Al via il restauro della piramide di Giza. Ma egittologi e archeologi non lo vedono bene
Scopo del progetto è quello di ripristinare il rivestimento esterno per far tornare la piramide al suo antico splendore. Un progetto importante – ma invasivo – che suscita perplessità e malcontento tra gli addetti ai lavori
Il complesso delle piramidi costruite circa 4000 anni fa sull’altopiano roccioso di Giza, in Egitto, comprende tre tombe: la più grande (nonché più famosa) dedicata a Cheope, che misura 147 metri di altezza, quella di Chefren di 136 metri e, infine, la piramide di Micerino di 61 metri. Quest’ultima, la più piccola dell’area, apparteneva al faraone Micerino della IV dinastia e aveva un rivestimento esterno composto da blocchi di granito, oggi in gran parte perso a causa dell’usura del tempo. Con l’obiettivo di ripristinare l’antico splendore della piramide, si è avviato un piano di restaurazione triennale che vede la collaborazione tra il governo egizio e un team di archeologi giapponesi con a capo Mostafa Waziri, segretario generale del Consiglio Supremo delle Antichità in Egitto. Questi, in un video pubblicato sui suoi canali social, sottolinea che “ripristinare l’involucro di granito della piramide è significativo e cruciale”, ma non tutti sono d’accordo con lui.
Restaurare la piramide di Micerino a Giza: giusto o sbagliato?
Il piano di restauro si basa sul ripristino dell’aspetto originario dell’antica piramide di Micerino, oltrepassando il concetto che la tomba sia soggetta all’usura del tempo e all’impatto degli agenti atmosferici, tanto da esserne – inevitabilmente – segnata. Questo progetto, sebbene venga definito come “un dono dell’Egitto al mondo”, ha una natura invasiva e non è visto di buon occhio dagli archeologi ed egittologi come Monica Hanna, che dichiara ad Artnews: “l’unica cosa che mancava era aggiungere piastrelle alla piramide di Micerino! Quando fermeremo l’assurdità nella gestione del patrimonio egiziano?”. Infatti, il governo egiziano punta molto sul suo patrimonio storico artistico dato l’elevato numero di turisti che ogni anno visitano le coste e le grandi città egizie.
Tuttavia, preservare non vuol dire “intaccare” un’opera o un monumento, ma conservarlo e “aiutarlo” a contrastare gli agenti esterni (nel limite del possibile). Quello di Monica Hanna è solo uno dei commenti taglienti che si possono leggere sotto al video pubblicato dal responsabile dei lavori Mostafa Waziri, a cui si aggiungono altri che chiedono “a quando il raddrizzamento della torre di Pisa”.
Valentina Muzi
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