Il fascino dei gioielli etruschi nella Collezione Castellani 

Durante il Grand Tour dell’Italia, una tappa d’obbligo dopo il Colosseo era la bottega degli orafi Castellani. A loro si devono i gioielli ispirati ai reperti etruschi e protagonisti di una mostra alla Fondazione Rovati di Milano

C’è un monogramma con la doppia C inventato e diffuso nell’alta società femminile, prima che si legasse al nome di Chanel: quello della famiglia Castellani. Per riscoprirne la storia bisogna risalire alla Roma di inizio Ottocento, ai tempi del Grand Tour, che vedeva approdare in città i giovani aristocratici e artisti internazionali. Oltre al Colosseo e ai monumenti irrinunciabili, una tappa fondamentale divenne presto proprio la bottega Castellani, aperta nel 1814 in via del Corso e in seguito trasferita e ampliata di fronte alla Fontana di Trevi. Dal suo laboratorio uscivano manufatti unici; vere opere d’arte in forma di spille, collane, bracciali e orecchini. I Castellani lasciarono il segno nella storia per essere stati gli inventori del gioiello archeologico. Una moda ispirata all’antico, etrusco ma non solo. La mostra alla Fondazione Rovati di Milano, che ospita una selezione di monili da loro prodotti o collezionati, è un’occasione unica per ammirare questi tesori.  

Tesori Etruschi, installation view at Fondazione Rovati, Milano. Photo Daniele Portanome
Tesori Etruschi, installation view at Fondazione Rovati, Milano. Photo Daniele Portanome

La storia della famiglia di orafi Castellani 

Le origini dei Castellani 

Il capostipite di questa dinastia, che ha lasciato il segno nel mondo dell’artigianato Made in Italy (prima ancora che lo si definisse tale), fu Fortunato Pio Castellani. Nel 1814, quando Roma era sì tappa dei popolari viaggi in Italia, ma ancora indietro rispetto alle moderne capitali europee, decise coraggiosamente di avviare la sua attività orafa in via del Corso. Attività, i cui prodotti erano inarrivabili per le tasche della maggior parte del popolo romano. Non erano destinati a loro, bensì alle facoltose dame che accompagnavano i mariti in visita in città. Prendendo spunto dai reperti che emergevano dagli scavi – si pensi ai corredi funebri delle tombe etrusche di Cerveteri, o alle meraviglie di Pompei ed Ercolano – Fortunato Pio inaugurò il genere del gioiello archeologico, un tipo di monile che riportava in auge le tecniche di lavorazione antiche: la filigrana, la granulazione, e il micromosaico. Oltre che abile artigiano, egli era anche colto e appassionato collezionista dei tesori a cui si ispirava. La bottega dei Castellani divenne nota tanto per la produzione, quanto per la raccolta di gioielli e altri reperti. 

Lo sviluppo della produzione di gioielli 

Il decollo dell’attività giunse nel momento in cui, alle doti tecniche del capostipite, si affiancò l’estro creativo del duca Michelangelo Caetani. È a lui che si devono le idee più raffinate e di successo. Un esempio sono i bracciali e i ciondoli decorati con micromosaici ispirati alle volte delle chiese bizantine e ravennate. Oppure la spilla con la scritta palindroma “AMO ROMA”: un vero souvenir must have per i nobili turisti dei tempi. Anche il monogramma con la doppia C, firma inconfondibile dell’officina romana, fu introdotto con l’arrivo del nuovo collaboratore. Le due lettere cominciarono a essere utilizzate su ciascun manufatto solo dopo il 1826, anno di nascita del sodalizio creativo tra Caetani e Castellani, cognomi dalle cui iniziali origina il logo. La nuova generazione di Castellani portò l’attività al massimo del suo sviluppo. Il figlio Augusto si dedicò al design, mentre suo fratello Alessandro rimase adibito agli aspetti commerciali. Da via del Corso, si spostarono nella nuova sede presso la Fontana di Trevi. Un palazzo signorile, degno di accogliere la nuova clientela aristocratica che arrivò a contare anche Napoleone III in persona. La seconda metà dell’Ottocento vide l’inaugurazione di altre due succursali, una a Napoli e una a Parigi. Ma la moda dei Castellani arrivò anche oltreoceano: nel 1876 parteciparono alla Centennial Exposition di Philadelphia, e l’anno dopo esposero al newyorkese Metropolitan Museum. Questa ascesa sembrava senza fine… quando l’Art Nouveau arrivò a cambiare le carte in tavola, rimpiazzando il gusto per l’antico archeologico. Era il 1919 quando Alberto, erede della famiglia, decise di donare gran parte della collezione di gioielli e reperti al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia. Dal business, il nome dei Castellani passò alla storia dell’arte. 

Tesori Etruschi, installation view at Fondazione Rovati, Milano. Photo Daniele Portanome
Tesori Etruschi, installation view at Fondazione Rovati, Milano. Photo Daniele Portanome

La Collezione Castellani di Villa Giulia 

Dal 1930, a seguito della donazione di Alfredo, il piano nobile del museo di Villa Giulia ospita la Collezione Castellani. Più di 6000 pezzi, che spaziano dai gioielli moderni agli oltre duemila reperti antichi. La stessa organizzazione cronologica e tematica seguita allora nell’esporre la collezione di famiglia è replicata oggi nel museo romano.  
Si parte con l’oreficeria antica, che tocca le produzioni picene dell’VIII-VII secolo a.C., e il vastissimo panorama degli Etruschi, i più grandi maestri nelle tecniche della filigrana e della granulazione. Seguono le corone auree e gli orecchini tipici dell’Età Ellenistica, e le collane romane, caratterizzate da uno stile più sobrio, in cui sono le pietre colorate intagliate ad arricchire gli ornamenti.  
Entrando nel periodo altomedievale, la collezione enumera manufatti dedicati alle donne Longobarde, e si spinge oltre, arrivando fino al Rinascimento. Rimangono a sé le raccolte relative all’artigianato orientale e precolombiano, e la sezione dedicata alla glittica (scarabei, agate e altre pietre dure). 
In contrapposizione dialogica alla collezione storica, più o meno antica che sia, si pongono i gioielli archeologici realizzati dai Castellani. Alcuni sono vere e proprie riproduzioni ottocentesche di modelli e tecniche arcaiche; altri hanno tratti più legati al gusto del XIX secolo, pur rimanendo ispirati ai soggetti e alle forme di un tempo.

La mostra alla Fondazione Rovati di Milano 

Il progetto e le sezioni 

Per la prima volta in assoluto (salvo l’eccezione del furto di 27 pezzi nel 2013) i gioielli della Collezione Castellani abbandonano le sale di Villa Giulia. Un evento reso possibile dalla sinergia creatasi tra il museo romano e la Fondazione Rovati. È il segno del nuovo ruolo sociale che questi manufatti vogliono assumere: un mezzo per supportare cultura e ricerca, entrando in dialogo con la società. La mostra milanese rappresenta a pieno questo impegno, nel suo illustrare una panoramica completa della Collezione, intrecciata con i reperti della Fondazione. 
Sei le sezioni, ciascuna pensata attorno a un tema preciso: i Capolavori, l’Oreficeria, l’universo femminile, i commerci, il mito di Eracle e la storia della famiglia Castellani. Ad aggiungersi c’è un salto nel contemporaneo, con le opere di Chiara Camoni (Piacenza, 1974); si tratta di sculture e festoni che paiono enormi collane di conchiglie, una variante oceanica dei manufatti antichi.  
Per quel che riguarda i reperti archeologici in mostra, si contano i gioielli, ma anche una vasta rassegna di ceramiche: vasi e anfore, a figure rosse o nere, di varie provenienze greche, commerciate dagli Etruschi o prodotte localmente in Italia. Testimonianza del fascino orientale che la Grecia esercitava sui popoli italici. 

I gioielli Castellani in mostra 

Tra tutti i tesori di famiglia in mostra, si rimane senza fiato davanti ai gioielli. Siano essi reperti etruschi, o manufatti ottocenteschi. La coppia di orecchini a bauletto, filigranati e con minuscoli granuli d’oro, è un primo capolavoro di mano antica, come lo è anche la collana bronzea decorata a bulle (motivi a spirale), riprodotta uguale nella versione moderna. Ciò che più cattura l’attenzione sono però due pezzi che attrassero allo stesso modo anche i ladri nel 2013. Il primo è un bracciale d’oro massiccio, ornato con un micromosaico a forma di farfalla notturna. Ricorda la favola di Amore e Psiche, i cui nomi in greco sono riportati, sempre a mosaico, ai due lati. L’altro gioiello in questione è una spilla in lamina dorata, lavorata a formare tre cartigli. Al centro, un quarzo intagliato, con la firma (dettaglio raro) dell’incisore di fiducia dei Castellani, Luigi Pichler. Una ulteriore conferma del valore artistico di questi manufatti, data dall’appartenenza di questo artigiano alla prestigiosa Accademia di San Luca. 

Emma Sedini 



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Emma Sedini

Emma Sedini

Etrusca e milanese d'origine in parti uguali, vive e lavora tra Milano e Perugia. È laureata in economia e management per arte, cultura e comunicazione all'Università Bocconi, e lì frequenta tutt'ora il MS in Art Management. Nel frattempo, lavora in…

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