Indagine a Perugia sul Maestro che “inventò” l’iconografia di San Francesco
Il suo nome è perduto, ma le sue opere dimostrano che fu un pittore straordinario, capace di contribuire alla diffusione dell’iconografia del Poverello di Assisi. Al Maestro di San Francesco Perugia dedica una mostra straordinaria di dipinti del Duecento
Nel blu, lo stesso blu che ricopre le volte della basilica inferiore di Assisi, si svela un enigma: quello di un artista ignoto, autore di croci, pale d’altare e soprattutto delle pitture murali che per la prima volta hanno narrato la vita di san Francesco paragonandola a quella di Cristo. La Galleria Nazionale dell’Umbria espone gran parte delle principali opere mobili del Maestro di San Francesco, mettendole in relazione tra loro e con lo scenario dell’arte umbra della seconda metà del XIII secolo. E, pur sinteticamente, fa anche il punto della pittura duecentesca in Italia.
Un maestro tra Giunta e Cimabue
Il progetto espositivo è stato concepito circa tre anni fa – quando era ancora direttore della GNU Marco Pierini – con lo scopo di valorizzare le collezioni del museo. “Il fulcro della mostra è costituito dall’abbinamento tra la croce del Maestro di San Francesco e il dossale d’altare, entrambi provenienti dalla chiesa di San Francesco al Prato di Perugia” dichiara Veruska Picchiarelli, una delle curatrici, nonché conservatrice del museo. “Per la prima volta vengono riunite la grande croce e le parti del dossale disperse in vari musei, esponendole in un allestimento che richiama la zona absidale della chiesa per cui le opere furono concepite”. Inoltre, anche grazie alla preziosa collaborazione delle comunità francescane del territorio, sono state concesse in prestito tre opere che costituiscono delle reliquie: una splendida stauroteca, il reliquiario che custodisce un frammento della croce di Cristo, proveniente da Cosenza; la pala con San Francesco tra due angeli proveniente dalla Porziuncola, opera da cui ha preso il nome il Maestro di San Francesco, il quale la dipinse proprio sull’asse che accolse il santo nel momento della morte; e infine la tavola del Maestro di Santa Chiara, raffigurante la religiosa affiancata dalle storie della sua vita. Quest’ultima, pur non essendo una reliquia in senso stretto, è molto venerata nella basilica omonima di Assisi.
La mostra si inerisce nelle celebrazioni per gli 800 anni dall’impressione delle stigmate a San Francesco, ed ecco allora spiegata l’ampia scelta di croci dipinte che sono funzionali al tema nonché all’inquadramento storico-artistico del protagonista della mostra che, come sottolinea il curatore Andrea de Marchi, si pone tra Giunta Pisano e Cimabue.
Bizantine, ma con sentimento
Ecco allora che tra le prime opere della prima sala vi sono alcune croci e pale di Giunta Pisano, autore che diffuse il modello bizantino del Christus patiens, raffigurato già morto e non trionfante come accadeva fino a quel momento in Italia. Il Maestro di San Francesco fu grande ammiratore di Giunta: ne riprese i modi ma, grazie alla cultura cosmopolita attecchita a Perugia nel sesto decennio del Duecento, li arricchì con una maggior partecipazione umana, consona alla spiritualità francescana. Basti osservare l’enorme croce: il corpo di Cristo è innaturalmente arcuato a suggerire lo spasmo, la testa incassata nel busto, il volto sofferente. E ai suoi piedi, per la prima volta, compare Francesco, accomunato al figlio di Dio dalle stimmate.
Lo scenario della raffinatissima pittura bizantina del Maestro di San Francesco e dei suoi successori è delineato anche nelle sale successive mediante capolavori scintillanti d’oro e di colori puri (che non si dica “secoli bui” a proposito del Medioevo”!). Linee, cromie e astrazione danno così vita a immagini “ardenti”, cariche di una “passione tracimante” come le definisce De Marchi, e che narrano il consolidarsi dell’iconografia francescana come la conosciamo oggi: basti citare l’episodio arcinoto della Predica agli uccelli o il Miracolo delle stimmate. Tutto si concentrò in pochi anni: al principio degli anni settanta Cimabue aveva già dipinto la croce di Arezzo, mentre a fine Duecento giunse nel cantiere della basilica di Assisi il giovane Giotto. Si inaugurò allora una nuova epoca e il nome del primo pittore autenticamente francescano fu dimenticato, costringendo gli studiosi ad assegnargli un generico name-piece.
La mostra non trascura la grande impresa decorativa del Maestro di San Francesco nella chiesa inferiore ad Assisi, che purtroppo fu presto rovinata dall’apertura delle cappelle laterali. Inoltre il tempo danneggiò i colori e oggi la lettura degli affreschi è assai compromessa. Per restituire quanto più possibile la portata innovativa del pittore duecentesco e lo straordinario caleidoscopio visivo che riuscì a ideare, si sono effettuate delle scansioni laser 3D che sono state montate magistralmente in una sala immersiva. A differenza delle sempre più diffuse sale immersive che si intendono solo suggestionare e creare un “effetto wow”, le proiezioni di Perugia restituiscono virtualmente il ciclo decorativo spesso sottovalutato a causa del cattivo stato di conservazione, ma che, come dimostra l’accurato lavoro dei curatori, fu un cruciale sia per la diffusione dell’immagine francescana sia per il corso della storia dell’arte.
Marta Santacatterina
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