Al Prado una mostra sulle relazioni ebrei – cristiani nella Spagna del medioevo
Il tema è indubbiamente complesso e spinoso, considerando anche le tragiche vicende dell’attualità. La mostra affronta un capitolo fondamentale della storia della Spagna
Il Museo del Prado, letteralmente invaso dai visitatori, oltre alla straordinaria collezione permanente offre sempre mostre temporanee di alto rigore scientifico e di particolare interesse storico. Non è un caso che Lo specchio perduto. Ebrei e convertiti nella Spagna medievale – esposizione da poco inaugurata e allestita fino al 14 gennaio prossimo – sia stata selezionata dalla rivista ArtNet tra le quindici mostre imperdibili dell’autunno in Europa.
Lo specchio perduto, alle origini dell’antisemitismo
Dopo la splendida monografica dedicata a Guido Reni in primavera, il museo ha scelto di approfondire un capitolo fondamentale della storia di Spagna, quello delle relazioni fra comunità cristiana ed ebraica nel Medioevo. Il tema è indubbiamente complesso e spinoso, considerando anche le tragiche vicende dell’attualità. L’antigiudaismo e l’antisemitismo hanno radici antichissime in tutta Europa; in questo caso, però, non si tratta di una mostra dedicata a Sefarad (toponimo biblico con il quale in ebraico si intende la penisola iberica) o alla vita degli ebrei in Spagna. La sfida di Joan Molina – capo conservatore di pittura gotica del museo e rigoroso quanto appassionato curatore della mostra – è di rendere comprensibile al pubblico contemporaneo il ruolo che ebbero le immagini sacre nella relazione tra ebrei, convertiti e cristiani in un’epoca compresa tra il 1285 e il 1492, data dell’espulsione dei giudei dal Regno di Castiglia e Aragona.
Lo specchio perduto. L’iconografia e la storia
Il soggetto prescelto non appartiene, dunque, né alla storia dell’arte né alla storia tout cour, bensì alla storia delle immagini. Per specchio si intende, infatti, il ritratto dell’altro, che riflette in parte anche il modo di vedere di chi guarda: la percezione, cioè, che i cristiani spagnoli ebbero degli ebrei loro contemporanei, prima, e dei convertiti poi, a partire dalle massicce persecuzioni del 1391. La lettura approfondita delle opere d’arte esposte permette di scoprire un vero e proprio caleidoscopio di forme di propaganda religiosa, politica e sociale che contribuirono a forgiare non solo l’identità dei cristiani stessi, ma a creare l’iconografia e la fisiognomica dei giudei (con il naso aquilino, la pelle scura, il corpo deforme e alcuni attributi degli abiti). Immagini devozionali, ma anche satiriche, critiche e a volte persino miracolose, ciascuna con la propria storia, vengono create per evangelizzare secondo i canoni dell’ortodossia cristiana (come il dogma dell’Eucarestia, il Corpo di Cristo che i giudei intentano profanare; o il significato della Passione, nella quale gli ebrei divengono assassini di Cristo). L’uso di un linguaggio figurativo sempre più esplicito e violento incita i frequenti casi di antigiudaismo, prima, e di antisemitismo poi, e giustifica la spietata caccia agli eretici o falsi convertiti perpetrata dall’Inquisizione spagnola istituita nel 1478.
Capolavori d’arte gotica, antichi volumi e oggetti di devozione popolare
Realizzata in collaborazione con il Museo Nazionale d’arte di Catalogna di Barcellona – dove sarà allestita a partire da febbraio – la mostra riunisce una settantina di opere provenienti da entrambi in musei, ma anche da chiese, biblioteche, archivi e collezioni private spagnole e straniere. Tra dipinti, sculture, stampe, disegni ci sono anche alcuni antichi volumi preziosissimi, come la Hagadá Dorata, proveniente dalla British Library di Londra – un manoscritto miniato sul tema dell’Esodo commissionato dall’élite ebraica ad artisti cristiani – o l’esemplare della Fortalitium Fidei della Bibliotéque Nationale di Parigi, testo del 1460 che raccoglie i violentissimi sermoni contro ebrei e conversi di Fra Alonso de Espina; o infine la famosa Bibbia della Casa d’Alba, la prima tradotta dall’ebraico al castigliano.
La mostra è suddivisa in cinque sezioni, ben definite spazialmente e cronologicamente: ciascuna affianca a capolavori di maestri della pittura gotica – come Bartolomé Bermejo, Bernat Martorell, Antoniazzo Romano, Gherardo Starmina, Gil de Siloé, la bottega di Van Eyck e Pedro Berruguete – opere di autori anonimi e alcuni curiosissimi oggetti di devozione popolare, tutti pezzi in ottimo stato di conservazione. Tra i primi, l’allegorica Fonte della Grazia, opera della bottega del fiammingo Van Eyck datata 1430-40, illustra bene la diversità fra Chiesa e Sinagoga, quest’ultima personificata da un rabbino bendato; il Busto di Cristo,dipinto da Antoniazzo Romano intorno 1495 imitando l’icona di San Giovanni in Laterano, è una commissione di un abate spagnolo convertito per dimostrare l’autenticità della propria fede. È impressionante il Crocifisso espressionista di Diego de Siloé; le tavole di Bermejo (non a caso pittore convertito) mettono in evidenza invece tutta l’umanità carnale di Gesù.
I San Benitos e la scenografia dell’inquisizione
Nell’ultima sezione, intitolata la Scenografia dell’Inquisizione, l’Auto da fé presieduto da Santo Domingo de Guzmán, opera emblematica di Pedro de Berruguete, chiude idealmente il cerchio della narrazione: il maestro della pittura ispano-flamenco realizza, infatti, alla fine del Quattrocento, un ciclo di opere per il convento domenicano di Santo Tomás ad Avila, un vero e proprio programma iconografico che giustifica l’operato antisemita dell’inquisitore Tomás de Torquemada. Tra gli oggetti più curiosi di questo Specchio Perduto medievale ci sono la collana giudia con amuleti apotropaici de Les Roquetes (Tarrega), decorata con gli stessi amuleti che usavano i cristiani; il Cristo de la cepa (una radice di vite con forma di crocifisso, venerato intorno al 1400); ma soprattutto i San Benitos. Questi ultimi venivano indossati dai condannati al rogo (talvolta per fortuna anche graziati) dall’Inquisizione spagnola: erano casacche di iuta, con le colpe scritte sul petto, che in gran quantità poi venivano appese alle pareti delle chiese di Castiglia, come monito per i fedeli e minaccia contro l’eresia.
Per l’occasione, infine, il Prado pubblica un catalogo, a cura dello stesso Joan Molina, che in realtà è un compendio di saggi che trattano il delicato quanto complesso tema sotto i diversi aspetti, storici, religiosi, artistici e sociali.
Federica Lonati
Madrid// fino al 14 gennaio 2024
El Espejo perdido
Museo del Prado
C. de Ruiz de Alarcón, 23
www.museodelprado.es
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