Scoperto a Beirut un dipinto di Artemisia Gentileschi danneggiato dall’esplosione del 2020
“Ercole e Onfale” è il titolo del dipinto, anonimo, che gli studiosi hanno attribuito alla pittrice italiana. L’opera fa parte della collezione Sursock, che vantava già un’opera di Gentileschi, la “Maddalena”. Entrambi i dipinti hanno subito danni dall’esplosione avvenuta a Beirut nel 2020
Tra gli avvenimenti più drammatici accaduti negli ultimi anni, l’esplosione del porto di Beirut, avvenuta il 4 agosto 2020, ha causato la morte di oltre duecento persone ferendone settemila, e lasciandone senza casa trecentomila. Un disastro che non ha risparmiato nemmeno opere d’arte presenti nell’area interessata dall’esplosione, con capolavori rimasti danneggiati come la Maddalena Sursock di Artemisia Gentileschi, chiamata così perché facente parte della collezione dei Sursock di Beirut, tra le famiglie più aristocratiche del Libano. L’opera, poi restaurata, è stata in mostra al Palazzo Reale di Milano nel 2021 in occasione dell’esposizione Le Signore dell’Arte, e da oggi pare non sia l’unica opera di Artemisia Gentileschi presente a Beirut: è di queste ore infatti la notizia che un altro dipinto, anonimo e facente anche questo parte della collezione Sursock e rimasto danneggiato dall’esplosione del 2020, sia stato realizzato dalla celebre pittrice italiana, dal titolo Ercole e Onfale.
L’“ERCOLE E ONFALE” ATTRIBUITO AD ARTEMISIA GENTILESCHI
“Questo dipinto è sicuramente di Artemisia”, ha dichiarato al New York Times Davide Gasparotto, senior curator al Getty Museum, dove l’opera è stata trasportata per condurne il restauro e per essere esposta (in prestito) a lungo termine. “È un dipinto molto potente, uno dei suoi più ambiziosi in termini di dimensioni e complessità delle figure”. L’attribuzione è stata proposta dall’artista e storico dell’arte libanese Gregory Buchakjian, e anche Sheila Barker, importante studiosa di Gentileschi, sembra convinta di questa ipotesi: “molti presunti dipinti di Artemisia sono arrivati nella speranza di ottenere il consenso del mercato e degli studiosi, e siamo rimasti in gran parte delusi”, ha affermato la studiosa. “Eppure, da questo angolo completamente inaspettato del Mediterraneo meridionale, è emerso questo straordinario esempio del genio maturo di Artemisia”. Del resto, anche il tema trattato dal dipinto è in linea con quelli di cui si è occupata la pittrice, temi in cui a emergere con forza sono le tensioni del rapporto donna-uomo: un esempio tra tutti, la celeberrima opera Giuditta e Oloferne. Tornando a Ercole e Onfale, il mito racconta che Zeus, come punizione per un crimine, costringe Ercole a diventare schiavo di Onfale, regina della Lidia. I due si innamorano, e Artemisia racconta questo rapporto trasponendo sulla tela una ironica inversione dei ruoli di genere: Onfale troneggia su un Ercole impegnato a maneggiare fuso e filo, invece della iconica clava. Gasparotto ha ipotizzato che il dipinto possa essere stato realizzato da Gentileschi durante il suo soggiorno napoletano; proprio su questa fase della carriera della pittrice, il prossimo 3 dicembre, la sede di Napoli delle Gallerie d’Italia inaugurerà una mostra dal titolo Artemisia Gentileschi a Napoli, per un’esposizione che racconta un lasso di tempo compreso tra il 1630 e il 1654 (interrotto da una parentesi londinese tra la primavera del 1638 e quella del 1640).
Desirée Maida
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