Gli esordi di una luminosa carriera. Il giovane Tiziano in mostra a Venezia
Non le celebri committenze di Carlo V o le opere dalle pennellate sfaldate di fine carriera. Piuttosto un inedito focus che scava alle origini del fenomeno Tiziano, girando intorno alla data del 1508, quando il talento del Vecellio esplode
C’è un anno fatidico all’origine della mostra che riunisce i lavori giovanili di Tiziano (Pieve di Cadore, 1488-90 – Venezia, 1576) alle Gallerie dell’Accademia. È il 1508, da immaginarsi nel panorama artistico della Venezia dell’epoca, quando in città sono Giovanni Bellini e Giorgione gli artisti più richiesti.
Diciassette opere autografe di Tiziano, confrontate con dipinti, incisioni e disegni di autori a lui contemporanei – oltre a Giorgione, Sebastiano del Piombo, Albrecht Dürer e Francesco Vecellio – raccontano il sorgere del talento dell’artista, il suo rivelarsi sulla piazza veneziana.
Il 1508 all’origine della mostra sul giovane Tiziano a Venezia
La data sopracitata si ricava da un quadro del Vecellio conservato proprio alle Gallerie dell’Accademia, L’Arcangelo Raffaele e Tobia, che secondo il Vasari sarebbe stato realizzato, appunto, nel 1508. Nella tavola, il giovane Tobia fa un viaggio per riscuotere un debito a favore del padre cieco: a guidarlo è l’Arcangelo Raffaele, e con loro c’è anche il fedele cagnolino, che rimanda ai cani del sant’Eustachio di Dürer, con cui la mostra suggerisce il confronto. La scena è inserita tra le colline della campagna veneta, paesaggio familiare al committente dell’opera, Bernardo Bembo.
Il quadro serve a sostenere lo scopo conclamato della mostra, orientata alla ricerca, per rivelare l’artista prima dei grandi successi, dell’esplosione del suo talento, delle committenze di Carlo V, delle pennellate disgregate fatte di solo colore che caratterizzano le sue ultime opere.
A partire dal 1508, Tiziano, quasi ventenne, ottiene le prime importanti commissioni pubbliche. È questo il caso di Giuditta con la testa di Oloferne, affrescata sulla facciata laterale del Fondaco dei Tedeschi, impaginata insieme alla Nuda di Giorgione in uno spazio architettonico. Entrambe in condizioni poco visibili, anche se documentate dalle incisioni settecentesche di Anton Maria Zanetti, manifestano la diversa indole dei due artisti: Giorgione, più pacato e lirico, crea un’immagine tranquillizzante; Tiziano realizza un corpo possente che deflagra nello spazio. Dotato di “un’energia pazzesca”.
Il confronto tra Tiziano e Giorgione
Susciterà una certa emozione nel visitatore l’accostamento tra la Madonna con Bambino di Tiziano e la Madonna con il Bambino e i santi Caterina d’Alessandria e Giovanni Battista di Giorgione (anche se alcuni ritengono sia di Sebastiano del Piombo). Ambientata in un interno, ma insieme dialogante con il paesaggio attraverso la finestra, la Sacra Rappresentazione del secondo manifesta una grande capacità nella resa della luce naturale che circonda le figure, inserite in un’atmosfera rarefatta. L’opera di Tiziano, riservata alla devozione privata e all’intimità casalinga, è improntata alla naturalezza e all’istintività dell’agire tra la Madonna e il Bambino, inseriti nel paesaggio che si apre al di là del parapetto. La Madonna rievoca nel suo reclinare la testa il realismo delle figure di Dürer. Ma la mostra è anche un’opportunità per ammirare La Tempesta di Giorgione, con la sua “sinfonia di azzurri e di verdi imbevuti degli umori della natura, la cui forza inesorabile si esprime nel lampo di luce che solca il celo nuvoloso”.
Una mostra di ricerca. La riscoperta dell’opera giovanile di Tiziano
E ancora, la retrospettiva si impone all’attenzione degli esperti e del grande pubblico per la riscoperta di varie opere sottoposte a nuove ricerche, analisi scientifiche, restauri. È il caso della tavola L’Angelo con tamburello, dove la materia pittorica palpitante emana freschezza e naturalezza, in arrivo dalla Galleria Doria Pamphilj di Roma e presentata per la prima volta in una mostra. Il dipinto è un frammento di una pala originariamente collocata nella Chiesa dei Servi a Ferrara, poi smembrata; e le ricerche che hanno preceduto la rassegna individuano gli altri possibili frammenti in una Madonna con Bambino in trono, conservata in Russia al museo Pushkin, e in un San Francesco, oggi al museo francese des Beaux-Arts di Béziers. Sembra appropriata quindi la definizione di mostra di ricerca, con l’obiettivo di aprire nuovi spazi “al dibattito critico sull’attività aurorale del Vecellio”.
Seguono il più tizianesco Battesimo di Cristo,con il committente Giovanni Ram, dove i personaggi, lontani da ogni idealizzazione, sprigionano una convinta umanità; è il Cristo risorto (1511-12) della Galleria degli Uffizi, dipinto da Tiziano come una figura imponente, che trionfa in tutta la sua potenza fisica, con il busto lievemente di scorcio e le braccia spalancate. Nella mano destra, il Redentore tiene il vessillo crociato, simbolo della sua vittoria sulla morte.
Non resta che citare il Trionfo di Cristo, del1508 circa: una xilografia in dieci blocchi, tra le più conosciute e celebrate della storia dell’arte, in prestito dalla Bibliothéque Nationale de France: nel lungo corteo dei personaggi, da Adamo ed Eva, a san Francesco e san Domenico, Tiziano fa sfoggio della sua notevole abilità nel potenziare la figura umana. Grazie all’influenza di Michelangelo.
Fausto Politino
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