Archeologia sempre protagonista a Roma: riapre la Casa di Livia sul Palatino
Dopo importanti interventi di restauro, riapre al pubblico la ricca domus privata del I secolo a. C., rimessa in luce da scavi ottocenteschi, attribuita alla moglie di Augusto
Era stata l’incisione del nome “Iulia Augusta” su una tubatura di piombo nella sala di ricevimento a far pensare, nell’Ottocento, che quelli trovati nel complesso augusteo fossero gli appartamenti privati di Livia, la moglie di Augusto. Ora questa ricca domus privata del I secolo a.C. posta sul Palatino, a Roma, e nota come Casa di Livia, riapre al pubblico, dopo un importante restauro e un allestimento che permetta di apprezzare la straordinaria bellezza delle pareti decorate, e la loro densa simbologia.
La Casa di Livia sul Palatino
La Casa di Livia si compone di un atrio quadrangolare su cui si aprono quattro locali pavimentati in mosaico e con le pareti dipinte, databili intorno al 30 a.C.. Parliamo di una delle testimonianze più importanti del II Stile a Roma – quello stile della pittura pompeiana anche detto architettonico o finto prospetto (dato l’uso dei trompe l’oeil) -, che qui è nella sua fase più matura. Sul fondo si trovano al centro il tablino (cioè il soggiorno), e, simmetricamente, due stanze, mentre a destra dell’atrio c’è il triclinium, cioè la sala da pranzo.
Il nuovo allestimento della Casa di Livia sul Palatino
Il nuovo allestimento punta a creare un ambiente immersivo, con l’aiuto della multimedialità. Nella pratica, si entra all’interno dello spazio nella semioscurità: gli ambienti si illuminano a rotazione così da facilitarne la lettura, passando dall’atrio al tablino per finire col triclinio. Una voce narrante è abbinata al lightmapping, e narra le storie mitologiche raffigurate sulle pareti e sulla pavimentazione sottolineando gli schemi pittorici degli affreschi.
Gli affreschi simbolici della Casa di Livia
L’apparato pittorico è infatti tutt’altro che casuale: le immagini dipinte rispondevano a un preciso programma voluto da Augusto. Abbiamo il ciclope Polifemo che insegue la ninfa Galatea nel tablino – che per questo è anche detto anche “sala di Polifemo” -, poi troviamo Argo, il gigante dai cento occhi che tiene la ninfa prigioniera, e infine il dio Mercurio, che arriva in suo soccorso.
Nell’ala destra la decorazione è organizzata intorno a un portico aggettante. Tra le colonne compaiono festoni vegetali ornati con bende e oggetti del culto a Dioniso, mentre al di sopra corre un fregio paesaggistico monocromo su fondo giallo – molto raro nel suo genere, notano dal Parco Archeologico del Colosseo – con scene di vita reale e rituali di ambiente egizio. L’ala sinistra raffigura figure fantastiche con grifi e Vittorie alate posate sui rami dell’albero della vita, mentre il triclinio ha una una grande decorazione pittorica su un fondo di colore rosso pompeiano, su cui si aprono edicole che svelano paesaggi sacri e campestri con suggestivi effetti di profondità spaziale.
Giulia Giaume
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati