I dimenticati dell’arte. Battista Dossi, il discepolo di Raffaello
Dopo aver trascorso la sua esistenza all’ombra di Dosso, l’artista riuscì a trovare uno stile più personale dopo la morte del ben più famoso fratello.. La storia dell’arte lo sta riscoprendo oggi, a oltre 450 anni dalla morte
Per tutta la vita ha lavorato insieme al fratello, più famoso e bravo di lui, ma solo recentemente gli studiosi stanno ricostruendo la sua personalità, non priva di talento e di originalità. Si parla di Battista Leuteri (1490 circa-1548), fratello minore di Giovanni, detto Dosso Dossi, dal quale prese il soprannome, che assunse una sua fisionomia professionale nel 1517, quando venne pagato per avere dipinto tre maschere, poco prima di trasferirsi a Roma, dove lavorò per qualche tempo nella bottega di Raffaello.
Battista Dossi, il pittore (quasi) fiammingo
Tornato a Ferrara, riprese il suo posto nello studio del fratello, per aiutarlo a dipingere alcune opere destinate agli appartamenti del duca Alfonso I d’Este. Lo stile di Battista si formò in quegli anni, tra le forme perfette e le cromie eleganti di Raffaello e le invenzioni stravaganti e geniali del fratello, che ha affiancato nelle opere più significative, specializzandosi soprattutto nell’esecuzione di vedute panoramiche, animate da piccole figure simili ai paesaggi di pittori fiamminghi come Joachim Patinier.
Dopo aver dipinto alcune pale d’altare a quattro mani, a partire dagli anni trenta Dosso e Battista furono impegnati nelle grandi decorazioni ad affresco, dove misero in campo la loro perizia tecnica ed immaginativa. Battista partecipò al ciclo della Villa Imperiale di Pesaro nel 1530, mentre l’anno successivo fu impegnato a fianco del fratello nel Castello del Buonconsiglio di Trento dove Dosso venne chiamato dal principe vescovo Bernardo Cles per affrescare 19 ambienti del “Magno Palazzo”.
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La commissione di Bernardo Cles
Fino a pochi anni fa si riteneva che la maggior parte dell’opera fosse di Dosso, ma gli studi degli ultimi decenni hanno assegnato a Battista alcuni interventi, come i Giochi di putti nella sala Grande, le lunette con Marte e Mercurio e l’affresco con la Madonna col Bambino e San Vigilio che presenta il vescovo Bernardo Cles. Oggi i confini della collaborazione tra Battista e Dosso al Buonconsiglio vengono delineati in maniera esemplare grazie alla mostra I volti della sapienza. Dosso e Battista Dossi nella Biblioteca di Bernardo Cles, curata da Vincenzo Farinella e Laura del Prà, improntata sulla decorazione della Biblioteca di Bernardo Cles, con 18 dipinti su tavola incastonati nel soffitto, che raffigurano saggi, filosofi e oratori dell’antichità, esposte a Trento in dialogo con un centinaio di opere, che restituiscono il contesto storico e culturale dell’epoca. Così sono stati attribuiti a Battista, pur con qualche incertezza, un dipinto come Democrito, prestato dalla pinacoteca Inzaghi di Budrio o la Sacra Famiglia con San Giovanni Battista e angeli proveniente dalla Galleria Borghese. Dopo aver trascorso la sua esistenza all’ombra del fratello, Battista riuscì a trovare uno stile più personale dopo la morte di Dosso nel 1542, quando divenne capo della fiorente bottega ferrarese, soprattutto grazie ad importanti commissioni da parte del duca Ercole d’Este. Opere dove l’artista univa suggestioni tratte da Michelangelo e Raffaello con elementi stilistici provenienti dalla pittura del Cinquecento fiammingo, a dimostrazione della sua capacità di unire dettagli stilistici diversi con molta libertà e una buona dose di fantasia.
Ludovico Pratesi
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Ludovico Pratesi
Curatore e critico d'arte. Dal 2001 al 2017 è stato Direttore artistico del Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro Direttore della Fondazione Guastalla per l'arte contemporanea. Direttore artistico dell’associazione Giovani Collezionisti. Professore di Didattica dell’arte all’Università IULM di Milano Direttore…