Dopo 28 lunghi anni viene restituito alla pubblica fruizione uno dei monumenti più suggestivi del passato imperiale: l’
Arco di Giano al Velabro, nel cuore della Capitale, a un passo dal Campidoglio e dai Fori Imperiali. Eretto per volontà dei figli di Costantino per commemorarlo dopo la morte nel IV secolo, l’arco presenta una pianta quadrangolare ed è inoltre “bifronte”, caratteristica, questa, che nel corso del Cinquecento ha portato gli storici a intitolare il monumento al dio romano con la stessa caratteristica, Giano. Ianus, inoltre, significa “passaggio coperto”. Dopo l’attentato del 28 luglio 1993 – l’esplosione dell’ordigno piazzato da Cosa Nostra che distrusse la chiesa di San Giorgio e fece 22 feriti – il monumento è rimasto chiuso. Dopo il restauro, è stato poi circondato da una cancellata. In questi anni l’Arco è stato fruibile solo in rare occasioni, ma adesso sarà possibile visitarlo ogni sabato, a partire dal 13 novembre: tutto questo è reso possibile dalla comunione di intenti tra
Fondazione Alda Fendi – Esperimenti e la
Soprintendenza Speciale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma guidata da
Daniela Porro.
Nu shu di Raffaele Curi Fondazione Alda Fendi Esperimenti (fotografia di Pino Le Pera)
LA PERFORMANCE NU-SHU PER CELEBRARE L’APERTURA DELL’ARCO DI GIANO
La speciale riapertura viene celebrata con una performance,
NU-SHU – Le parole perdute delle donne,un’operazione ibrida e teatrale, della durata di nove minuti, che prenderà vita venerdì 5 novembre alle ore 21.15 e alle 21.45. Il NU-SHU è
“un idioma segreto sviluppato in Cina tanto tempo fa dalle donne del popolo Yao, nella provincia dello Hunan, e da loro gelosamente custodito e tramandato per generazioni, con lo scopo di non farsi comprendere dagli uomini”. L’artefice dell’iniziativa artistica contro il femminicidio è
Raffaele Curi, l’intento è denunciare ogni forma di violenza fisica e psicologica alludendo alla forza che ogni donna che ha subito soprusi e prevaricazioni è costretta a trovare dentro di sé per sopravvivere all’agonia della violenza subita. Settanta kimono nuziali in seta bianca indossati da altrettante donne sono frutto di una ricerca di Alda Fendi in Cina; le performer si tolgono la maschera, riaffermando la propria identità, sulle note dell
’aria
Je veux vivre dans le rêve tratta da
Romeo et Juliette di Charles Gounod. Alla fine, una luna piena sorge dal profilo interno dell’Arco, accendendolo di bagliori.
Arco di Giano al Velabro
MECENATISMO A FAVORE DELL’ARTE E DELL’ARCHEOLOGIA
Già nel 2018 Alda Fendi si era mossa per finanziare l’illuminazione, firmata da Vittorio Storaro, dell’Arco di Giano. La sua struttura è un unicum, ha una pianta quadrangolare e si erge grazie a quattro possenti pilastri che sorreggono una volta a crociera. I pilastri sono decorati da due file di tre nicchie semicircolari con semicupola a conchiglia, al cui interno erano ospitate delle statue, per un totale di 48. Nelle quattro chiavi di volta, sono visibili le rappresentazioni di Roma e Giunone (in posizione assisa), di Minerva, mentre la quarta figura potrebbe rappresentare Cerere.
-Giorgia Basili