michelangelo aveva prodotto un Cupido, venduto per antico a Raffaele Riario Sansoni, che allora era il cardinale protettore degli agostiniani. L’inganno sarà presto scoperto ma il Riario, impressionato dal talento del falsario, finì col commissionargli un Bacco per il sontuoso edificio che stava edificando sulle rovine della paleocristiana San Lorenzo in Damaso, oggi noto come Palazzo della Cancelleria.
Buonarroti si trovò così all’interno di una rete che gli procurò ordini dalla stessa San Lorenzo in Damaso e da Sant’Agostino in Campo Marzio. Secondo Michael Hirst, almeno uno di questi dipinti incompiuti sarebbe da rintracciare nella Deposizione nel sepolcro della National Gallery. In ogni caso, si tratta di piccole commissioni nella Roma di Giulio II della Rovere, commissioni piccole ma utili a ricostruire le premesse dell’azzardo della Sistina. La cappella pontificia era un affare di famiglia Riario-della Rovere ed era gestita dagli agostiniani, la decorazione andava affidata a qualcuno che godesse della piena fiducia dell’ordine. Sul campo erano sempre presenti Egidio Antonini, generale dell’ordine, e il sacrestano Nicola d’Acquapendente, agostiniano anche lui.
Il confratello Martino, che proprio allora compiva il suo viaggio a Roma, dovette percepire quell’intreccio di splendore e potenza con un’ambivalenza di sentimenti, orgoglio e disgusto. Un malessere presente allo stato embrionale, ma i tempi erano maturi perché divampasse l’incendio, qualche anno ancora e i lanzichenecchi avrebbero inciso con le loro picche il nome di Luther negli appartamenti papali.
LA LETTURA ICONOGRAFICA DEL SACRIFICIO DI NOÈ
Un panorama complesso che sarebbe rimasto solo indiziario se Esther Gordon Dotson non avesse ancorato un dettaglio del Sacrificio di Noè a un passaggio dell’Historia viginti saeculorum di Egidio Antonini. La corrispondenza è tale da non lasciare dubbi. Nell’affresco appaiono un bue che torce la testa, un quieto cavallo e un asino recalcitrante: non sono lì per essere sacrificati, il rito riguarda esclusivamente gli ovini posti davanti all’altare, eppure svolgono un ruolo di prefigurazione molto importante. Secondo il testo egidiano, il bue è immagine degli ebrei, che sono sottoposti al giogo della legge, l’asino è simbolo dei pagani perché sordi e pigri, mentre il cavallo è assimilato ai cristiani, il popolo giusto, in virtù dell’omofonia equus-aequus.
La Sistina è costruita su un gioco di corrispondenze tra Antico e Nuovo Testamento, l’olocausto delle due arieti è riferimento alla morte del Battista e di Gesù, momento di transizione tra due mondi. Di fronte a una simile rivoluzione gli ebrei e i pagani volgono lo sguardo altrove, per questa ragione tra di loro si fa strada il cristiano, sintesi e superamento delle culture precedenti. Il dipinto michelangiolesco corrisponde perfettamente al passo egidiano che recita: quamobrem inter bovem asellumque equus nascitur. Oltre a chiarire il quadro all’interno del quale è emersa l’anomala commissione a Michelangelo, l’osservazione di Esther Gordon Dotson attribuisce un ruolo fondamentale a Egidio Antonini nella definizione del programma iconografico della volta. Un’intuizione di grande rilievo che non ha ricevuto la giusta attenzione a causa di un apparente anacronismo. L’Historia è stata portata a termine nel 1518, ben sei anni dopo la conclusione della volta, ma la questione era mal posta. Michelangelo non aveva bisogno di leggere il testo compiuto per accedere al pensiero egidiano e, d’altra parte, non avrebbe mai accettato il ruolo di semplice illustratore. L’analogia tra il Sacrificio e l’Historia è invece prova di un rapporto paritario tra l’artista e il teologo.
I libri sono frutto della sedimentazione di anni di pensieri, possibile che Egidio abbia concepito l’immagine dei tre animali proprio nel fronteggiare la Sistina.
– Antonio Rocca
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