La collezione di oggetti preziosi di Papa Pio V in mostra ad Alessandria
A Palazzo Monferrato, gemme incise, tabernacoli, armature e reliquiari realizzati dai migliori artigiani e artisti del Cinquecento raccontano l’influenza di Papa Pio V, nonché il suo gusto in fatto di preziosità e rarità
Terra dai molteplici volti, terra di passaggio fra Mediterraneo e Mare del Nord, terra di conquista stretta fra le ingerenze asburgiche di Carlo V e la persistenza di feudi imperiali in area appenninica, fra l’intraprendenza economica delle grandi famiglie (Spinola in primis) della Repubblica di Genova e il dominio dei Gonzaga a Casale Monferrato, fra le forti pressioni dei Francesi e dei Savoia a nord e la presenza degli Spagnoli a est, dopo l’annessione del Ducato di Milano nel 1535.
L’Alessandrino rivela oggi i suoi tesori e la sua storia grazie alla mostra Alessandria Preziosa, che a sua volta deve la sua ragion d’essere alle strategie culturali di un uomo potente e colto, Antonio Ghislieri, ovvero Papa Pio V, che a Bosco Marengo ebbe i natali nel 1504 e lì volle costruire l’immagine del suo potere.
La mostra “Alessandria Preziosa”
Allestita in pieno centro ad Alessandria, a Palazzo Monferrato, l’esposizione, curata da Fulvio Cervini, con il sostegno di eminenti studiosi, e progettata da Roberto Livraghi, include anche un percorso articolato che nella provincia va a toccare vari luoghi ricchi d’arte e di storia, in cui molti capolavori sono ancora conservati: Bosco Marengo, dove per volere del Papa fu edificata la maestosa Basilica di Santa Croce di stile tosco-romano (“sorta di nave spaziale atterrata in territorio alieno”, secondo Cervini stesso), cui furono chiamati a dare il loro contributo l’aretino Giorgio Vasari, che per l’Altar Maggiore dipinse l’Adorazione dei Magi, oltre al piemontese Moncalvo, all’orafo faentino Antonio Gentili e a nordici come Bartholomeus Spranger; Tortona, con la Cattedrale e il Museo Diocesano; San Sebastiano Curone, che nella Chiesa Parrocchiale conserva il rilievo con Crocefissione del nordico Stefano Vil; Novi Ligure, con lo spettacolare Calvario dell’Oratorio della Maddalena. E poi Voltaggio, Casale Monferrato, Acqui Terme, Serralunga di Crea, quest’ultima nota per le Cappelle del Sacro Monte.
Papa Pio V e la sua città ideale
La politica della diffusione delle immagini sacre e delle sante reliquie, che dovevano offrire un substrato ideologico al potere religioso, fu pienamente abbracciata da Pio V. Il Papa volle creare, grazie a commissioni a importanti artisti d’area toscana, lombarda, spagnola o nordica, la realizzazione di dipinti, sculture, oreficerie e opere di glittica che, nelle aree del nativo Piemonte sud-orientale, testimoniassero e suffragassero le origini del suo percorso illuminato dal senso del bello e del prezioso, oltre che dalla fede. Addirittura, secondo le intenzioni del Ghislieri, intorno alla Basilica e al Convento di Santa Croce avrebbe dovuto sorgere una città ideale, ispirata alla toscana Pienza, secondo una visione utopica progettata grazie al contributo di scienziati-artisti come il frate domenicano Egnazio Danti (topografo e matematico in primis, ma anche inventore di oggetti curiosi come l’Orologio solare poliedrico esposto in mostra ad Alessandria).
Gli oggetti della mostra “Alessandria Preziosa”
Apre la rassegna il sontuoso tabernacolo eucaristico proveniente dalla Chiesa di San Grato di Monteu da Po. Costruito in legno dorato, si configura come un tempietto riccamente intagliato alto quattro metri, magniloquente espressione del fasto tardo cinquecentesco. A esso seguono a ritmo incalzante oggetti rari e preziosi, più o meno legati alla committenza papale, ma di certo affini al suo disegno d’arte organico e complesso: le stauroteche, ovvero i reliquari che custodiscono frammenti della Croce di Cristo, come quelli a croce in argento con placchette smaltate di fattura siculo-normanna (da Asti) o a edicola con angeli e cherubini sbalzati nel metallo (da Alessandria); i busti-reliquiari di santi – San Ruffino in stagno e piombo (da Tortona), Santo Stefano (da Casale) e San Marziano (da Tortona), rispettivamente realizzati in argento dorato e argento da Antonio Gentili e dal genovese Domenico Vigne; il Calvario intagliato nell’avorio dal tedesco Justus Gesker (dalla Galleria degli Uffizi), la cui proprietà fu ingiustamente attribuita al Papa piemontese; l’ovale in marmi pregiati che raffigura il profilo di Pio V stesso, scolpito da Leonardo Sormani intorno al 1575; nonché l’opera realizzata in cera policroma da Giovanni Battista Capocaccia che ritrae il nipote del pontefice, il Cardinal Michele Bonelli – che tanta parte ebbe nella costruzione dell’apparato simbolico di Pio V –, inginocchiato davanti a Maria Maddalena. Inoltre, una rarità: il Reliquario della Vera Scarpa della Vergine (da Asti), modellata sulla “vera e giusta misura del piede della B.V.” da un orafo spagnolo.
Lo sguardo internazionale di Papa Pio V
Che lo sguardo di Pio V fosse rivolto ben oltre i confini locali, grazie ai buoni rapporti con la Lombardia – dominata dalla figura religiosa e morale del Cardinale Carlo Borromeo –, con la Firenze medicea di Cosimo I o con la corte di Spagna è provato dalla presenza di opere particolarmente raffinate riconducibili a maestri “stranieri”. Pregevoli, fra i capolavori presentati a Palazzo Monferrato, le opere di glittica, sia cammei che oggetti intagliati, attribuite ai Miseroni e ai Saracchi, gli artisti che produssero tesori da Wunderkammer non solo per il Ducato di Milano e il nord Italia, ma anche per Rodolfo II d’Asburgo. Magnifiche le gemme incise, fra le quali il cammeo raffigurante Cristo, incastonato sulla portina del Tabernacolo del nuovo Altar Maggiore di Santa Croce a Bosco fra un tripudio di turchesi, corniole, lapislazzuli, diaspri, calcedoni, forse provenienti da collezioni lapidee papali. Eccezionali il cammeo in agata con Busto di mora attribuito al milanese Annibale Fontana e altri cammei in eliotropio della bottega di Ottavio Miseroni.
Preziose armature in mostra ad Alessandria
Appartengono a un revival neomedievalista il patrimonio dei corali e libri sacri miniati dal monaco vallombrosano Benedetto su commissione di Pio V come anche, all’opposto, le guerresche armature in acciaio ageminato in oro e argento, finemente decorate – “manufatti qualificanti perché suntuari”, secondo Cervini – che rimandano alla statua di soldato romano portata in mostra dal Calvario dell’Oratorio della Maddalena di Novi Ligure, complesso composto di 21 figure a grandezza naturale scolpite intorno al 1595 da maestranze nordiche: Daniel d’Hucquieliers e bottega. Il raffronto della sua corazza lignea con esempi d’armature di grande sfarzo – il corsaletto di Vincenzo I Gonzaga –, prodotte da armorari milanesi come “oreficerie mobili” da indossare, si pone a conferma di come la pratica della guerra avesse una sua estetica, divenendo anch’essa elitaria espressione di contaminazione delle arti, sia per governanti che per uomini di chiesa.
Alessandra Quattordio
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