Storia del primo presepe al mondo. Che è custodito in un’importante basilica di Roma

La basilica paleocristiana, scelta come luogo di sepoltura da Papa Francesco, vanta un primato insolito. Fu il primo pontefice francescano della storia, Niccolò IV, a commissionare il presepe scolpito nel marmo ad Arnolfo di Cambio, nel 1291

Balzata agli onori della cronaca per le dichiarazioni di Papa Francesco, la basilica romana di Santa Maria Maggiore, fondata nel IV secolo e riedificata nel V (nella ricostruzione di Sisto III) sul colle Esquilino, è prodiga di aneddoti e primati, dal miracolo fondativo della nevicata, rievocato ogni 5 di agosto, al primo ciclo figurativo a mosaico apparso in una chiesa romana, con storie del Vecchio Testamento e dell’Infanzia di Cristo dai Vangeli apocrifi che scandiscono, rispettivamente, la navata centrale e l’arco trionfale. In una recente intervista alla tv messicana N+, Bergoglio ha espresso la volontà di essere sepolto nella basilica cosiddetta Liberiana, contrariamente alla consuetudine che vuole gran parte dei pontefici – e tutti i suoi predecessori del Novecento – riuniti nelle grotte di San Pietro. La scelta di Papa Francesco si lega alla sua devozione verso la Salus Populi romani, icona bizantina di Maria custodita nella Cappella Paolina di Santa Maria Maggiore, la sola, peraltro, a conservare una struttura paleocristiana ben leggibile tra le quattro basiliche romane. Solo all’inizio del Seicento l’immagine devozionale, dipinta secondo la tradizione da San Luca, fu collocata nella sede attuale, ed è proprio a cavallo tra XVI e XVII secolo che il suo culto si salda con la devozione gesuita – ordine cui Francesco appartiene – da Ignazio di Loyola in avanti. Anche l’ultimo pontefice sepolto a Santa Maria Maggiore, Clemente IX Rospigliosi, visse nel Seicento (morì il 9 dicembre 1669); prima di lui scelsero la basilica sull’Esquilino come luogo di riposo eterno San Pio V, Sisto V, Clemente VIII e Paolo V Borghese, che diede il nome alla Cappella Paolina (ma tra le personalità illustri si segnala anche la presenza di Gian Lorenzo Bernini).

Cappella Sistina, Basilica di Santa Maria Maggiore. Daderot, Public domain, via Wikimedia Commons
Cappella Sistina, Basilica di Santa Maria Maggiore. Daderot, Public domain, via Wikimedia Commons

La Basilica di Santa Maria Maggiore e l’Oratorio del Presepe

A proposito di primati, però, la basilica vanta anche un’insolita peculiarità, poiché custodisce il primo presepe mai realizzato nella storia, a opera di Arnolfo di Cambio, scolpito nel marmo bianco nel 1291. Il gruppo scultoreo, citato come “presepio di Gesù Cristo” nelle Vite di Vasari, fu commissionato dal pontefice Niccolò IV (1288 – 1292) circa settant’anni dopo la messa in scena del primo presepe vivente ideato da San Francesco a Greccio, nel 1223; doveva trovarsi, in origine, nell’Oratorio dedicato alla Natività di Cristo – poi trasferito nella cripta della Cappella del Santissimo Sacramento, grazie all’ingegnoso espediente di Domenico Fontana (1585-1590) – rintracciabile presso la navata destra della basilica. Niccolò IV, primo francescano eletto al soglio pontificio, omaggiava così il valore spirituale e artistico insieme della rappresentazione promossa da Francesco: l’iconografia della Natività di Cristo, come pure quella dell’Adorazione dei Magi, era già largamente codificata e diffusa in pittura (e miniatura) all’epoca, come pure in bassorilievi e gruppi scultorei, o mosaici, molto più antichi.

Il presepe di Arnolfo di Cambio nella nicchia della Cappella Sistina, prima del restauro. Fototeca Zeri, photo Anderson
Il presepe di Arnolfo di Cambio nella nicchia della Cappella Sistina, prima del restauro. Fototeca Zeri, photo Anderson

Il primo presepe della storia, a opera di Arnolfo di Cambio

Per la prima volta, però, si chiedeva ad Arnolfo di inscenare l’esperienza della Natività, con lo spirito che, da quel momento in avanti, avrebbe definito il presepe. Non casuale, il nesso con la destinazione originale, l’Oratorio di cui sopra, fondato nel VII secolo e intitolato al Presepe perché destinato ad accogliere la reliquia della mangiatoia dove fu adagiato Gesù (praesepium) arrivata da Betlemme. All’epoca, sotto il pontificato di Teodoro I, la sua presenza portò a ribattezzare la basilica Sancta Maria ad Praesepium, rendendola, agli occhi dei pellegrini che giungevano a Roma durante le festività natalizie, una “seconda Betlemme”. Il “presepe” di Arnolfo rinsaldava questo ruolo.
Quando Fontana restaurò l’Oratorio, prima di ricollocarlo nella Cappella del Santissimo Sacramento (o Sistina, dove si trova ancora oggi), il presepe di Arnolfo fu sistemato in una nicchia appositamente ricavata alle spalle dell’altare, dov’è rimasto, “murato”, fino agli Anni Duemila, prima di essere restaurato (2005) e svincolato da una collocazione permanente: abitualmente conservato nella Cappella Sistina, da qualche anno a questa parte, in concomitanza con il Natale, il presepe tardo-duecentesco, capolavoro della scultura gotica italiana, viene presentato al pubblico in allestimenti inediti (nel 2022 fu esposto nella navata sinistra).
Frutto dell’ultima attività dello scultore toscano, attivo tra Firenze e Roma a cavallo di XIII e XIV secolo, il presepe di Santa Maria Maggiore è composto da cinque sculture, ad altorilievo più che a tutto tondo, pensate per intrecciare un dialogo di sguardi oggi non facilmente ricostruibile: San Giuseppe avvolto nel suo mantello, con le mani incrociate appoggiate sul bastone; i tre Magi, di cui uno orante, inginocchiato e mostrato di spalle, gli altri due scolpiti in un’unica lastra; le teste del bue e dell’asinello; il gruppo della Madonna con Bambino, originale di Arnolfo, però ritoccato nei panneggi alla fine del Cinquecento.
Alla popolarità del presepe della “seconda Betlemme” si attribuisce la diffusione di analoghi gruppi scultorei in altre chiese romane, e la successiva affermazione della tradizione diventata simbolo del Natale.

Livia Montagnoli

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