Un misterioso oggetto etrusco arriva in mostra a Siena
In occasione delle Giornate Europee dell’Archeologia, il Museo di Santa Maria della Scala espone un curioso graffione di bronzo, appena restaurato. A che cosa doveva servire in origine
Tra i tanti misteri che ancora avvolgono la cultura etrusca, ci sono i graffioni. Termine con cui ci si riferisce a oggetti di bronzo, costituiti da un manico più o meno lungo, che termina con una serie di uncini. Una sorta di grosso forchettone, per intendersi. Quale fosse la loro vera funzione è ancora oggi incerto. Diverse ipotesi rimangono valide, anche se ultimamente ce n’è una che gode di più credito delle altre.
Ed è proprio un graffione a essere il protagonista dell’evento organizzato dal Museo Archeologico Nazionale di Siena, in occasione delle Giornate Europee dell’Archeologia 2024.
Il graffione etrusco: focus delle Giornate Europee dell’Archeologia
Aspetto e varianti del graffione
Come già accennato, il graffione si presenta come un arnese bronzeo dal lungo manico uncinato all’estremità. Tra gli esemplari rinvenuti finora, ne sono state identificate due tipologie. La prima versione – definita a corona – ha le punte piuttosto arrotondate, disposte tutte a raggiera attorno a un foro circolare. La seconda, invece, ha una barra trasversale, da cui partono due soli ganci perpendicolari. Ed è a quest’ultimo tipo (cosiddetto graffione a barra trasversale) che appartiene il protagonista della mostra a Siena.
Ipotesi di funzioni del graffione per gli Etruschi
Comprendere l’uso originale dei graffioni non è stato semplice. Nel corso degli anni, varie ipotesi si sono avvicendate tra loro, dividendo gli studiosi. Tra le interpretazioni più curiose, vi era chi sostenesse servissero a ripescare gli oggetti caduti per sbaglio nei pozzi. Oppure come arma da assedio marittimo e terrestre.
Già più verosimile e accreditata è la versione del graffione quale utensile da cucina. Secondo questa linea, si tratterebbe di una sorta di forchettone gigante (alcuni esemplari raggiungono i 40 centimetri di diametro) per muovere le carni da arrostire sul fuoco. Tuttavia, l’ipotesi su cui oggi è bene fare fede è un’altra. E non ha niente a che fare con la gastronomia…
Ci si deve immaginare il graffione come un mezzo di illuminazione: un sostegno per versioni arcaiche delle odierne candele. Al posto della cera, gli Etruschi dovevano utilizzare una corda, arrotolata tra gli uncini, che, imbevuta di olio, era poi incendiata e usata per fare luce.
Lo specchio “rivelatore”
A supportare l’ultima interpretazione del graffione come “porta-candela” è uno specchio etrusco in bronzo (oggi conservato al Met di New York) che raffigura l’immagine mitologica di Alcesti e dello sposo Admeto. Accanto alla coppia, un altro personaggio sembra reggere in mano proprio questo oggetto: un manico uncinato, con avvolta una cordicella da cui si liberano le fiamme. Ecco chiarito (per ora) il mistero.
Il restauro del graffione Bonci Casuccini al Museo Archeologico di Siena
Dal 14 al 16 giugno 2024, il Complesso museale della Basilica di Santa Maria della Scala a Siena presenta i risultati del restauro del prezioso graffione della Collezione Bonci Casuccini. Prima dell’inizio dei lavori di pulitura – non ancora del tutto ultimati – l’oggetto si presentava completamente incrostato e frammentario in uno degli uncini. Si tratta di un’opera di recupero importante: il graffione in questione è infatti uno dei più integri disponibili. Al termine del restauro lo si rivedrà riqualificato e riassemblato in tutte le parti ritrovate. Un nuovo tassello si aggiunge per fare luce sulla storia e sulle usanze ancora misteriose degli Etruschi.
Emma Sedini
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