Dall’Ercole della Via Appia alla mummia in Egitto. Le scoperte archeologiche di gennaio 2023
È stato un mese particolarmente intenso dal punto di vista delle scoperte e più in generale degli interventi di studio, recupero e valorizzazione portati avanti per conoscere e proteggere il patrimonio che ci giunge dall’antichità. Ecco cosa è successo nelle ultime settimane
Nuovo appuntamento col nostro osservatorio mensile dedicato alle scoperte archeologiche più interessanti fatte in Italia e nel resto del mondo negli ultimi trenta giorni, con uno sguardo allargato anche verso altre tipologie di attività rivolte allo studio e alla scoperta delle civiltà del passato, come esiti di ricerche o progetti mirati alla valorizzazione del patrimonio, non smettendo mai di riservare sorprese e di raccontare personaggi, luoghi e fatti di altre epoche. Il mese di gennaio è stato particolarmente intenso, dal ritrovamento di una statua raffigurante Ercole sulla Via Appia Antica a Roma fino alla scoperta di una mummia in Egitto. Ve le raccontiamo nel dettaglio.
Desirée Maida
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LA VILLA DI POPPEA NELLA ANTICA OPLONTIS
Non si tratta di una scoperta archeologica in senso canonico, ma per i visitatori di questo sito lo è senza dubbio. La Villa di Poppea (conosciuta anche come “Villa A”), lussuoso edificio residenziale con affaccio sul mare, la cui costruzione risale alla metà del I secolo a.C. (e ampliata poi nella prima età imperiale) – e chiamata così perché potrebbe essere appartenuta a Poppaea Sabina, seconda moglie dell’imperatore Nerone, o alla sua famiglia –, è stata di recente protagonista di un intervento che ha visto la ricollocazione al suo interno di statue e reperti originari, mai esposti prima nel loro sito di provenienza, finora custoditi nei depositi del Parco archeologico di Pompei e in precedenza in mostra al Palazzo Criscuolo di Torre Annunziata. “Riportare questi reperti nel luogo originario di provenienza è stata un’operazione di tutela finalizzata a garantirne un’adeguata conservazione in ambienti monitorati, da un punto di vista della sicurezza e delle condizioni conservative”, spiega Gabriel Zuchtriegel, direttore del Parco Archeologico di Pompei, “ma anche di valorizzazione sia delle opere sia della villa in quanto l’esposizione in loco consente un racconto diretto e suggestivo del contesto reale”.
LA STATUA DI ERCOLE SULLA VIA APPIA ANTICA A ROMA
Durante i lavori di revisione e bonifica del condotto fognario effettuato nell’area di Parco Scott a Roma, tra la Cristoforo Colombo e la via Appia Antica, effettuati da Acea Gruppo con Bacino sud SRL, è tornata alla luce “una statua marmorea a grandezza naturale che, per la presenza della clava e della leontè – la pelle di leone che ne copre il capo – possiamo senz’altro identificare con un personaggio in veste di Ercole”, come sottolineato in un post pubblicato sulla pagina Facebook del Parco Archeologico dell’Appia Antica. “Probabile raffiguri una personalità importante dell’epoca. Certo, a Roma non è raro imbattersi in reperti antichi, ma in questo caso la sensazione è che si tratti di un ritrovamento di particolare rilievo”, ha dichiarato al Corriere Simone Quilici, direttore del Parco Archeologico dell’Appia Antica. Circa la futura collocazione dell’opera, Quilici ha anticipato che la statua potrebbe essere esposta “magari già al Casale di Santa Maria Nova nell’ambito di ‘Patrimonium Appiae – Depositi emersi’, mostra in corso fino al 30 giugno. Se i tempi lo consentiranno, sarebbe un’ottima opportunità di valorizzazione”.
I REPERTI ARCHEOLOGICI TRAFUGATI FANNO RITORNO IN ITALIA
Hanno fatto ritorno in Italia dagli Stati Uniti, dove erano stati commercializzati illegalmente, 60 reperti archeologici recuperati grazie al lavoro congiunto dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale (TPC) e del New York County District Attorney’s Office (DAO). Oggetti di inestimabile valore culturale – quello economico supera i 20 milioni di euro –, saccheggiati da siti archeologici italiani e di cui non era mai stata data notizia, almeno fino alla loro immissione nel mercato antiquario. Una volta saccheggiate, le opere sono state vendute da “brokers dell’arte” per poi confluire in collezioni private statunitensi, tra le quali spicca quella di uno dei più grandi collezionisti d’arte antica del mondo, al quale è stato imposto – provvedimento, questo, mai messo in pratica prima d’ora – il divieto a vita di acquistare antichità. “Il recupero di questi reperti da parte dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale è un grande successo nell’ambito delle attività di contrasto al traffico illecito dei beni che appartengono alla nostra nazione”, ha dichiarato il Ministro Gennaro Sangiuliano. “Ringrazio l’Arma per il prezioso e insostituibile lavoro quotidiano, svolto in ogni parte del mondo”. L’operazione è stato frutto della sinergia e della collaborazione tra autorità italiane e statunitensi, ovvero i Carabinieri TPC, il DAO di New York, le Autorità Giudiziarie nazionali, il Ministero della Cultura e il Ministero degli Affari Esteri.
LE PITTURE RUPESTRI DEL PALEOLITICO
Stando a uno studio condotto dal restauratore di mobili londinese Ben Bacon, appassionato di arte rupestre, e contenuto in un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Cambridge Archaeological Journal: le pitture rupestri di epoca paleolitica andrebbero considerati come “il primo esempio di scrittura conosciuto nella storia dell’Homo sapiens”. Una forma di scrittura quindi, dalla quale Bacon avrebbe letto – attraverso punti, linee e forme ricorrenti – una sorta di sequenza temporale affine a un calendario. Con la collaborazione di archeologi dell’Università di Durham e dello University College London, Bacon ha quindi ipotizzato che questi segni celerebbero calendari lunari in cui gli esseri umani del Paleolitico prendevano nota delle abitudini e delle nascite degli animali da cacciare.
LA MUMMIA PIÙ ANTICA D’EGITTO
Nell’area di scavo della piramide a gradoni di Djoser, nella necropoli patrimonio Unesco di Saqqara – una trentina di chilometri a sud del Cairo – un team di archeologi guidato dal professor Zahi Hawass, ex ministro per le Antichità in Egitto, ha scoperto una mummia collocata all’interno di una tomba facente parte di una sepoltura risalente alla quinta e sesta dinastia (tra il 2.465 e il 2.152 a.C.). La mummia, di un uomo di nome Hekashepes, risalirebbe a 4.300 anni fa, datazione questa che la renderebbe la mummia più antica mai ritrovata finora. Rinvenuta a quindici metri di profondità, è in ottimo stato di conservazione, e questa scoperta rappresenta l’ennesima sorpresa che il sito di Saqqara è oramai abituata a destinare agli archeologici: nel 2020 infatti furono ritrovati venti sarcofagi dipinti databili a 2500 anni fa, mentre di recente un team di archeologi basato a Luxor ha annunciato la scoperta di un’intera città residenziale di epoca romana, fondata tra il III e il II secolo a.C.
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