A Bolzano si riscoprono gli specchi delle donne etrusche e alcune particolari anfore
Se vi state chiedendo cosa avessero di speciale gli specchi etruschi, o cosa fossero le anfore chiamate "nicosteniche”, la mostra in programma a Bolzano vi aiuterà a rispondere. Intanto, ecco qualche curiosità e anticipazione su questi oggetti curiosi
Tra i manufatti più affascinanti e meglio conservati del mondo etrusco, spiccano le ceramiche dipinte e gli specchi lavorati in bronzo. Più che semplici creazioni artigianali, si tratta di vere e proprie opere d’arte, il cui valore non mancò di essere riconosciuto anche all’epoca. I destinatari erano ricchi aristocratici, amanti dell’ostentazione, che commissionarono questi oggetti ai migliori artigiani locali e persino stranieri. Se, infatti, gli Etruschi erano abilissimi a lavorare il bronzo, le botteghe ateniesi erano certo le più raffinate in materia di ceramica figurata.
Tutta questa introduzione vuole incuriosire su questi temi – bronzi e ceramiche del mondo etrusco – che sono tra i principali protagonisti di un importante appuntamento espositivo dell’autunno 2024. Si tratta della mostra Etruschi. Artisti e artigiani, promossa dalla Provincia Autonoma di Bolzano in collaborazione con il Museo romano di Villa Giulia. È da quest’ultimo che provengono i reperti che saranno esposti al Centro Trevi – Trevilab altoatesino. In attesa di visitare la mostra, approfondiamo il progetto e due dei temi cardine: gli specchi di bronzo e le cosiddette anfore nicosteniche. Ecco di che si tratta.
Il progetto espositivo che porta gli Etruschi al Trevilab di Bolzano
Continuando sulla scia degli approfondimenti sulle culture del passato, cominciati in passato con gli Egizi, Bolzano ospita ora una ricca serie di testimonianze etrusche provenienti da Villa Giulia. Il taglio espositivo si concentra sulla sfera dell’artigianato. Tema che intreccia diversi aspetti della società del tempo: produzione, commerci, riti funebri, e ovviamente i gusti dei committenti e le abilità degli artisti. La selezione di oggetti permette dunque di dare al pubblico una visione sintetica ma evocativa dei capolavori realizzati all’epoca, esponendo anche reperti normalmente non visibili nel museo romano, in quanto conservati nei depositi. Reperti, questi, che illustrano nei loro motivi decorativi le influenze che segnarono la cultura etrusca: Fenici, Greci, Romani e non solo. Un tessuto complesso, che caratterizzò tutta la storia di questo popolo nel corso dei secoli.
Le anfore nicosteniche amate dagli Etruschi
Che cos’è un’anfora nicostenica? Questa è sicuramente la prima domanda a cui rispondere entrando nel vivo degli highlight della mostra. Tra gli oggetti presentati, vi è proprio un esemplare inedito, ritrovato a Cerveteri e databile a più di 2500 anni fa. Si definiscono così tutte quelle anfore dalla particolare forma con il collo stretto e allungato, terminante con una bocca sottile e svasata, che recano la firma di un certo Nicostene. Era, questi, un celebre artista ateniese, così rinomato da aver dato il nome a tutta la produzione della sua bottega.
La peculiarità di tali anfore è innanzitutto la loro provenienza da Atene – dove sorgeva la bottega di Nicostene – e poi la loro raffinatezza esecutiva. Questi recipienti sono infatti decorati finemente, con scene mitologiche, processuali, o di vita quotidiana, completate da motivi vegetali e geometrici.
A motivare la presenza di anfore di provenienza greca in territorio italiano erano i committenti: gli aristocratici etruschi. Nel loro desiderio di ostentazione della ricchezza, volevano adornare le loro mense e corredi funebri con i manufatti più belli. Ragion per cui incaricarono i migliori artisti e artigiani di tutta l’area mediterranea – tra cui figurava il citato ateniese Nicostene – di eseguire per loro ceramiche di vario tipo e fattura.
Il pittore Nicostene
Nicostene, presunto autore dell’anfora oggetto della mostra, fu dunque un ceramista greco attivo tra 550 e 510 a.C. ad Atene.
A permetterci di attribuirgli certi manufatti è la sua firma di autore, che si trova incisa su numerosi esemplari: Nicosthenes epoiesen (Nicostene mi fece). La quantità cospicua di prodotti con tale marchio di fabbrica fanno pensare che egli fosse a capo di una vera e propria bottega con altri lavoranti – forse addirittura 30 o 40 – attivi al suo servizio.
Specializzata nella produzione di ceramiche dipinte a figure nere, l’officina di Nicostene fu anche tra le prime a offrire esemplari decorati a figure rosse e persino qualche caso di figure nere su fondo bianco (una rarità per l’epoca). La celebrità del ceramista è però legata alla sua attività al servizio della clientela etrusca altolocata, che richiedeva soprattutto anfore o coppe.
Lo specchio di bronzo etrusco in mostra a Bolzano
Accanto alla ceramica, in mostra è presente anche un particolare specchio bronzeo tutto decorato. Testimonianza di un altro tipo di manufatti particolarmente apprezzati dal pubblico etrusco (soprattutto femminile), questa volta prodotto in patria. L’esemplare in questione, risalente al 2500 a.C., raffigura l’antefatto della Guerra di Troia, che vede protagonisti Afrodite, Elena, la figlia Hermione e Paride. Scena molto comune da ritrovare su questi oggetti d’alto artigianato.
Gli specchi delle donne etrusche: storia e produzione
Tra tutti gli specchi realizzati nell’antichità, quelli etruschi si distinguevano per il retro figurato, ornato con scene e soggetti legati al proprietario e ai suoi gusti e interessi. La produzione era ampia, tanto per la grande disponibilità di materia prima – il bronzo era una lega diffusissima in questi luoghi – quanto per le richieste della clientela, che apprezzavano molto questi oggetti, e l’abilità degli artigiani locali.
Entrando nel dettaglio degli specchi, erano composti da un disco splendente di forma convessa sul davanti (l’immagine riflessa era quindi più piccola del reale), con un’impugnatura anch’essa in metallo, oppure in osso. Il rovescio era invece decorato a incisione.
A sostenere l’ipotesi che le destinatarie di questi manufatti fossero essenzialmente donne sono i nomi dei proprietari incisi su di essi. Tutti femminili.
Per quel che riguardava i soggetti scelti, molto popolari erano le scene mitologiche legate agli dèi dell’Olimpo – soprattutto Afrodite (Turan in etrusco) e Paride – e alle vicende omeriche. Altrettanto diffuse erano le lase: ninfe alate, simbolo della cura per la propria bellezza. E non mancavano raffigurazioni di eroi e scene erotiche.
Emma Sedini
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