Gli eco-attivisti attaccano la Venere di Velázquez a Londra. A martellate!

Per la prima volta un’azione dimostrativa dei collettivi ambientalisti ai danni dell’arte nei musei non si limita al lancio di innocua vernice, ma colpisce il vetro protettivo di un’opera. La stessa Venere già “ferita” da una suffraggetta nel 1914

Una foto in bianco e nero, nella Londra del 1914, immortala l’arresto di Mary Richardson, circondata da gendarmi e funzionari concitati, rea di aver appena “ferito” alla schiena la Venere Rokeby di Diego Velàzquez, conservata già allora presso la National Gallery. Un altro fotogramma d’epoca testimonia i numerosi fendenti inferti alla tela del pittore spagnolo, unico nudo conosciuto dipinto da Velazquez, con il coltello impugnato dalla suffraggetta inglese, in protesta contro l’arresto di Emmeline Pankhurst, leader dei movimenti pro-suffragio. I colpi assestati alla Venere furono sanati prontamente dal restauro affidato a Helmut Ruhemann, e dei tagli oggi non c’è più traccia. L’episodio è però passato alla storia come atto dimostrativo ed eclatante, ai danni di un’opera d’arte, per portare l’attenzione su un’urgenza di interesse comune – al tempo la necessità di estendere il diritto di voto alle donne.

Just Stop Oil all'attacco della Venere Rokeby di Velazquez
Just Stop Oil all’attacco della Venere Rokeby di Velazquez

Dal 1914 al 2023. Gli eco-attivisti contro la Venere Rokeby

E la storia si ripete oggi, a un secolo di distanza, con l’azione perpetrata e rivendicata dagli attivisti del collettivo Just Stop Oil nella mattinata del 6 novembre, ancora una volta ai danni della martoriata Venere Rokeby (scelta, evidentemente, non casuale): un blitz eseguito con la formula ormai ascrivibile con facilità ai rappresentanti delle organizzazioni ambientaliste che in diversi Paesi d’Europa – e del mondo – sono impegnati a smascherare l’indolenza delle potenze mondiali verso la crisi climatica. Però più “efferato”, dal momento che i due attivisti capaci di eludere il servizio di sorveglianza della National Gallery muniti di due martelletti utilizzati per rompere i vetri in caso di emergenza non si sono limitati a gettare vernice sul vetro protettivo dell’opera – come già visto sempre alla National Gallery con i Girasoli di Van Gogh, e in altri musei (si pensi al purè lanciato sul Pagliaio di Monet a Postdam, in Germania), o ai danni di monumenti pubblici ed edifici storici, spesso anche in Italia, da Palazzo Vecchio a Firenze alla Barcaccia di Roma – ma hanno iniziato a martellarlo, provocando dei grossi buchi in superficie, senza per questo arrivare a danneggiare la tela (eventualità, però, tutt’altro che improbabile in partenza).

A suggellare l’azione, i ragazzi hanno pronunciato davanti ai visitatori interdetti poche parole eloquenti, evocando il gesto di Richardson e le battaglie femministe di inizio Novecento: “Le donne non hanno ottenuto il diritto di voto votando; è tempo di fatti, non di parole. La politica ci sta deludendo. Ha deluso le donne nel 1914 e sta deludendo noi ora”. Il dipinto datato 1647 è sopravvissuto al nuovo attacco, sottoposto a un esame dettagliato da parte dei conservatori del museo, per escludere la compromissione della tela; mentre i due eco-attivisti sono stati fermati. La protesta di Just Stop Oil verte sull’appello, ancora inascoltato dal governo britannico, a interrompere tutte le licenze per l’esplorazione, lo sviluppo e la produzione di combustibili fossili nel Regno Unito. Proprio un’altra istituzione culturale londinese di peso come il British Museum era stata, all’inizio dell’estate scorsa, al centro di una polemica circa l’inopportunità di protrarre il longevo rapporto di partnership con la compagnia petrolifera BP, da quasi 30 anni sponsor del museo.

Livia Montagnoli

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