La Madonna del Pesce di Raffaello torna a Napoli per la mostra sul Rinascimento meridionale
L’opera fu dipinta da Raffaello nel 1514 e a Napoli fece proseliti determinando la diffusione della “maniera”, anche tra i molti artisti spagnoli attivi in città. Trasferita in Spagna nel 1638, da allora non è mai rientrata a Napoli
Per una cappella in San Domenico Maggiore, Raffaello dipinse la Madonna del Pesce su committenza di Giambattista del Doce, intorno al 1514. La tavola, raffigurante una sacra conversazione con Madonna col Bambino su un trono rialzato, l’arcangelo Raffaele con Tobiolo e san Girolamo con il leone addomesticato, deve il suo nome al pesce che Tobiolo reca in mano, riferimento biblico al pesce velenoso con la cui bile il giovane avrebbe guarito il padre dalla cecità.
L’INFLUENZA DELLA MADONNA DEL PESCE A NAPOLI
A Napoli, l’opera avrebbe determinato la penetrazione di quella maniera raffaellesca che diede il là all’evoluzione della pittura rinascimentale. Nella sua lettera a Marcantonio Michiel, l’umanista Pietro Summonte la descrive per la prima volta nel 1524: nella cappella resterà per tutto il XVI secolo e ancora fino al 1638, quando nella città assoggettata alla dominazione spagnola che aveva istituito il Vicereame di Napoli la tavola fu trasferita in Spagna dal viceré Ramiro Núñez de Guzmán, duca di Medina. Nel 1644 l’opera sarebbe entrata nelle collezioni reali di Filippo IV e destinata al monastero di San Lorenzo all’Escorial. Più di recente – non prima di un passaggio a Parigi tra il 1813 e il 1822, trafugata dalle truppe napoleoniche, occasione in cui fu trasferito da tavola a tela – il dipinto è confluito nelle collezioni del Museo del Prado, a Madrid (mentre al Louvre è conservato il Ritratto di Dona Isabel de Requesens, Viceregina di Napoli, che sempre Raffaello realizzò per la corte partenopea, nel 1518).
LA MOSTRA SUL RINASCIMENTO MERIDIONALE A CAPODIMONTE
Dal 13 marzo al 25 giugno il Museo di Capodimonte celebrerà con una mostra – Gli Spagnoli a Napoli, il Rinascimento meridionale – proprio il fermento artistico che nei primi decenni del Cinquecento determinò l’affermarsi della maniera moderna in città, influenzando di riflesso pittori e scultori iberici che a lungo soggiornarono a Napoli, prima di esportare quanto appreso in Spagna. Il progetto, a cura di Andrea Zezza e Riccardo Naldi con la partecipazione di Manuel Arias e promosso in collaborazione con il Prado, ha intenzione di illuminare uno dei periodi più felici, sebbene ancora poco conosciuto, della scena artistica napoletana, racchiuso nell’arco temporale che dal 1503 si protrae fino al 1532 (sarà l’assedio francese del 1528, con la grave crisi politica che ne derivò, a spezzare l’idillio). E il sodalizio con il museo madrileno ha consentito il prestito reciproco di opere importanti per decifrare quanto avvenne in quel contesto.
LA MADONNA DEL PESCE DI RAFFAELLO A NAPOLI
Ecco perché, a quasi quattrocento anni dalla sua partenza, la Madonna del Pesce di Raffaello (di cui si conoscono numerose copie, a testimoniare la fortuna del soggetto) tornerà a Napoli, esposta accanto alle opere degli artisti spagnoli – attivi in quegli anni in città – che dalla maniera del maestro urbinate restarono affascinati, da Bartolomé Ordóñez a Pedro Machuca e Alonso Berruguete. In mostra anche pittori e scultori di scuola napoletana che beneficiarono di questa temperie, da Marco Cardisco a Giovanni da Nola. Il progetto speculare, intitolato Otro Renacimiento, si è concluso al Prado alla fine di gennaio, mostrando al pubblico spagnolo opere di pittori italiani anch’essi influenzati dal linguaggio raffaellesco, da Cesare da Sesto e Polidoro da Caravaggio. A Capodimonte il dipinto di Raffaello, con la settantina di lavori riuniti per la mostra (anche sculture, libri e una pala d’altare), sarà allestito nella sala Causa, senza scontare l’inizio dei lavori di restauro che per tutto il 2023 coinvolgeranno il museo. A giugno Capodimonte sarà anche protagonista della mostra Napoli a Parigi: il Louvre invita il Museo di Capodimonte, che vedrà il prestito di sessanta capolavori dell’istituzione partenopea al museo di Parigi.
Livia Montagnoli
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