A Roma la mostra che celebra la scoperta della grande città etrusca di Spina
L’Etruria con la sua complessa e raffinata cultura e la scoperta di Spina, città che scandì importanti rapporti economici, politici e culturali con i popoli che convergevano nel Mediterraneo sono al centro di una grande mostra al Museo Nazionale Etrusco
Un evento che rappresenta la terza e ultima tappa delle celebrazioni iniziate a Comacchio e proseguite poi a Ferrara, in occasione del centenario della scoperta di Spina, una delle più importanti città etrusche dell’Adriatico. Scoperta il 3 aprile del 1922 nei pressi di Comacchio, Spina – tra i secoli V e IV a. C. – è stata uno dei maggiori porti commerciali del Mediterraneo, rappresentando l’anello di congiunzione tra Occidente e Oriente. Grazie all’avvio dei lavori di bonifica della Valle Trebba e poi agli scavi di Valle Pega, nell’arco di pochi decenni dopo essere stata sommersa per secoli, Spina tornò finalmente alla luce con oltre quattromila sepolture per lo più intatte, restituendo così uno dei più importanti nuclei al mondo di ceramiche di importazione attica.
Spina, l’Etruria e il contesto mediterraneo
Una città importante citata da illustri scrittori antichi quali Strabone, Plinio il Vecchio e Dionisio di Alicarnasso, che nei loro testi descrivevano la grande potenza marinara rappresentata da Spina, la floridezza commerciale e il suo stretto legame con la cultura greca; una connessione profonda, testimoniata dalle oltre settecento opere in mostra, provenienti da istituti italiani ed esteri, che dialogano con le collezioni permanenti del museo e accompagnano il visitatore in un percorso unico in cui si intrecciano storia, mito e archeologia. Da Spina a Pyrgi, dall’Adriatico al Tirreno, il viaggio rintraccia le origini degli Etruschi, descrivendo le loro relazioni commerciali, culturali e sociali, ripercorrendo l’eccezionale contributo scientifico che gli scavi della città di Spina hanno dato alla conoscenza della storia del Mediterraneo.
La mostra sul ritrovamento di Spina a Villa Giulia
Il percorso espositivo è introdotto da una serie di approfondimenti tematici che, attraverso un’accurata selezione di reperti, offre al visitatore un’ampia visione degli orizzonti storici che collegavano Caere/Agylla l’odierna Cerveteri, con Pyrgi e Spina. Una connessione temporale che rimanda ai viaggi di Ulisse e alle imprese di Eracle in Occidente, attraverso un inedito accostamento tra l’imponente cratere della tomba 579 di Valle Trebba e il coevo Altorilievo di Pyrgi (entrambi rappresentanti il mito dei Sette contro Tebe, un potente monito contro le inciviltà e le barbarie delle guerre fratricide). Un suggestivo sistema di videoproiezioni, inoltre, coinvolge lo spettatore in un crescendo immersivo che ricrea il contesto originale in cui l’Altorilievo di Pyrgi era inserito, rivelandone così tutto il complesso significato simbolico e storico.
Le tappe della mostra si diramano attraverso sette sezioni, che compongono un vero e proprio percorso iniziatico che comincia con la sala dedicata al rinvenimento di Spina, documentato nei giornali di scavo dall’assistente Giovanni Proni attraverso una fotografia emotiva che con profonda sensibilità cattura il momento della scoperta, e prosegue poi con la ricostruzione del contesto ambientale nel quale la città fiorì e si sviluppò. Un paesaggio ostico, quello del Delta del Po dominato magistralmente dagli etruschi che incontrano idealmente il mito di Dedalo nelle raffigurazioni del vaso in bucchero datato 630-620 a.C., in cui è raffigurato il celebre inventore che per i greci rappresenta colui che domina un ambiente difficile e inospitale, alludendo metaforicamente alla maestria idraulica degli etruschi nel bonificare un ambiente così insidioso.
La civiltà etrusca in mostra a Roma, tra commerci e riti
Troviamo poi le sale dedicate ai commerci e alle relazioni di forza fra i vari popoli del Mediterraneo, evocate dalla selezione di anfore da trasporto, dal Dinos attico a figure nere realizzato da Exekias all’epoca della battaglia di Alalìa, o dall’Hydria etrusca a figure nere dedicata al mito della metamorfosi dei pirati tirreni trasformati in delfini da Dioniso. Si celebra così lo stretto legame, spesso competitivo, tra Greci ed Etruschi, che vide questi ultimi primeggiare nel controllo dei mari che cingono la Penisola italiana e commerciare il loro vino in tutto il Mediterraneo.
Un’importante selezione dagli oltre 4000 corredi funerari restituiti dalle necropoli descrive la forte valenza rituale di stampo ellenico che ricalca anche la città di Spina all’interno degli spazi dedicati alla memoria. Un’accurata raccolta di oggetti ricompone le modalità di sepoltura e i rituali funebri attraverso i quali la città celebrava i propri antenati. Alla sfera evocativa si contrappongono le risorse agricole e faunistiche, con le attività produttive e artigianali fino ad arrivare nel vivo della città, penetrando idealmente nell’intimità quotidiana dei rituali domestici. Una terracotta votiva raffigurante Enea e Anchise in fuga da Troia chiude idealmente il percorso, celebrando il primo oggetto restituito dalle sabbie di Spina nel 1668. Come un uroboro temporale, la storia di Spina torna così al suo principio e completa un ciclo che, attraverso l’eco della storia e dell’archeologia, si rivela in continua evoluzione e quindi sempre in vita.
Nadja Gardini
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