La Collezione Bellucci a Perugia, ovvero la più grande raccolta italiana di amuleti
Amuleti contro il malocchio, punte di freccia paleolitiche per scongiurare le tempeste e ancora pendagli apotropaici contro ogni forma di sortilegio; tutto questo in un’ampia collezione custodita dal MANU di Perugia
Nel Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria è esposta una grande quantità di amuleti magici, per la maggior parte di natura archeologica, provenienti da tutto il territorio nazionale. Questo nucleo è stato messo insieme tra il XIX e il XX secolo da Giuseppe Bellucci, eclettico collezionista di oggetti archeologici ed etnoantropologici. La raccolta, che vanta il primato di essere la più importante d’Italia e una delle più grandi e prestigiose al mondo, rappresenta un patrimonio di inestimabile valore storico e culturale. Abbiamo avuto l’opportunità di approfondire questo straordinario patrimonio insieme alla Direttrice del MANU, la Dottoressa Tiziana Caponi.
Intervista a Tiziana Caponi, Direttrice del MANU di Perugia
Chi era Giuseppe Bellucci e come mette insieme questa collezione?
Giuseppe Bellucci (Perugia, 1844-1921) fu un importantissimo studioso perugino. Si formò come naturalista ed insegnò chimica presso l’Ateneo di Perugia, ricoprendo anche il ruolo di Rettore. Egli accumulò una straordinaria raccolta di reperti archeologici, etnografici ed antropologici. Gli oggetti furono messi insieme tra la seconda metà dell’Ottocento e gli inizi del Novecento tramite scavi, rinvenimenti fortuiti e acquisti.
In cosa consiste questa collezione?
La sua incredibile “Collezione di Antichità Italiche”, che includeva materiali preistorici, protostorici e in parte etrusco-romani, divenne il nucleo fondamentale del Museo Etrusco-Romano, successivamente noto come Museo Preistorico di Perugia. Insieme alle numerose pubblicazioni scientifiche, il Museo acquisì gli inventari redatti da Bellucci e dai suoi collaboratori, i quali contenevano non solo una breve descrizione degli oggetti, ma anche la loro provenienza, un fatto non comune tra i collezionisti dell’epoca.
La collezione di amuleti di Bellucci
In particolare, la collezione di amuleti in che modo è stata composta?
Per quanto concerne la raccolta di amuleti, la più importante d’Italia, essa consta di circa 3500 pezzi. Nel metterla insieme, Bellucci seppe coniugare i suoi interessi scientifici e demologici, raccogliendo con cura moltissimi elementi a cui era attribuito, da chi li raccolse o creò, un valore magico. Tra quelli che più suscitarono la sua curiosità sono i talismani realizzati a partire da strumenti litici preistorici, con particolare riguardo per le punte di freccia e le lame. La collezione di amuleti è stata complessivamente studiata da Giancarlo Baronti docente di discipline antropologiche presso l’Università degli Studi di Perugia che ne ha curato l’attuale allestimento all’interno del museo.
Perché questa particolare attenzione alle punte di freccia e alle lame?
Durante le sue indagini, Bellucci ha scoperto che nelle credenze popolari la dinamica della folgorazione individuava due generi: il fulmine, che cadeva in modo rettilineo senza colpire direttamente le persone, ma incenerendole solo sfiorandole, e la saetta, che precipitava a zig-zag, potendo ferire persone, animali e distruggere edifici. Questa distinzione si rifletteva negli amuleti, associando il fulmine alle accette levigate del Neolitico e la saetta alle punte in selce.
Come possono essere individuati i materiali di cui si compone la collezione di amuleti?
Alcuni amuleti sono antichi farmaci, altri sono residui che si legano a pratiche mediche dell’antichità, che già al tempo di Bellucci erano considerate superstiziose.
Gli amuleti sono oggetti che dipendono completamente dai modelli culturali che li hanno prodotti. Il termine amuleto indica un qualsiasi manufatto cui viene attribuita una potenza magica di tipo protettivo e propiziatorio. Sono diffusi in tutti i contesti, variano i meccanismi associativi. Gli aspetti che consentono di concatenare un oggetto ad uno specifico aspetto della condizione umana rientrano in due tipologie: somiglianza-sostituzione (es. denti animali per dentizione); contiguità-concatenazione (es. pietra del fulmine perché è parte del fulmine), similmente alle teorie del linguaggio. Possono riferirsi ai momenti di passaggio dell’esistenza, oppure afferenti ad una sfera prettamente magica. È il caso di quelli che rimandano alle streghe, con malocchi e fattura, alla natura degli oggetti, come nel caso del corallo, oppure quelli che si riferiscono ai santi, non di rado chiamati “in causa” in rapporto con situazioni che mettevano a repentaglio la vita.
Amuleti e rituali nelle collezioni del MANU di Perugia
Quali sono le caratteristiche degli amuleti che dovevano proteggere le persone dalle condizioni atmosferiche?
Bisogna innanzitutto considerare che tra i fattori che più recano danno agli uomini sono il fulmine e la grandine. All’interno della nostra raccolta sono presenti moltissimi campanelli, che dovevano essere sospesi al collo dei bambini. Questi, con il loro tintinnio, avevano il compito di scongiurare il rischio della grandine dopo i temporali. Il problema opposto è invece rappresentato dai prolungati periodi di siccità. Dunque, per favorire la pioggia, si ricorreva ad amuleti che avevano le fattezze di crani.
Sono presenti amuleti legati a rituali di particolare interesse?
Mi viene in mente il “quattrino della comare”, una moneta bucata regalata dalla madrina di battesimo per prevenire il rigurgito dei neonati, e altri amuleti come piccole chiavi o monete dello Spirito Santo, usate contro le convulsioni infantili. Particolarmente interessante è la “cimaruta”, un amuleto antico diffuso nell’area napoletana del Settecento. Questo talismano deriva dall’usanza di far indossare ai bambini rametti di ruta contro i vermi infantili e il malocchio. Gli orafi napoletani riproposero molti di questi simboli contro malocchio e malattie.
Le mostre del MANU di Perugia
Oltre all’esposizione permanente all’interno della struttura museale vengono realizzate delle mostre con i materiali della collezione?
Si, attualmente abbiamo una mostra allestita presso il Centro Giovanni Lilliu – Barumini (SU) 3 febbraio – 20 giugno 2024, dal titolo La Magia degli Amuleti. Umbria e Sardegna vicine o lontane? Collezionismo e archeologia, organizzata dalla Fondazione Barumini Sistema Cultura in collaborazione con il Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria e la Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Cagliari e le Province di Oristano e Sud Sardegna, a cura di Andreina Ghiani e Caterina Lilliu, con il coordinamento scientifico mio e di Caterina Lilliu e le consulenze scientifiche di Gianfranca Salis, Dorica Manconi Fulvia Lo Schiavo. Una mostra fortemente voluta da Dorica Manconi, scomparsa recentemente, alla quale si devono in particolare gli approfondimenti sugli amuleti sardi
Le vicende umane di ciascuno sono segnate da continue fasi di passaggio, malattie e necessità. In riferimento a questa mostra quali amuleti sardi contribuiscono ad illustrare questi complessi momenti?
Alla sfera affettiva rimandano gli Sprugadentes d’argento, mentre gli anelli di palma benedetta sancivano il fidanzamento. La gravidanza era propiziata dalla pietra aquilina, mentre il parto dalla conchiglia di Cyprea e dalla cintura di foca. Per contrastare malocchio e invidia, si usavano amuleti come corna di muflone, mandibole di riccio, cornetti di corallo, zanne di maiale e chele di crostacei. Dopo la Prima Guerra Mondiale, si aggiunsero amuleti per proteggere i combattenti, come monete pontificie e lembi di stoffa con medaglie e santini. Per scopi terapeutici, denti di squalo e l’occhio di serpente erano utilizzati come antiofidici. Contro le malattie, si impiegavano penne di allocco, chiavi maschie, denti di pesce, crisalidi di mantide, peli di cane, ossi di mammifero, madreporite e anelli di metallo. I cuscinetti prolungavano l’esistenza. Per la salute degli animali, si usavano pietre delle streghe, anfore smaltate con acqua santa, zanne di maiale, echini fossili, ematite, pietre di fulmine e legno fossile. Una forchetta in osso proteggeva dai predatori, mentre un denaro romano del 64 a.C. aumentava la velocità dei cavalli.
Gabriele Passeri
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