Al Parco del Colosseo la mostra dedicata all’archeologo-innovatore Giacomo Boni
Nelle nuove sale espositive di Santa Maria Nova, appena riaperte a Roma, alle Uccelliere, al Tempio di Romolo e Santa Maria Antiqua apre l’esposizione in quattro tappe per celebrare lo scopritore e direttore degli scavi tardo-ottocenteschi del Foro Romano, nonché architetto e intellettuale
Che nei primi anni del Novecento di vati ce ne fossero due, in Italia, è cosa forse poco nota. Se uno è il poeta-guerriero Gabriele D’Annunzio, l’altro è Giacomo Boni (Venezia, 1859 – Roma, 1925), geniale archeologo e architetto che rinnovò completamente la metodologia di scavo e studio dei siti stabilendo la necessità di tutelare e valorizzare i monumenti archeologici. Per celebrare il suo ruolo di innovatore – cruciale l’introduzione della fotografia archeologica aerea dalla mongolfiera – e scopritore – dal Lapis Niger alla chiesa di Santa Maria Antiqua, svelata demolendo la sovrastante chiesa seicentesca – ha aperto una grande mostra nel Parco Archeologico del Colosseo: Giacomo Boni. L’Alba della modernità. Qui, nello stesso Foro Romano che deve a Boni la sua esistenza così come la conosciamo oggi, l’esposizione tenta di restituire la complessità di un uomo che condizionò a tutti gli effetti la vita culturale del secolo e da cui gemmò il nuovo volto pienamente “moderno” dell’archeologia italiana e non.
INNOVAZIONI E SCOPERTE DELL’ARCHEOLOGO GIACOMO BONI
Disegnatore autodidatta nei cantieri veneziani e architetto di pregio – sua è la ristrutturazione di Villa Blanc a Roma – Boni implementò l’uso della fotografia aerea su mongolfiera che gli permise di portare alla luce siti straordinari, come il Tempio di Vesta e il complesso della fonte di Giuturna. Introdusse nella metodologia archeologica lo scavo stratigrafico: una rivoluzione per la professione, testimoniata da molti dettagliati disegni esposti nella mostra. In concomitanza con la grande scoperta del sepolcreto arcaico del Foro Romano, decise di condividere le novità con il grande pubblico, utilizzando un linguaggio diretto che mise l’Italia intera a parte della rivoluzione in corso e trasformò la materia in un argomento “popolare”. Senatore sotto il fascismo, alto dirigente del ministero della Pubblica Istruzione nel Regno d’Italia, fu letterato e botanico (riorganizzò gli Orti Farnesiani, sul Palatino, dove oggi è sepolto), così come un personaggio di rilievo: questo era vero sia a livello nazionale – famose le amicizie con D’Annunzio e Eleonora Duse – sia internazionale, cosa che gli valse lauree da Oxford e Cambridge e il privilegio di viaggiare e accompagnare reali e funzionari negli scavi romani. “Giacomo Boni è stato un grande italiano, un precursore, che ha intuito, un secolo prima, quanto fosse importante tenere insieme la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale come previsto dall’articolo 9 della nostra Costituzione”, ha detto il ministro della Cultura, Dario Franceschini, presente all’apertura dell’esposizione insieme alla direttrice del Parco del Colosseo Alfonsina Russo e al Direttore generale Musei del Ministero della Cultura Massimo Osanna.
RIAPERTI GLI SPAZI DEL COMPLESSO DI SANTA MARIA NOVA
La mostra, aperta fino al 30 aprile 2022, è curata dalla direttrice Alfonsina Russo, Roberta Alteri, Andrea Paribeni (con Patrizia Fortini, Alessio De Cristofaro e Anna De Santis), ed è divisa in quattro sezioni. La prima è stata allestita nel neo-rinato Complesso di Santa Maria Nova, anche noto come Santa Francesca Romana. Scelta dallo stesso Boni per farne un museo forense, la struttura del IX secolo ha riaperto al pubblico dopo una chiusura di oltre 10 anni (anche se i lavori vanno avanti da circa 40 anni) grazie a un intervento di manutenzione e ristrutturazione dello studio portoghese COR arquitectos – di Roberto Cremascoli, Edison Okumura, Marta Rodrigues – e di Flavia Chiavaroli. Si tratta dello stesso studio che negli ultimi anni si sta occupando di diversi interventi in ambito archeologico e museale, fra cui l’Antiquarium di Pompei e il Museo Archeologico di Castellammare di Stabia. Nelle tre sale allestite, rispettivamente il Sepolcreto, la sala della fondazione di Roma e quella dedicata alla vita politico-religiosa della città, trova spazio l’attività archeologica forense di Boni: qui sono raccontati i criteri espositivi dell’archeologo in merito a scavi specifici, come il plastico del sepolcreto arcaico, e sono raccolti manufatti di varia natura.
LE ALTRE SEZIONI DELLA MOSTRA
Al Tempio di Romolo sono esposte tracce della vita di Boni e il pallone aerostatico utilizzato per le vedute aeree degli scavi – anche se di originale resta solo la cesta –, fluttuante sopra la Basilica di Massenzio. Alle Uccelliere farnesiane è riproposto l’appartamento-studio dell’archeologo con tanto di arredi e oggetti originali, corredati dal suo ritratto scolpito da Fausta Vittoria Mengarini e una collezione di opere di autori affascinati dall’antico come Sartorio, de Chirico, e Cambellotti; infine, a Santa Maria Antiqua viene illustrato il ciclo pittorico bizantino della chiesa e la sua scoperta rocambolesca. “Oggi è una giornata di festa che conferma le tante cose fatte in questo Parco archeologico e quante ancora ce ne siano da fare per recuperare luoghi meno valorizzati”, ha precisato Franceschini. “A pochi passi da qui abbiamo Palazzo Silvestri-Rivaldi che è oggetto di un lavoro congiunto tra Regione, Ministero e Comune, dove vorremmo che andasse il Museo Torlonia. Proprio la natura del museo autonomo del Parco del Colosseo permette di fare velocemente i lavori, grazie a risorse pubbliche ma anche con il contributo privato che rappresenta un altro pezzo delle strategie che sono state messe in campo in questi anni. Con lo strumento dell’art bonus abbiamo, infatti, aiutato l’avvicinarsi dei privati alla tutela del patrimonio storico-culturale, che l’articolo 9 della Carta impone a tutti, integrando le risorse pubblico con i fondi dei privati”, ha concluso il ministro.
– Giulia Giaume
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