Al Padiglione Italia di Expo 2025 di Osaka ci sarà l’Atlante Farnese, straordinaria scultura dell’antichità
Dal MANN di Napoli, la scultura di epoca romana volerà per la prima volta in Asia, per rappresentare i valori del viaggio e dell’incontro tra culture al centro del padiglione che Mario Cucinella dedica alla Città ideale del Rinascimento
Nel Salone della Meridiana del Museo Archeologico di Napoli, l’imponente rappresentazione del titano Atlante che sorregge sulle spalle il peso di un globo – la schiena curva piegata dalla fatica, le gambe che si flettono, le mani ben salde sulla sfera – cattura l’attenzione dei visitatori al centro dello spazio.
L’Atlante Farnese e il collezionismo illuminato del Rinascimento
La scultura in marmo asiatico, di autore ignoto ma pregevole fattura e committenza di rango elevato, è una copia romana (l’unica in circolazione) del II secolo d.C. da originale ellenistico, arrivata a Napoli nel 1786 dopo varie vicissitudini collezionistiche. Il nome che la statua alta quasi due metri (1,85 cm, basamento compreso, per un peso di quasi 20 quintali) porta in dote le deriva infatti dal più celebre dei suoi proprietari, quell’Alessandro Farnese che nel 1562 la acquistò da Paolo del Bufalo per ampliare la collezione di antichità romane di famiglia. Alessandro, creato cardinale da suo nonno Paolo III a soli 14 anni, fu un fine mecenate e proseguì l’opera avviata proprio dal pontefice per costituire una prestigiosa raccolta di antichità frutto di ricerche sul mercato antiquario, lasciti, requisizioni e scavi archeologici. L’Atlante, di cui oggi risulta sconosciuto il luogo di rinvenimento, fu acquistato per un costo di 255 scudi, quando già la figura era stata completata con significative integrazioni, come testimonia un disegno contenuto nel Codex Coburgensis, databile intorno al 1550: la statua si presentava all’epoca priva di gambe, braccia e volto, pur identificabile con il titano condannato a sorreggere la volta celeste per la presenza del globo con i dodici segni della Zodiaco. Fu Guglielmo della Porta a restaurarla, realizzando le parti mancanti.
Dopo l’ingresso in collezione, la statua fu collocata in una stanza del romano Palazzo Farnese, da allora ribattezzata dell’Atlante. E vi rimase fino alla seconda metà del Settecento, quando entrato per via ereditaria tra i possedimenti dei Borboni fu sottoposta a un nuovo restauro, a opera di Carlo Albacini, e trasferita a Napoli. Nel 1816 sarebbe confluita nelle collezioni del futuro Real Museo Borbonico, antenato del MANN.
L’Atlante Farnese all’Expo 2025 di Osaka
Ora l’opera viene scelta per rappresentare l’Italia all’Expo 2025 di Osaka, posizionata al centro della piazza semicircolare del Padiglione Italia la cui architettura è ispirata alla Città Ideale del Rinascimento italiano, su progetto di Mario Cucinella. Una decisione che il ministro Gennaro Sangiuliano enfatizza in nome della diffusione della cultura italiana nel mondo: “Mettere al centro del Padiglione Italia un capolavoro nonché icona di valore inestimabile come l’Atlante Farnese significa far conoscere a tutti un’opera che rappresenta l’eredità culturale della nostra Nazione, che ha contribuito a fare del MANN uno dei musei archeologici più importanti al mondo, determinando un forte impulso alla diffusione della nostra cultura e al riconoscimento dell’Italia come custode di un patrimonio unico a livello globale”. Di certo si tratterà di un’operazione impegnativa sotto il profilo logistico, che porterà per la prima volta l’Atlante Farnese nel continente asiatico. Del resto, il mito di Atlante si presta a rappresentare il tema del viaggio, valorizzando il legame tra Occidente e Oriente e incarnando “il superamento delle frontiere della conoscenza attraverso la curiositas, il desiderio di scoperta e l’attrazione per l’ignoto, connaturati nell’animo umano”, sottolinea il Direttore generale Musei, Massimo Osanna. Il Padiglione Italia a Osaka si prefigge infatti l’obiettivo di raccontare il futuro attraverso l’innovazione tecnologica, però ancorandosi al pensiero filosofico e umanistico che discende dalla cultura antica greco-romana. E che trovò nuova linfa nel Rinascimento.
Il valore astronomico dell’Atlante Farnese
Quando fu riscoperta, la statua dell’Atlante suscitò subito grande attenzione, non solo per l’abilità artistica nel definire la struttura anatomica di un corpo sotto sforzo, ma per la minuziosa descrizione della volta celeste e dello Zodiaco, una delle più complete giunte dall’antichità, presa a modello in ambito astronomico e scientifico per tutta l’età moderna (ispirerà anche i primi globi celesti olandesi del Cinquecento), fino al XIX secolo. La scultura doveva avere finalità didascaliche sin dall’origine, divulgando le conoscenze dell’epoca sull’astronomia secondo la teoria formulata da Ipparco di Bitinia. Così si spiega la presenza sul globo dei cerchi meridiani che passano per i poli e per i punti dei solstizi e degli equinozi, dell’equatore, del circolo artico e antartico, delle costellazioni australi e boreali e dei dodici segni dello Zodiaco, in forma antropomorfa o di animale. C’è spazio anche per la cosiddetta “Cometa di Cesare”. Probabilmente la statua ebbe destinazione pubblica, e il globo – che presenta una cavità sulla sommità (per ospitare uno gnomone?) – fu utilizzato come meridiana.
Il mito di Atlante nell’antichità
Atlante, dal greco “infaticabile” o “colui che sopporta”, era figlio del Titano Giapeto e della Ninfa Climene, fratello di Prometeo ed Epimeteo. Durante la Titanomachia si schierò con Crono e contro Zeus, ma, sconfitto, fu condannato per il resto dei suoi giorni a sorreggere la volta del cielo sul proprio capo e con le proprie mani. Una più rara versione del mito racconta invece che la condanna di Atlante fu opera di Perseo, che si vendicò per non aver ricevuto protezione dal titano pietrificandolo con la testa della gorgone Medusa, e trasformandolo nella catena montuosa dell’Atlante. Sempre la mitologia greca vede le vicende di Atlante intrecciarsi con le fatiche di Eracle: il Titano aiuta infatti l’eroe a completare l’undicesima fatica, rubando i pomi d’oro dal giardino delle Esperidi; per riceverli, Eracle si presterà a sorreggere la volta celeste al suo posto.
Livia Montagnoli
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