I tesori della Biblioteca Nazionale Braidense: un tempio della cultura a Milano
Uno dei più grandi tesori della metropoli lombarda si è trovato suo malgrado al centro delle cronache per via dell'utilizzo dei suoi ambienti monumentali per un'attività di promozione da parte di una società privata. Ecco cosa si nasconde negli ambienti fastosi della Biblioteca Nazionale Braidense, una delle biblioteche storiche più belle al mondo
In tutta Milano, non c’è un posto che assomigli di più alla leggendaria grotta di Alì Babà del palazzo di Brera. Confrontare un edificio all’esterno così austero e imponente con le meraviglie raccontate da un’esotica leggenda può sembrare una forzatura. Eppure, in questo tempio del sapere innumerevoli generazioni di illuministi, intellettuali, scienziati e letterati hanno potuto coltivare ed arricchire la loro mente: non è forse questo un tesoro ben più grande di qualunque altro bene materiale?
La storia del palazzo di Brera
Utilizzato sin dal medioevo come spazio per la produzione tessile dall’oscuro ordine degli Umiliati, il grandioso complesso di Brera, che vantava anche una chiesa gotica affrescata da Giusto de’ Menabuoi, passò in seguito ai Gesuiti, che lo trasformarono in scuola e centro di istruzione. L’architettura, trasformata dalle sapienti mani barocche di quel gran genio che fu Francesco Maria Richini, trovò sin dalla fine del Cinquecento una sua vocazione come luogo adibito alla diffusione del sapere.
La nascita della Biblioteca Braidense
Se il primo nucleo della biblioteca che diverrà poi la Biblioteca Nazionale Braidense nasce in epoca ancora gesuitica, possiamo collocare l’origine dell’istituzione pubblica nel contesto del riformismo illuminato di fine Settecento. Nel 1770, infatti, l’imperatrice Maria Teresa donò alla città di Milano la ricca biblioteca del conte Carlo Pertusati. Nel 1773, con lo scioglimento dell’ordine dei Gesuiti, il Palazzo di Brera divenne finalmente proprietà dello Stato Asburgico. L’imperatrice Maria Teresa d’Austria ingrandì la biblioteca gesuitica (il cui nucleo principale è proprio la Sala Teologica o “Sala dei Gesuiti” salita agli onori della cronaca recentemente…) con numerosi altri fondi. Nel 1778 venne acquisita l’importante biblioteca del famoso medico elvetico Albrecht von Haller. Nel 1795 entrò a far parte delle collezioni anche il fondo del cardinal Angelo Maria Durini, ricco di opere latine e greche.
Visita alla Biblioteca Nazionale Braidense
Conosciuta sia pure per sommi capi la storia dell’istituzione, possiamo procedere alla visita. Superato il cortile centrale del palazzo di Brera, dominato dalla maestosa statua di Napoleone, si accede a un lungo corridoio. Sulla sinistra, si apre d’improvviso una cancellata metallica su cui si inerpica un grandioso scalone che porta all’ingresso della Biblioteca Nazionale Braidense. La scalinata conduce al ballatoio d’entrata della Biblioteca. Dopo l’affascinante atrio con lucernario, la sala che si apre di fronte a noi, detta prosaicamente la “Sala di lettura”, è uno degli ambienti più affascinanti della Biblioteca Braidense. È la cosiddetta “Sala Gesuitica”, nota anche come “Sala Teologica”, per via dei testi sacri che vi erano conservati. Nonostante quello che si è letto recentemente, sarebbe davvero ingiusto considerare questo, che è il cuore ed il nucleo più antico della biblioteca, una “sala laterale”, com’è stata definita dall’attuale direttore Angelo Crespi nel corso di un’intervista al Corriere della Sera (17 giugno 2024). Questa sala, risalente all’epoca gesuitica, rappresenta un autentico scrigno di sapere e bellezza artistica. Il suo nome attuale nasconde un passato intriso di religiosità e studio teologico che risale direttamente al passato gesuitico di Brera. Siamo nel cuore dell’edificio. La volta della Sala Teologica è adornata da un grande affresco suddiviso in tre scomparti, attribuito a Francesco Fabbrica, raffigurante “Il Trionfo della Religione“.
La Sala Gesuitica della Biblioteca di Brera
Le librerie in noce e radica, risalenti alla fine del Seicento, circondano la sala, offrendo un ambiente di studio e lettura di rara bellezza: sono tra le più antiche di Milano. Queste scaffalature, come quelle dell’ingresso, furono modificate nel 1785 da Giuseppe Piermarini per armonizzarle con l’arredo della Sala Maria Teresa, sostituendo le balaustre originali con colonnette neoclassiche. Negli scaffali trovano posto gli inestimabili volumi della biblioteca originale gesuitica, il nucleo più antico della Braidense. In fondo alla sala, due imponenti ritratti dominano la scena. Il primo, un ritratto dell’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe di Giuseppe Sogni. L’altro ritratto, posto sopra la porta d’ingresso, raffigura l’imperatore Francesco I d’Asburgo-Lorena, dipinto da Protasio Girolamo Stambucchi.
La Sala Maria Teresa
Torniamo verso l’atrio e prendiamo la porta a sinistra, che ci conduce in quella meraviglia che è la Sala Maria Teresa. La decorazione qui si fa più marcatamente neoclassica: l’intervento di Giuseppe Piermarini è molto più leggibile nella sua eleganza. Il ritratto dell’imperatrice Maria Teresa d’Asburgo, dipinto nel 1834 da Agostino Comerio, domina l’ingresso della sala, celebrando la fondatrice della Biblioteca. Gli affreschi di Gaetano Vaccani, realizzati nel 1823, decorano la volta, completando la magnificenza della sala. La Sala Maria Teresa emoziona, e c’è un ultimo dettaglio su cui vale la pena soffermare la nostra attenzione: i lampadari in cristallo di Boemia. Sono delle ricomposizioni moderne realizzate con quello che rimaneva dei lampadari settecenteschi che decoravano fino alla Seconda Guerra Mondiale il Salone delle Cariatidi a Palazzo Reale.
La casa-museo di Lalla Romano
Un ulteriore spazio lascia a bocca aperta: sulla destra, oltrepassata una porta, ci ritroviamo proiettati in una deliziosa period room della seconda metà del Novecento: è la casa-museo di Lalla Romano, una clamorosa sorpresa che arricchisce il patrimonio della Braidense. Poetessa e scrittrice, Romano vince nel 1969 il Premio Strega con “Le parole tra noi leggere”. Nel 2001 Lalla muore, ma in questa piccola sala, tra la sua poltrona, la scrivania, le seggiole e le stampe, il suo spirito colto è tutt’ora presente. Lalla, piemontese, visse a lungo in via Brera 17, a pochi metri dal palazzo che ospita la sua memoria.
La collezione dei Duchi di Parma e la Sala Cataloghi
Poco oltre si apre un’altra porticina con la scritta “Biblioteca Liturgica dei Duchi di Parma-Sala ‘Liliana Gerli’”. In questo spazio, noto anche come “Sala manzoniana 1886” per il suo utilizzo precedente, sono conservate le opere della collezione dei Duchi di Parma, donate dal conte
Paolo Gerli, con numerosi libri d’ore con rilegature eccezionali.
Tornando verso l’atrio, sulla sinistra, una porta si apre su un grande ambiente che giace parallelo al grande scalone monumentale: è la Sala Cataloghi. Anche in questo caso, la decorazione monocroma della volta ribassata conferisce un’allure di grandiosa solennità all’ambiente, dal fascino prettamente archivistico.
La Sala Consultazione e la Sala Manzoniana
Torniamo dunque verso l’atrio e passiamo per la Sala Consultazione, ambiente in cui è possibile studiare con tranquillità al di sotto della pregevole volta a botte lunettata. Le finestre qui si aprono sul cortile dell’Istituto Lombardo di Scienza e Lettere, e sul lato interno del Museo del Risorgimento su via Borgonuovo. Appena oltre, lo sguardo si apre sulla deliziosa verzura dell’Orto Botanico di Brera e sul monumentale Palazzo Orsini, sede di Giorgio Armani S.p.A. Che fenomenale cittadella dell’arte e della cultura, Brera!
A fianco del bancone che troviamo in fondo alla sala troviamo una porta che si apre verso un luogo incantevole. La boiserie è deliziosa, la volta affrescata presenta delle decorazioni neoclassiche di assoluta qualità. Si tratta di un vero e proprio santuario della memoria: è la cosiddetta Sala Manoscritti, detta altresì “Sala Manzoniana”, dedicata al celebre scrittore lombardo, uno dei massimi rappresentanti della cultura milanese ed italiana. Qui si trovano le varie versioni autografe di Fermo e Lucia, primo titolo de I promessi sposi, inclusa la versione rivista dopo il celebre “risciacquo in Arno“.
La celebre “Hypnerotomachia Poliphili”
Non vogliamo lasciare queste sale senza prima menzionare almeno uno dei tanti capolavori che possono essere consultati qui. Quello più affascinante è forse l’Hypnerotomachia Poliphili, considerato da molti il più bel libro del Rinascimento. L’edizione milanese appartiene alla collezione delle cosiddette “Edizioni Aldine”, realizzate dal celeberrimo tipografo rinascimentale Aldo Manuzio. Il simbolo delle sue opere era un delfino accompagnato da un’ancora: un simbolo di velocità (il delfino) ma anche di prudenza (l’ancora). Il suo motto era infatti il celeberrimo Festina lente cioè “affrettati lentamente”. La memoria corre subito al manzoniano “Adelante, Pedro, con juicio, si puedes” proferito dal Gran Cancelliere spagnolo della Milano de I promessi sposi.
Oggi Brera è più che mai un luogo di straordinaria cultura ed erudizione: una vera e propria grotta di Alì Babà in piena “Milano da bere”: una città che ha fretta ma che spesso non lo fa più in modo ponderato come insegnava Aldo Manuzio.
Thomas Villa
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