Eccezionale scoperta in Israele: resti animali di 23mila anni fa contro il climate change
L’analisi di oltre 20mila ossa di animali rinvenute nel sito archeologico israeliano di Ohalo II, rivela strategie di sopravvivenza messe in atto durante il più grande cambiamento climatico della storia: l’ultima era glaciale
Un’eccezionale scoperta è avvenuta in Israele, nell’area del Lago di Tiberiade, un immenso bacino d’acqua attraversato dal fiume Giordano dove secondo la tradizione fu battezzato Gesù. Un team di studiosi dell’Università Ebraica (HU) di Gerusalemme ha rivelato come, nonostante il cambiamento climatico di 23mila anni fa, vivessero in prosperità degli esseri umani con a disposizione, in quella zona, una forte abbondanza di cibo. È lì, nel sito israeliano un tempo sommerso di Ohalo II – uno dei siti archeologici di cacciatori-raccoglitori meglio conservati dell’ultima era glaciale – che questa popolazione è riuscita a resistere alle temperature estreme dell’ultima glaciazione proprio per la presenza di cibo, rispetto agli altri ominidi nel resto del pianeta costretti alla fame e all’estinzione. I ricercatori hanno potuto stabilirlo attraverso l’analisi dei resti di animali di piccola taglia ritrovati in questo insediamento preistorico.
L’ANALISI DI OLTRE 20MILA OSSA DI ANIMALI RINVENUTE NEL SITO ARCHEOLOGICO DI OHALO II
“Ci siamo concentrati su un’indagine quantitativa, qualitativa e spaziale degli oltre 20mila resti faunistici. L’identificazione dei resti faunistici al livello più dettagliato possibile, unita all’analisi delle frequenze degli elementi scheletrici, ha consentito la ricostruzione di un profilo della preda desiderata, evidenziando l’importanza di prede piccole rispetto alla selvaggina più grande (ungulati)”, ha spiegato la studentessa di dottorato dell’HU Tikvah Steiner, che ha guidato lo studio pubblicato il 26 gennaio 2022 sulla rivista ad accesso aperto PLOS ONE, sotto la supervisione della professoressa dell’HU Rivka Rabinovich e dell’archeologo dell’Università di Haifa Prof. Dani Nadel che ha scavato una prima volta il sito nel 1989 fin quando la siccità lo ha permesso. Poi, con l’aumento delle acque del Mare di Galilea, il sito si è nuovamente allagato per 10 anni, dopodiché sono ripresi gli scavi una volta ritiratesi nuovamente le acque. “Nonostante la loro capacità di cacciare animali anche di grandi dimensioni, questi abitanti cacciavano una vasta gamma di prede e avevano strumenti e tempo sufficienti per sfruttare appieno le carcasse di animali fino al midollo. Così, delle tartarughe interessavano i gusci da usare come ciotole, e non la loro carne, mentre la lepre e la volpe sono state probabilmente cacciate per le loro pelli“.
LA GALILEA COME MODELLO DI STUDIO SULLE OPPORTUNITÀ DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO
La Galilea, oltre per la sua importanza dal punto di vista naturalistico, paesaggistico e spirituale, è una regione davvero unica al mondo per la straordinaria storia dell’uomo preistorico e per le testimonianze qui lasciate. Ora, da questo studio, emerge un’altra peculiarità: sembra che le condizioni climatiche estreme non abbiano creato stress alimentare, almeno in questo territorio, ma invece nuove opportunità di avere una dieta diversificata. “La scelta di un habitat litoraneo sfruttato in modo intensivo tutto l’anno può essere un esempio di selezione di nicchia. La disponibilità di molteplici fonti di cibo all’interno di un ricco habitat potrebbe aver guidato lo sfruttamento di una miriade di risorse locali, rispetto al concentrarsi di tutte le forze su un’unica grande preda ricca di energia”. I ricercatori sperano che questo lavoro su Ohalo II serva da modello per indagini simili sui cambiamenti della dieta umana in altri luoghi e periodi di tempo.
-Claudia Giraud
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