A Istanbul la Chiesa di Chora diventa moschea. I famosi mosaici bizantini saranno coperti
Dopo Santa Sofia, anche la chiesa bizantina famosa nel mondo per i mosaici e gli affreschi che conserva al suo interno, musealizzata nel 1958, è stata riconvertita in moschea. Si solleva qualche polemica
Negli ultimi 79 anni, la Chiesa di San Salvatore in Chora (Kariye Muzesi) a Istanbul, nel quadrante nord-occidentale della megalopoli cresciuta sull’eredità di Costantinopoli, è stata un museo visitato da milioni di turisti. Considerato uno dei più importanti esempi di architettura bizantina sacra ancora esistenti, l’edificio che si scopre nel quartiere di Edirnekapi nacque nel V secolo come chiesa ortodossa oltre le mura erette da Costantino. Poco più tardi, il complesso (con monastero annesso) sarebbe stato inglobato all’interno di una nuova cinta muraria, eretta da Teodosio II: quando intorno al 500 d.C., l’imperatore Anastasio e la sua corte si trasferirono dal Gran Palazzo di Bisanzio di Sultanahmet al Palazzo delle Blacherne, in prossimità della chiesa, il Monastero di Chora conobbe un notevole sviluppo.
La Chiesa di Chora a Istanbul e il programma decorativo di Teodoro Metochites
Ma l’edificio oggi visibile, composto da cinque corpi di fabbrica, è il risultato di una completa ricostruzione concretizzatasi a più riprese tra il X e il XIV secolo, a seguito della furia iconoclasta (VIII-IX secolo) che rase al suolo la chiesa preesistente. E proprio all’inizio del XIV secolo dovrebbero risalire gli affreschi e i mosaici di incredibile fattura grazie ai quali Chora è diventata famosa nel mondo: a partire dal 1315, infatti, Teodoro Metochites, poeta e letterato che rivestiva l’incarico di logoteta (responsabile del tesoro) sotto l’imperatore Andronico II, stanziò cospicui fondi per il restauro dell’edificio e la decorazione degli ambienti interni della chiesa. Uno dei mosaici sopravvissuti al tempo lo mostra intento a offrire la chiesa a Cristo, secondo un’iconografia che inequivocabilmente individua il donatore. Teodoro Metochites, peraltro, realizzò anche una grande biblioteca all’interno del monastero, di cui non è rimasta traccia.
Le vite di Chora: da chiesa a moschea, a museo
Ma le vite della chiesa di Chora sono state molteplici: sotto il regno di Beyazıt II (1481-1512) l’edificio fu convertito al culto islamico, diventando moschea: all’epoca i mosaici e gli affreschi a tema cristiano furono coperti di calce, ma non distrutti, cosicché, all’indomani della Seconda Guerra Mondiale, quando l’edificio fu restaurato dagli archeologi del Byzantine Institute of America e del Dumbarton Oaks Center for Byzantine Studies, fu possibile riportarli alla luce, facendone il gioiello del nascente museo statale, inaugurato nel 1958. Da allora, la chiesa musealizzata è stata gestita dalla stessa società che fino al 2020 ha amministrato gli accessi alla moschea di Santa Sofia (già basilica bizantina, fondata da Giustiniano), anch’essa sconsacrata nel 1931, e diventata museo nel ’35. Il 10 luglio 2020, con un decreto presidenziale di Recep Tayyip Erdogan, la moschea è stata nuovamente aperta al culto, sebbene ancora visitabile.
La chiesa di Chora ora è moschea. Il programma politico di Erdogan
Ma lo stesso decreto ha riguardato la chiesa di Chora, destinata ad analoga sorte: sancita la decisione di riconvertirla a moschea, la struttura ha prima beneficiato di un lungo restauro, e solo da qualche giorno, all’inizio di maggio 2024, ha riaperto le porte nelle duplice veste di luogo di culto islamico e attrazione culturale. “La moschea Kariye, nella sua nuova identità, resta aperta a tutti“, ha dichiarato in merito il premier turco. Ma le polemiche non mancano, a partire dal disappunto del primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis, che non ha mai nascosto la sua contrarietà alla conversione della chiesa in moschea.
Inclusa nella lista del Patrimonio tutelato dall’Unesco nel 1985, la chiesa di Chora si è trovata coinvolta nel più ampio programma di trasformazione delle chiese bizantine di Istanbul in moschee, che Erdogan ha scelto di “coprire” evidenziando invece l’impegno a restaurare oltre 200 manufatti storici da quando è al potere (oltre 20 anni). Un processo di “Conquista” utilizzato a fini propagandistici ormai da oltre un decennio, come dimostrano precedenti conversioni al culto islamico di chiese bizantine a Trabzon e Iznik (per approfondire: il chiaro articolo di Mariano Giustino sull’Huffington Post).
La polemica sulla copertura di mosaici e affreschi di Chora durante la preghiera
D’ora in avanti, dunque, affreschi e mosaici di San Salvatore in Chora –raffiguranti scene dell’Antico Testamento i primi, la vita di Gesù e della Vergine Maria i secondi, nell’area del nartece – saranno coperti da drappi e tappeti rossi appositamente disegnati durante l’uso dell’edificio per la preghiera. Ma il Primo Ministro greco non sembra persuaso dalla soluzione, e teme eventuali danni all’apparato decorativo: “Il mantenimento del carattere universale dei monumenti e il rispetto degli standard internazionali per la protezione del patrimonio religioso e culturale rappresentano un chiaro obbligo internazionale vincolante per tutti gli Stati”. Non dissimili i pareri di alcuni dei primi turisti entrati nella “nuova” moschea, concordi nel ritenere più idonea la precedente dimensione museale. Per Burcin Altinsay Ozguner, alla guida del Consiglio internazionale dei monumenti e dei siti turchi, “non c’era alcuna necessità evidente di trasformare in moschee Hagia Sophia e Chora, con le moschee già esistenti proprio accanto a loro. Il patrimonio di Chora è unico e il modo migliore per renderlo accessibile ai ricercatori è mantenere l’edificio come museo”.
Livia Montagnoli
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