La mostra che scova le tracce del Medioevo a Roma
Tra antichità romane e guizzi rinascimentali, la Città Eterna conserva resti e testimonianze dell’età medievale. La mostra a Palazzo Braschi riabilita un’epoca spesso considerata di serie B
C’è una mostra a Roma che ogni abitante della città dovrebbe visitare: lungo tutto il primo piano dello storico Palazzo Braschi, a due passi da piazza Navona, è infatti possibile avvicinarsi a un evo solitamente trascurato rispetto alla storia della città, ma senza una cognizione del quale si finisce per restare irrimediabilmente smarriti mentre ci si muove per strade e monumenti urbani. In effetti, le pietre parlano, ma solo a chi sa ascoltarle, o perlomeno prova a intenderne i segni, e quando questi siano stati tanto manomessi e cancellati è difficile anche solo capire da dove partire a osservare.
IL MEDIOEVO A ROMA
La caduta dell’impero romano d’Occidente (476) e quello d’Oriente (1453) sono solitamente intese quali porta d’ingresso e d’uscita del Medioevo: quasi un millennio lungo il quale, stando almeno alla tradizione intellettuale stabilita dagli umanisti rinascimentali e di fatto imperversata fino al secolo scorso – per intendersi, il sommo Jacques Le Goff, ovvero colui che forse più d’ogni altro storico si è speso per riabilitare il Medioevo, è scomparso giusto una decina di anni fa –, avrebbe dominato un’oscurità fitta e quasi impenetrabile per i lumi di ragione e bellezza. L’operazione di colonialismo culturale condotta dagli intellettuali tardo-quattrocenteschi, tutti presi a cercare di ricollegare la propria età e relativi fasti (a partire da quelli dei rispettivi mecenati) alle antichità romane, ha purtroppo finito per giustificare l’eliminazione anche fisica di testimonianze importanti di storia materiale che avrebbero invece mostrato quanta luce, se non altro in forma di chiari nel bosco, vi fosse durante il Medioevo.
Tale distorsione storica e visiva ha colpito in primo luogo Roma, una città che, tenuto conto della sua importanza religiosa, aveva comunque continuato a costituire uno dei centri indiscussi dell’Occidente e dove, a causa dei pellegrini cristiani, non si è mai interrotto uno scambio proficuo di idee, tecniche e arti, ma che dal Rinascimento in avanti è stata stravolta da operazioni grandiose quanto brutali di ridisegno ideologico (esemplari, in tal senso, le distruzioni e riedificazioni condotte da papa Giulio II, con i successivi interventi di renovatio urbis sviluppati da monarchia sabauda e poi fascismo a cancellare in maniera irrimediabile tanta parte della struttura urbana medievale).
LA MOSTRA A PALAZZO BRASCHI
La mostra di Palazzo Braschi, organizzata con cura accademica ma ampiamente godibile sin dal suo allestimento, simile a una grandiosa teca vellutata, consente infine di comprendere le latenze medievali che ancora persistono in tanti luoghi della città, a partire dalle grandi basiliche romane. Lungo un percorso espositivo ben bilanciato vengono offerte visioni d’ampio raggio sull’architettura, così come minuziosi approfondimenti su dettagli di storia materiale. Sono infatti oltre centosessanta le opere riunite a questo fine: mosaici, dipinti, manufatti religiosi, reperti tessili, monete e sigilli, oltre a una straordinaria collezione di libri miniati su cui svetta l’edizione originale della cosiddetta Bibbia di San Paolo fuori le Mura: un sontuoso volume in pergamena, risalente all’875, che già solo con la sua unica illustrazione osservabile sotto la teca protettiva induce a meglio riconsiderare lo stile naturalistico della ritrattistica pre-rinascimentale.
Unica pecca dell’esposizione, viene da chiosare in chiusura, è che sia temporanea. Sarebbe in effetti il caso che le istituzioni competenti riflettessero sull’opportunità di mantenere disponibili in una sede permanente ricerche svolte e allestimento realizzato, magari attraverso facsimili per le opere soggette a prestito, così da mettere a disposizione dei cittadini e di chi passi per la città un modo per comprendere i tempi lunghi che, nonostante le ricoperture di soffitti a cassettoni e ridisegni imperial-stradali, persistono tutto intorno a loro, e che non sono solo quelli più noti delle antichità romane.
Luca Arnaudo
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