L’Atleta di Lisippo deve tornare in Italia: la Corte Europea dei Diritti Umani respinge il ricorso del Getty
La statua greca, trovata negli Anni Sessanta nell'Adriatico, è da decenni al centro di una controversia tra l'Italia e il museo californiano che oggi l'ha in custodia. Ecco gli ultimi sviluppi
“La statua di Lisippo in questo momento si trova all’estero ma è stata esportata in modo improprio e, secondo la nostra legislazione, deve ritornare allo Stato italiano“: era già l’allora ministro della Cultura Alberto Bonisoli a chiedere, nel 2019, di riavere in Italia la splendida statua bronzea dell’Atleta vittorioso attribuita a Lisippo. L’opera era, ed è tuttora, esposta al J. Paul Getty Museum di Malibu, in California. La richiesta ufficiale arrivava a margine di una sentenza della Corte di Cassazione che aveva stabilito, l’anno prima, la proprietà italiana: il Getty si è rifiutato di restituire l’opera, facendo piuttosto ricorso alla Corte Europea dei Diritti Umani, a Strasburgo. La Corte, però, ha dato ragione all’Italia, confermando le pretese sull’Atleta e altre 15 statue greche.
L’Atleta di Lisippo
L’Atleta vittorioso – anche detto Atleta di Fano, Atleta che si incorona o Lisippo di Fano – è una scultura bronzea a grandezza naturale datata tra il IV e il II secolo a.C., attribuita su base stilistica allo scultore greco Lisippo o a un suo allievo. L’opera era stata pescata per caso da un peschereccio nelle acque adriatiche al largo di Fano, il 14 agosto 1964. In circostanze non chiarissime, il manufatto fu quindi acquistato dal Getty Museum nel 1977 per quattro milioni di dollari, diventando una delle opere di punta della collezione (dove è noto come Victorious Youth). Dopo pochi anni, si aprì una diatriba infinita.
L’acquisto, stando all’Italia, avrebbe a tutti gli effetti sottratto un’opera milionaria al patrimonio nostrano. Il Getty, dal suo canto, ha sempre insistito che l’opera fosse stata ritrovata in acque internazionali, e che quindi non fosse di diritto di proprietà italiana. Nel 2010 è arrivato l’ordine di confisca e restituzione del tribunale di Pesaro, confermato in Cassazione otto anni dopo e poi contestato dal ricorso americano. Ed eccoci arrivati quindi alla decisione della Corte, motivata anche dal fatto che la Fondazione Getty si sia comportata “in maniera negligente o non in buona fede nel comprare la statua nonostante fosse a conoscenza delle richieste avanzate dallo Stato italiano e degli sforzi intrapresi per il suo recupero”. Ma la storia ancora non è finita: ora le parti hanno tre mesi per chiedere che il caso venga esaminato dalla Grande Camera della Corte europea (che funge da corte d’appello) per la decisione definitiva.
L’auspicato ritorno dell’Atleta di Lisippo in Italia
“La Corte europea di Strasburgo ha riconosciuto con una sentenza inequivocabile i diritti dello Stato italiano. I giudici sono stati chiari al riguardo della proprietà della statua ‘Atleta vittorioso’, ritrovata nelle acque vicine alla costa marchigiana e poi trafugata all’estero. Proseguiremo con rinnovata determinazione la nostra azione per riaverla presto in Italia”, ha commentato il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano.
Certo, ancora non è chiaro dove finirebbe la statua: negli anni si è più volte ventilata l’opportunità di trovargli un posto nella stessa Fano, o nella Sala Morganti del Museo Civico o nella nuova Biblioteca Federiciana firmata da Mario Cucinella, ma ancora non c’è uno spazio pronto ad accoglierla. Per questo, altri hanno proposto di portarla in un centro più grande, magari a Roma, dove potrebbe trovare un posto all’interno del Museo dell’Arte Salvata.
La risposta del Getty Museum
Alcuni giorni dopo la decisione della Corte, il Getty Museum ha fatto sapere che respinge il verdetto, e che è pronto a dare battaglia legale per tenersi l’Atleta: “Riteniamo che la proprietà del Getty da oltre 50 anni di un’opera d’arte che non è stata creata da un artista italiano né è stata trovata in territorio italiano, sia giusta, etica e in linea con la legge americana e il diritto internazionale“, hanno comunicato dall’istituzione. Chiaramente, le decisioni della Corte Europea per i Diritti Umani non sono vincolanti per gli Stati che non ne fanno parte, come gli Stati Uniti, per cui bisognerà aspettare i nuovi procedimenti legali.
Giulia Giaume
Aggiornato il 6 maggio 2024.
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