A Pompei scoperto un cantiere edile romano attivo durante l’eruzione del Vesuvio
Tegole, strumenti da lavoro, mattoni e cumuli di calce emergono dallo scavo nella Regio IX del Parco Archeologico di Pompei, svelando i segreti dell'edilizia romana attiva sul territorio nel 79 d. C.
“Pompei è uno scrigno di tesori e non tutto si è svelato nella sua piena bellezza. Tanto materiale deve ancora poter emergere”:così parla il Ministro alla Cultura Gennaro Sangiuliano, sottolineando che nell’ultima Legge di Bilancio gran parte degli stanziamenti saranno destinati proprio agli scavi del Parco Archeologico di Pompei. Un’area che regala ancora importanti scoperte, come quella di un cantiere edile romano in piena attività del 79 d.C.,emerso nell’ambito dei nuovi scavi nell’insula 10 della Regio IX, assieme a strumenti da lavoro, tegole, mattoni di tufo e cumuli di calce. Particolarmente numerose sono le tracce dei lavori in corsonella domus con il panificio di Rustio Vero, dove a giugno 2023 fu rinvenuta una natura morta raffigurante una “pizza” con un calice di vino.
Scoperto un cantiere romano a Pompei: tra tecniche e segreti edilizi
Quando il Vesuvio iniziò a eruttare il cantiere era in pietà attività, e lo si denota dai materiali per la ristrutturazione accatastati e dai conteggi (ovvero numeri romani scritti a carboncino) su un’anta del tablino, ambiente di ricevimento decorato in stile pompeiano e con un quadro di Achille a Sciro.
Tracce simili sono state rinvenute anche nell’ambiente che ospitava il larario, dove sono state trovate anfore riutilizzate per “spegnere” la calce impiegata nella stesura degli intonaci, così come il peso di piombo per costruire muri dritti e zappe di ferro per la preparazione della malta. Simili ritrovamenti sono emersi anche nella domus attigua – raggiungibile da una porta interna – constatando la presenza di un altro grande cantiere.
Nell’analisi dei materiali e delle tecniche costruttive, il Parco Archeologico di Pompei si è avvalso del supporto di un gruppo di esperti del Massachusetts Institute of Technology, USA, i quali hanno avanzato l’ipotesi di un “’hot mixing’, ovvero la miscelazione a temperature elevate, dove la calce viva (e non la calce spenta) è premiscelata con pozzolana a secco e successivamente idratata e applicata nella costruzione dell’opus caementicium”, si legge nell’articolo pubblicato sull’E-Journal degli Scavi di Pompei.
L’utilizzo della calce nei cantieri romani a Pompei
“I dati che emergono sembrano puntare sull’utilizzo della calce viva nella fase di costruzione dei muri, una prassi già ipotizzata in passato e atta ad accelerare notevolmente i tempi di una nuova costruzione, ma anche di una ristrutturazione di edifici danneggiati, per esempio da un terremoto”, spiega il direttore del Parco Archeologico di Pompei Gabriel Zuchtriegel. “Questa sembra essere stata una situazione molto diffusa a Pompei, dove erano in corso lavori un po’ ovunque, per cui è probabile che dopo il grande terremoto del 62 d.C., diciassette anni prima dell’eruzione, ci fossero state altre scosse sismiche che colpirono la città prima del cataclisma del 79 d.C. Ora facciamo rete tra enti di ricerca per studiare il saper fare costruttivo degli antichi romani: forse possiamo imparare da loro, pensiamo alla sostenibilità e al riuso dei materiali”.
Valentina Muzi
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