La storia dell’alimentazione attraverso le nature morte. La mostra a Modena
Le nature morte del Seicento e del Settecento vanno in mostra alla Galleria di BPER Banca a Modena, per raccontare frammenti di quotidianità dimenticata. Ne parliamo con Sabrina Bianchi, responsabile del patrimonio BPER
La natura morta come veicolo per parlare della vita, passata e attuale. Nasce dalla volontà di proporre dei capolavori anche inediti della collezione di BPER Banca la mostra L’incanto del vero. Frammenti di quotidiano nella natura morta tra Sei e Settecento, e di avvicinare all’arte le nuove generazioni e quei visitatori meno avvezzi ai percorsi espositivi di ricerca. A Modena sono presentati quindici tra i dipinti più significativi del nucleo tematico della collezione, cui si affianca una selezione di undici pezzi da collezioni private e istituzioni pubbliche come i dipinti di Pier Francesco Cittadini dalla risorta Pinacoteca di Cento, in un afflato tra l’estetico, il didattico e il sociologico.
La natura morta come studio della vita
Lungi da una (anche apparente) banalità, lo studio del vero, che spazia dalle tavole imbandite alle variopinte raffigurazioni floreali, risveglia nell’oggetto domestico e inanimato una dimensione simbolica e permette ai soggetti di uscire “dalla loro dimensione meramente estetica e decorativa per ritrovare anche il senso del forte legame con lo scorrere della vita”, illustra la curatrice Lucia Peruzzi. Una lettura che si presta anche a confronti storici più ampi: l’esposizione affianca infatti alle opere pittoriche una raccolta di preziosi documenti d’archivio, che vanno dalle ricette alle curiosità, che permettono di osservare somiglianze e differenze con le nostre abitudini alimentari odierne.
La mostra “L’incanto del vero” a Modena
In bilico tra maioliche di pregio e semplici mazzi di fiori, tra mense aristocratiche e sporte domestiche, la mostra realizza così un tableau vivant che conduce il pubblico nella scoperta delle mode dell’epoca – come per i tulipani de La terra dona a Nettuno i bulbi di tulipano di Giovanni Andrea Sirani –, delle credenze religiose e popolari – come nella simbologia cristiana de La Madonna della rosa di Michele Desubleo e nel Contadino che suona il liuto di Bartolomeo Passerotti – ma anche solo del semplice gusto. È il caso delle Nature morte con vaso di fiori di Cittadini, in dialogo con il capolavoro d’ambiente estense Natura morta con frutta e spartito di Cristofaro Munari, e ancora di più nella Natura morta di ortaggi, frutta e cacciagione con figure di Adriaen Van Utrecht, che porta alla corte piacentina temi e stili mutuati dalla sua nativa Anversa. La riflessione che ne risulta è estetica, psicologica, pedagogica, ponendo l’accento su temi dal carattere indispensabile, non da ultimo lo spreco alimentare.
Ne parliamo con Sabrina Bianchi, responsabile del patrimonio BPER.
Intervista a Sabrina Bianchi
Come nasce la Collezione di BPER?
La Galleria Corporate Collection nasce nel 2017 come presa coscienza dell’importante patrimonio culturale, sia pittorico sia archivistico, accumulato da BPER sin dagli Anni Cinquanta. Quando tutte le banche acquistavano dipinti per decorare palazzi e stanze di rappresentanza, anche la Banca Popolare di Modena acquistò un nucleo di opere emiliano-romagnole dal Quattrocento al Settecento, e oggi ha uno dei nuclei più significativi di opere del tempo. Con le incorporazioni e acquisizioni esterne, dalla ex Cassa di Risparmio di Ferrara, Ubi Banca e infine Cassa di Risparmio di Genova, la collezione si è arricchita: a fine 2022 il patrimonio è di 10mila opere inventariate, di cui 2500 di elevato valore storico artistico. A fianco delle opere sono entrati importanti archivi storici delle città ove le banche risiedevano, che raccontano la storia del territorio dall’Ottocento.
Oggi la collezione è diffusa sul territorio?
Sì, a livello nazionale: c’è l’Emilia-Romagna con Modena, la Lombardia con Brescia, la Liguria con Genova, l’Abruzzo con L’Aquila, la Campania con Napoli, e la Sardegna, con un nucleo importante di opere di autori come Sironi. Di fatto è proprio una collezione diffusa.
Come avete deciso di condividere il vostro patrimonio?
Una volta completata la ricognizione, cioè la precisa catalogazione e gestionale digitale per capire quali sono le opere, in che stato di conservazione sono e quale sia il loro valore d’acquisto fair value (considerando che molte opere sono vincolate), abbiamo preso coscienza di questo immenso patrimonio, e si è subito pensato alla valorizzazione. Con diverse modalità: la più semplice è la conservazione corretta, il restauro e il libero accesso per motivi di studio. A questo concetto quotidiano e costante, BPER ha aggiunto anche il prestito a progetti scientifici significativi, e il passo ulteriore è stata la prioritarizzazione della fruizione.
E quindi avete aperto diverse sedi…
L’idea è quella di restituire alla collettività il patrimonio, a lungo chiuso nelle stanze dei palazzi: da qui la scelta di aprire la prima sede, la Pinacoteca di Modena, cui nell’ultimo anno si sono aggiunte le sedi espositive di Brescia, Genova e Milano. La restituzione alla collettività contribuisce alla sostenibilità e al miglioramento della società: BPER è una banca molto impegnata, tra tutela dell’ambiente, governance e sociale, dal sostegno ai centri antiviolenza alla creazione di percorsi formativi dei giovani in centri periferici. La fruizione del patrimonio nasce proprio da questo concetto di “restituire al sociale” e di promuovere una crescita sostenibile, e le mostre fatte negli anni (quasi una ventina) stimolano anche dei percorsi di riflessione, dalla parola alla diversità fino al valore del talento femminile.
Nella vostra ottica di sviluppo c’è un dialogo con il territorio?
Sì, ne è esempio il sostegno al Festival della Filosofia di Modena, n’ iniziativa importante per il territorio modenese, o ancora il lavoro con la Fondazione Brescia Musei a Brescia, con cui abbiamo uno stretto rapporto di reciproci comodati, a Genova lavoriamo con la Fondazione Carige, sia in termini di apertura della nostra sede al 14esimo piano sia in occasione dei Rolli: ne risulta un dialogo con la città e un percorso di visita difficile da eguagliare. La nostra sede, ancora arredata come al tempo, non è più appannaggio di un’élite ma aperto a tutti. Poi a Milano, in Duomo, ci sono i progetti site specific che danno spazio a giovani artisti come Fabrizio Dusi, e apriamo la nostra sede anche qui con le giornate del FAI. La nostra idea non è quella di sostituirsi all’offerta delle istituzioni pubbliche ma di affiancarvisi.
Una vera collaborazione tra pubblico e privato
Stiamo scrivendo e muovendo i primi passi in questo senso: siamo nel mezzo di un percorso evolutivo che prevede la crescita della Galleria BPER e si concluderà nel giro di un paio d’anni. La prospettiva è quella di un’apertura di nuovi poli culturali, guardando oltre i grandi centri, alle città di provincia: hanno un altissimo potenziale culturale, ed è giusto che beneficino di un ulteriore propulsione culturale dai privati. Pubblico e privato secondo devono dialogare in modo trasparente e diretto.
E delle nuove aperture potete anticiparci qualcosa?
Sicuramente l’Emilia-Romagna verrà potenziata, tra Modena e Ferrara. Poi si aprirà in Abruzzo, all’Aquila, in un’ottica di sostegno a un territorio che ha sofferto tantissimo ma che ha anche altissime potenzialità di crescita culturale, e anche qui ci affiancheremo alle istituzioni territoriali. Poi guarderemo alla Campania, non possiamo dimenticarcela! È un percorso innovativo e in fieri: abbiamo tantissimi palazzi storici importanti, a cui possiamo abbinare dei grandi nuclei collezionistici. Sarà una restituzione ancora più importante.
Giulia Giaume
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