Al MAO di Torino 2000 anni di connessioni culturali tra Europa e Asia orientale
Scambi, connessioni, intersezioni nel passato. 2000 anni di cultura visiva e scambi commerciali fra il Mediterraneo e l’Asia orientale in una mostra a Torino
È un viaggio che si fa strada tra le pieghe della storia e della bramosia dell’uomo quello offerto dal Museo di Arte Orientale di Torino fino al prossimo 1 settembre 2024. Un excursus di circa duemila anni che pone l’attenzione su tutte quelle esigenze economiche e culturali che, fra contaminazioni artistiche e condivisioni di conoscenze, hanno dato il via a un lungo assottigliamento dei confini geografici fra l’area del Mediterraneo e l’Asia orientale. A suggerire la natura in qualche modo fluida del progetto espositivo è il titolo stesso, Trad u/i zioni d’Eurasia: un titolo che, seppure di non facile lettura, rivela sin da subito una narrazione fatta di scambi, di tramandamenti e di appropriazioni, sia di beni sia di saperi differenti.
La mostra Trad u/i zioni d’Eurasia
Concepita come terzo capitolo del progetto museale Frontiere liquide e mondi in connessione, la mostra si avvale della curatela di Laura Vigo, Veronica Prestini, Nicoletta Fazio ed Elisabetta Raffo per donare nuove chiavi di lettura alle opere prese in analisi. Strutturato lungo le sale del piano nobile del museo, il percorso espositivo accoglie lo spettatore con Mosadegh, l’installazione luminosa dell’artista iraniana Shadi Harouni collocata all’interno della Sala Mazzonis. Ed è proprio la luce a fungere da elemento cardine di tutta la mostra, da leitmotiv che, sia nel bene che nel male, non può lasciare indifferenti. Metafora di intuizione, di purezza e del divino, la luce bianca pervade tutto l’itinerario, pavimenti inclusi poiché ricoperti da moquette chiare in grado di restituire una certa sospensione ultraterrena (come suggerisce anche Distilled, il commento sonoro realizzato da Chiara Lee e Freddie Murphy per accompagnare l’intera visita). Costituita da un ristretto numero di oggetti provenienti dall’Asia occidentale, centrale e orientale – prestati da importanti istituzioni italiane come la Fondazione Bruschettini per l’Arte Islamica e Asiatica, il Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza e i Musei Reali di Torino –, Trad u/i zioni d’Eurasia indaga quei numerosi fattori che nel corso del tempo hanno condizionato la fruizione stessa di utensili e l’assecondamento di determinate tendenze. Suddivisa in aree tematiche che si riferiscono a colori e a materie precise, la mostra ospita reperti estremamente preziosi come stoffe d’oro e di seta del XIII secolo prodotte tra Iran e Cina durante la dominazione mongola e una serie di bruciaprofumi zoomorfi in metallo di manifattura iraniana datati tra il IX e il XIII secolo.
L’allestimento della mostra Trad u/i zioni d’Eurasia
A chiudere l’esposizione è Shimmering Mirage (Black), la stupefacente opera contemporanea di Anila Quayyum Agha: un’installazione ad alto tasso di instagrammabilità che prende vita nell’ultima stanza pervadendone ogni superficie con ombre scaturite da un bulbo luminoso posizionato all’interno di una struttura cubica finemente traforata. E se alla fine si rimane del tutto estasiati dalla forza della luce non si può dire lo stesso dell’effetto controproducente che si percepisce invece lungo quasi tutto l’itinerario espositivo. Macchia nera della mostra è infatti l’allestimento generale che sembra non aver tenuto troppo conto delle conseguenze del posizionamento di faretti e altre fonti luminose in prossimità di teche e piedistalli non proprio moderni. Visivamente troppo pesanti ed eccessivamente riflettenti, le strutture in questione mettono a dura prova la capacità di osservare in maniera nitida trame e colori di opere estremamente raffinate: una soluzione allestitiva dettata sicuramente da una commistione di interessi che però incide negativamente sulla percezione dell’intero progetto.
Collaborazioni e progetti futuri del Mao
Trad u/i zioni d’Eurasia però non finisce qui. Com’è ormai da tradizione per il museo torinese, durante il suo svolgimento la mostra sarà soggetta a modifiche in corso d’opera che prevedranno anche un intervento site-specific dell’artista franco-marocchina Yto Barrada in collaborazione con la Fondazione Merz. A rendere il tutto ancora più corposo saranno Freddie Murphy e Chiara Lee che, anche questa volta, cureranno un attento public program musicale inaugurato lo scorso 4 ottobre con l’esibizione dal vivo del cantante egiziano Abdullah Minyawi.
Valerio Veneruso
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