Maestro di Viboldone. Storia dello scultore (ancora) anonimo del Medioevo lombardo
Una statua recentemente esposta ad Abbiategrasso dopo decenni di oblio, attribuibile alla cerchia dell'enigmatico Maestro, riaccende l'interesse degli studiosi sull'epoca di transizione tra la scultura lombarda Trecentesca e quella Quattrocentesca
Nella campagna lombarda, a pochi chilometri da Milano, nascosti nella placida campagna agricola, resistono ancora oggi alcuni luoghi di pace e di bellezza. Uno di questi luoghi privilegiati è l’abbazia di Viboldone, un importante monumento religioso che conserva alcuni dei più begli affreschi medievali di tutta la Lombardia, opera anche della bottega di Giusto de’ Menabuoi. Ma la nostra attenzione, ancor prima di entrare nel tempio, è catturata dalla bellezza delle sculture che decorano l’ingresso: il linguaggio freddo e ieratico dei secoli precedenti si scioglie qui in un temperamento più morbido, dove dal marmo pare emergere tutta la dolcezza dell’umanità materna di Maria. Le figure rappresentate sembrano essere vive. Il primo studioso a ipotizzare l’esistenza di un grande scultore, opportunamente ribattezzato Maestro di Viboldone (o meglio, Maestro della lunetta di Viboldone), è stato Costantino Baroni, che nel suo capitale volume Scultura gotica lombarda avanza alcune proposte attributive, oggi in parte decadute ma ancora decisamente interessanti. La vicenda del Maestro è ricostruita con puntuale precisione dalla storica dell’arte Elisa Eccher, che attualmente lavora presso la Biblioteca Apostolica Vaticana.
Chi era il Maestro di Viboldone
Secondo Baroni, il Maestro di Viboldone era caratterizzato da una “rude forte plastica’”, e “capace di un pacato intimismo, ridotto dalla viva tensione morale che cerca di esprimersi con grande dignità”. Elisa Eccher nella sua tesi di dottorato presso l’Università degli Studi di Trento del 2018 scrive a proposito del Maestro di Viboldone: “Nella storia dell’arte del Medioevo lombardo, questo anonimo scultore occupa una posizione intermedia, a ridosso dell’esperienza milanese di Giovanni di Balduccio – tra la fine del quarto e il quinto decennio del Trecento –, e prima del lungo periodo contrassegnato dall’egemonia artistica di Bonino da Campione, attivo per tutta la seconda metà del secolo. Baroni, per primo, tentò di mettere in luce questo ignoto scultore […] ignoto e di fatto ignorato dalla critica fino a quel momento”.
Oltre alla lunetta di Viboldone, Baroni ipotizzava che il Maestro sarebbe stato anche l’autore di una serie di sculture, come il monumento a Salvarino Aliprandi nella chiesa di San Marco a Milano, in zona Brera, il complesso di sculture della Porta Nuova della città meneghina e una statua della chiesetta di San Nicolao, in zona Sant’Ambrogio. Il Baroni proseguiva poi con le statue dei santi Marco, Agostino e Ambrogio e un rilievo raffigurante l’Incoronazione della Vergine rispettivamente posti sulla facciata e all’interno della chiesa di San Marco. A queste opere l’autore aggiunge anche altre sculture sulla cui paternità la Eccher solleva qualche dubbio, come la statua che fino al 1974 troneggiava su un’acquasantiera all’ingresso di un’altra grande abbazia della campagna milanese, quella di Morimondo. L’opera, rubata e purtroppo mai ritrovata, è nota solo attraverso una fotografia a bassa risoluzione conservata a Firenze, ma lascia intuire, secondo l’occhio esperto della studiosa, una mano attribuibile forse a Bonino da Campione o al suo ambito. Il merito del lavoro della Eccher è proprio nella sistematicità della sua proposta di riattribuzione dell’opera del Maestro di Viboldone: una sorta di catalogo ragionato mai tentato fino al 2018.
La Madonna di Castelletto del Maestro di Viboldone
Relazionabile alla tipologia della statua di Morimondo, una madonna stante con bambino, più o meno delle stesse dimensioni, è un’altra opera che dopo decenni di oblio è tornata visibile proprio nella primavera del 2023 in una mostra tenutasi presso Palazzo Stampa. Si tratta della cosiddetta Madonna di Castelletto, che un tempo faceva bella mostra di sé nella chiesetta di Santa Maria de Campo ad Albairate e sin dal 1623 venne trasferita nella chiesa di Sant’Antonio Abate di Castelletto di Abbiategrasso, sulle rive del Naviglio. Erano decenni che l’originale non era più esposto al pubblico: per motivi di sicurezza era conservato all’interno degli spazi parrocchiali, sostituita all’interno della chiesa da una copia in gesso.
La Madonna delle Grazie è la scultura medievale più importante del territorio abbiatense, e la sua esposizione, pur non scevra da alcune scelte questionabili sull’allestimento di taglio forse eccessivamente folcloristico, è stata l’occasione per fare il punto sull’indagine attributiva delle opere legate al Maestro di Viboldone e alla sua cerchia. L’opera era infatti stata attribuita dal Baroni allo stesso Maestro. Sandrina Bandera, ex direttore della Pinacoteca di Brera, considerava la statua di Castelletto “copia forse del prototipo scomparso di Morimondo”. Di parere diverso invece Elisa Eccher, che ha avuto finalmente modo di visionare l’originale in occasione della sua esposizione ad Abbiategrasso.
Elisa Eccher sulla Madonna del Maestro di Viboldone
“La scultura è un gioiellino e vederla dal vivo è stato emozionante. Proprio per la sua alta qualità, ho pensato potessetrattarsi addirittura della mano dello stesso Maestro di Viboldone, ma dopo un esame più attento e il confronto con altre opere del Maestro ho notato qualche semplificazione, soprattutto nel viso e nel velo che copre il capo. Questa tipologia di Madonna con Bambino propone un modello molto in voga intorno alla metà del Trecento, che verrà utilizzato frequentemente nei decenni a seguire anche da Bonino da Campione, altro grande protagonista della scultura gotica lombarda”. Stilisticamente, dunque, la Madonna di Castelletto “è da considerarsi dello strettissimo ambito del Maestro di Viboldone. Considerando il fatto che l’Oratorio di Santa Maria de Campo era in epoca medievale affidato agli Umiliati e che per lo stesso ordine monastico il Nostro scultore fu attivo intorno al 1348, si potrebbe supporre che la commissione fosse arrivata direttamente a lui, il quale, forse oberato di lavoro, decise di affidarne l’esecuzione a un suo valente allievo”.
Dopo l’impressione iniziale, la studiosa entra più nel merito della tecnica utilizzata per la scultura, mettendola a confronto con la Madonna con Bambino oggi esposta alla Galleria Civica di Campione d’Italia, attribuita al Maestro di Viboldone da Carla Travi: “Il Maestro di Viboldone, spesso, presenta dettagli più raffinati, un’articolazione dei panneggi più sofisticata e un’espressività più intensa, la scultura di Abbiategrasso appare più semplificata, seppur molto graziosa”.
Intervista a Elisa Eccher sul Maestro di Viboldone
Ma chi era il Maestro di Viboldone? Cosa sappiamo sulla sua vita? Le notizie sono per il momento alquanto lacunose.
Il Maestro di Viboldone è uno scultore tanto affascinante quanto misterioso, di cui purtroppo non abbiamo notizie biografiche certe. L’assenza di opere firmate rende particolarmente difficile lo studio di questo maestro, che presenta alcuni aspetti stilistici ben riconoscibili in un corpus di opere piuttosto nutrito. Come da prassi in epoca medievale, sicuramente dovette essere a capo di una bottega, composta da un certo numero di allievi per far fronte alle commissioni più monumentali. Pertanto, non sempre è possibile parlare di piena autografia. Possiamo comunque considerarlo come uno dei più importanti scultori trecenteschi attivi nella Lombardia dei Visconti. Egli rappresenta un anello di congiunzione determinante nei decenni centrali del Trecento, tra il periodo dominato a Milano dal pisano Giovanni di Balduccio e l’epoca che vede come protagonista Bonino da Campione.
Quali erano dunque i rapporti tra Bonino da Campione e il Maestro di Viboldone?
Sotto il nome di Bonino da Campione, oltre alle opere certe firmate e documentate, confluisce un gran numero di sculture e frammenti di qualità disomogenea. Egli fu un grande maestro a capo di una delle più insigni botteghe attive nell’Italia padana della seconda metà del Trecento, a servizio dei grandi signori dell’epoca, primi tra tutti i Visconti, tant’è che possiamo citare tra le sue opere più celebri il solenne monumento equestre di Bernabò Visconti, esposto al Castello Sforzesco. Dalle botteghe poi può emergere anche qualche scultore che in seguito riesce a diventare un pò più autonomo, tant’è vero che la mia ipotesi è che dalla bottega del Maestro di Viboldone esca Bonino da Campione. Spesso infatti questi due scultori sono stati confusi, sovrapposti negli anni scorsi in vari studi: sono scultori diversi che hanno però molte tangenze.
Nell’opera del Maestro di Viboldone ci sono però anche altri riferimenti.
Sì, guarda anche a Giovanni di Balduccio, scultore pisano che lavora a Milano, nell’Arca di San Pietro Martire a Sant’Eustorgio, il suo capolavoro. Il Maestro di Viboldone riformula poi il linguaggio toscano con accenti tipicamente lombardi, e potrebbe dunque essere un anello di congiunzione tra Giovanni di Balduccio e Bonino da Campione: si colloca in mezzo prendendo spunti da Giovanni e a sua volta dando spunti a Bonino.
E riguardo alla scultura trafugata da Morimondo?
Si può certamente dire che propone il medesimo modello di quella di Abbiategrasso, con qualche lieve variante. Risulta alquanto difficile stabilire quale sia il prototipo da cui esse derivano, ma non è da escludere che si debba guardare, a tal proposito, alla Madonna di Campione, da collocare forse nella fase giovanile del Maestro di Viboldone, verso i primi anni Quaranta. Escluderei però un’attribuzione della scultura di Morimondo al Maestro di Viboldone, più plausibile è l’idea che vada legata al nome di Bonino da Campione.
Il Duomo di Milano e Abbiategrasso
Il materiale con cui è stata realizzata la scultura di Castelletto potrebbe essere forse lo stesso marmo di Candoglia che proprio da Abbiategrasso passava per raggiungere il centro di Milano per la fabbrica del Duomo. Appena due anni dopo l’inizio dei lavori alla cattedrale di Milano, nel 1388, fu inaugurato anche il cantiere della chiesa di Santa Maria Nuova di Abbiategrasso, la cui costruzione fu voluta per celebrare la nascita nel borgo di Giovanni Maria, figlio di Gian Galeazzo Visconti, signore di Milano. Questo legame tra il Duomo di Milano, la circolazione dei blocchi di marmo di Candoglia sul Naviglio Grande e la Madonna di Castelletto andrebbe indagato meglio con ulteriori indagini di taglio più prettamente scientifico.
Auspichiamo che la statua di Castelletto, l’opera medievale più importante di Abbiategrasso, venga esposta in un contesto che ne valorizzi il valore artistico. D’altra parte Abbiategrasso non abbonda certo di spazi espositivi. Si potrebbe a questo proposito ipotizzare di utilizzare gli ambienti troppo poco utilizzati dell’ex convento dell’Annunciata, che potrebbero trovare una loro vocazione naturale come museo del territorio: al di sotto degli affreschi di scuola leonardesca di Nicola Mangone Moietta del 1519 sarebbe così esposta la trecentesca Madonna delle Grazie di Castelletto. Difficile immaginare una collocazione più spettacolare.
Thomas Villa
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