Un campo di fiori sul mare: Ars Botanica al Castello di Miramare
Incontro con la direttrice Andreina Contessa sul presente e futuro del museo, e sulla grande mostra Ars Botanica.
Un luogo storico, quasi proverbiale, che negli ultimi anni ha dovuto rigenerarsi: il Castello (oggi museo storico) e il parco di Miramare tra restauri realizzati, studi botanici, mostre temporanee e progetti futuri. Incontro con la direttrice Andreina Contessa sul presente e futuro del museo, e sulla grande mostra Ars Botanica.
Come sono cambiati parco e museo sotto la sua direzione?
I cambiamenti durante questi cinque anni di mandato sono stati ingenti: hanno comportato un progetto complessivo di riqualificazione di ogni parte del parco, che era molto in sofferenza quando sono arrivata. Era un “luogo del cuore” dei triestini, ma la città era in subbuglio contro la sua gestione.
Come mai questo distacco?
Si sentiva la mancanza di una visione complessiva per questo parco incredibilmente bello e interessante — il giardino mediterraneo più a nord dell’Europa e quello più a sud del mondo continentale. Fu concepito per contenere diverse concezioni di giardino e una collezione botanica proveniente da tutto il mondo, inclusi i frutti delle spedizioni scientifiche alle quali partecipava il fondatore Massimiliano d’Asburgo. E doveva anche contenere tutti gli alberi che avrebbero potuto rimboschire il Carso. Dunque sono state riaperte anno dopo anno le zone chiuse al pubblico, pericolose o invalicabili. Prima, l’assioma era Miramare=degrado. Ora si può invece definire un luogo aperto, dinamico, dove si fa attività di studio e di ricerca.
E per quanto riguarda l’interno? Cosa è cambiato?
Bisogna tenere conto che due anni dei cinque del mio mandato sono stati segnati dal Covid. In quel periodo ho preso una decisione drastica, ovvero sospendere le mostre temporanee e lavorare su qualcosa che potesse rimanere. Dunque si è proceduto a riqualificare l’ala novecentesca del castello, l’ala degli appartamenti privati del duca d’Aosta, si è investito sulle cucine, restaurato e aperto per la prima volta il bagno ducale, la torretta… Nella riqualificazione di quest’anno delle cucine sono state per la prima volta esposte tutte le porcellane, che prima erano ammassate in qualche modo nei depositi. Ora stiamo restaurando le serre antiche, ma abbiamo già proceduto con le serre nuove dove abbiamo creato una orangerie: era uno dei sogni non realizzati di Massimiliano d’Asburgo, che voleva un giardino mediterraneo, ma gli aranci morirono tutti per il freddo della bora. Ora ci siamo riusciti approntando delle serre come ricovero invernale per le piante. Nell’altra serra nuova c’è poi il Miralab, spazio didattico per ragazzi e bambini. Si spazia… Conta la fruizione, il luogo deve essere aperto al pubblico.
A che pubblico vi rivolgete in prima battuta? Locale, nazionale, internazionale?
Il nostro pubblico è variegato. Ne arriva molto anche dall’estero, dal confine Est: Austria, Germania… Ma ultimamente cominciamo a sentire altre lingue come francese e inglese, oltre al tedesco. I visitatori del parco, invece, sono in grandissima parte cittadini che vengono quasi ogni giorno per fare una passeggiata o leggere su una panchina, in un luogo molto poetico romantico utile a risollevare lo spirito.
Diversi musei puntano su mostre di “cassetta”. Qui sembra esserci un lavoro di segno opposto.
Va detto che nel periodo del Covid il nostro concessionario ci ha lasciato; in questi giorni viene assegnata la nuova gestione di mostre, biglietterie e bookshop. Da settembre avremo dunque un concessionario che si farà carico delle mostre e così non avremo solo esposizioni organizzate internamente. Io però sarò sempre contraria a iniziative puramente commerciali, esiste anche un commerciale di qualità che attrae senza svendere i siti e i musei: questa sarà la linea mia e del mio piccolo team. E continueremo comunque a proporre anche piccole mostre di ricerca, con un lavoro interno che tenda a far conoscere la collezione. Prima il racconto di Miramare veniva impostato solo in senso biografico e storico, ma abbiamo una raccolta con pezzi interessanti che vanno riscoperti e studiati.
Per esempio?
Qualche tempo fa ho iniziato a esplorare la biblioteca, alla ricerca di notizie sulla nascita del parco. E ho trovato un tesoro di ars botanica, libri bellissimi che nessuno aveva mai aperto né sfogliato e dei quali non si sapeva assolutamente nulla…
L’attuale mostra intitolata proprio Ars botanica-Giardini di carta nasce dunque da questa ricerca?
La mostra ha come cuore questa biblioteca dell’Ottocento con oltre settemila volumi – era una biblioteca d’uso, e non da collezione: ci dà un quadro di quella che era la cultura del tempo, degli interessi degli abitanti di questa magione. Ho cercato libri di botanica per capire come era nato il parco. E lì ho scoperto un mondo. Dai tantissimi libri dedicati a fiori e piante si evince che chi viveva qui conosceva molto bene i giardini d’Europa e le diverse concezioni di giardino dominanti e discusse in quell’epoca. Non a caso, uscendo dalla biblioteca, troviamo un giardino eclettico con una parte formale all’italiana, una parte paesaggistica e così via.
Cosa ha portato a galla questo studio?
Una delle scoperte principali è stato il ruolo di Carlotta, la consorte di Massimiliano, figura sempre un po’ in ombra di cui si sa molto poco tranne quel che si racconta (non sempre positivo). Molti dei libri di botanica erano suoi e portano il suo monogramma. Alcuni dei volumi che abbiamo sono considerabili esemplari unici, stampati in cinque copie delle quali una è in nostro possesso: le uniche cinque copie ritoccate a matita e acquerello. Di tutto questo nulla si sapeva ed è stata una rivelazione.
Come si struttura la mostra?
Le immagini dell’ars botanica sono esteticamente bellissime. Tanto che è difficile scegliere la pagina sulla quale aprire i volumi: ogni due mesi cambiamo la pagina, adattandoci a quello che c’è all’esterno, ai fiori che si trovano nel giardino. L’idea è di costruire un ponte tra il giardino vivente che sta all’esterno e il giardino di carta che sta nella biblioteca e di capire quanto uno abbia ispirato l’altro e quanto uno sia stato fonte per l’altro. Volevamo comprendere lo spiritus loci: c’è un cuore vegetale che emerge molto bene comparando giardino vivente e giardino di carta. Poi c’è una parte dell’esposizione dedicata ai libri sui giardini, una piccola introduzione all’illustrazione botanica…
Lato scientifico e lato estetico in questo campo vanno di pari passo. In mostra prevale la temperie culturale/scientifica dell’epoca oppure prende il sopravvento lo stile dei singoli illustratori?
In mostra, ad esempio, ci sono anche alcuni dei libri relativi alla spedizione scientifica di Massimiliano d’Asburgo in Brasile. Come risultato volle un libro grandioso, enorme e dotato di grandi immagini a colori, delle quali abbiamo anche le prove di stampa. Le illustrazioni sono bellissime dal punto di vista estetico ma è forte anche la componente scientifica – tutte le parti dei fiori sono sezionate, ingrandite e studiate. Quest’opera esemplifica bene il fatto che studio ed estetica andavano di pari passo: è nella nostra mentalità odierna che l’arte e la scienza non vanno insieme, anticamente non era così. Non ci si può “esimere” dalla bellezza quando si parla dell’anima vegetale delle piante. E un’altra cosa che emerge da questi libri è l’idea illuminista ancor prima che romantica di dare uno statuto, un valore e un rispetto al mondo vegetale, cosa che prima non esisteva. Un approccio molto moderno.
Quali sono i prossimi progetti in cantiere?
Stiamo preparando per dicembre una mostra sulle spedizioni scientifiche, in particolare su una spedizione di circumnavigazione del globo “sponsorizzata” da Massimiliano d’Asburgo, per la quale riunì a bordo della Novara, la sua nave preferita, un gruppo importante di studiosi di tutti gli ambiti. Per quanto riguarda le altre mostre a venire, inizieremo a breve il dialogo con il concessionario. E poi c’è il recupero dell’antica carrozzabile che univa le scuderie alla stazione ferroviaria detta “di Massimiliano”, che esiste tuttora… Il lavoro è tanto. In questi anni il bilancio è diventato quasi sei volte più grande, ma la squadra di lavoro è sempre la stessa.
Stefano Castelli
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