A Roma foglie e licheni aiutano a conservare l’archeologia dall’inquinamento urbano
Si tratta di uno studio di biomonitoraggio dell'inquinamento atmosferico condotto nell'area archeologica del Palatino che affaccia su Via dei Cerchi, e appena pubblicato su una rivista specializzata
Sostanze solide, liquide, polveri stradali e particelle di suolo: sono questi gli elementi trattenuti nelle foglie e nei licheni piantati alle pendici dell’area archeologica del Palatino a Roma per valutare l’inquinamento urbano di Via dei Cerchi.
Le piante sono state campionate ed esposte tra luglio 2022 e giugno 2023 da un team di esperti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), del Parco archeologico del Colosseo, dell’Università di Siena e dell’Accademia Nazionale dei Lincei.
Inquinamento e archeologia sul colle del Palatino a Roma
Sulla base dello studio condotto dagli esperti negli ultimi due anni si è arrivati alla conclusione che le foglie delle piante sono adatte a fornire servizi di conservazione preventiva, limitando l’impatto dell’inquinamento urbano sui siti del patrimonio culturale all’interno di contesti metropolitani affollati; differentemente i licheni si sono dimostrati fondamentali per l’intercettazione e raccolta di polveri sottili e liquidi. “L’uso congiunto di foglie e licheni, abbinato a tecniche di analisi chimica e magnetica, permette di tracciare e quantificare gli inquinanti atmosferici, distinguendo le sorgenti emissive antropiche da quelle naturali”, ha sottolineato Stefano Loppi, docente del Dipartimento di Scienze della Vita dell‘Università di Siena.
L’area archeologica del Palatino: tra botanica e conservazione dei beni culturali
“Questo studio è stato realizzato nell’ambito del progetto di ricerca CHIOMA (Cultural Heritage Investigations and Observations: a Multidisciplinary Approach), il cui titolo è ispirato ai servizi ecosistemici di protezione ambientale forniti dagli alberi”, spiega Aldo Winkler, Responsabile del Laboratorio di Paleomagnetismo dell’INGV, che ha curato le indagini magnetiche. “Tale progetto, infatti, introduce le metodologie di biomonitoraggio magnetico in un’area archeologica di prestigio unico al mondo, fornendo preziose indicazioni sulla capacità delle foglie, in funzione della specie e della collocazione arborea, di accumulare il particolato inquinante, contribuendo così a limitarne la diffusione e gli effetti nocivi sui beni culturali”.
Parola alla direttrice del Parco archeologico del Colosseo Alfonsina Russo
“La partecipazione a questo progetto così interessante ed innovativo, è stata anche per noi tutti un’esperienza unica, che ci ha arricchito sia a livello professionale che umano. Oltre a fornire nuovi dati per la ricerca scientifica, abbiamo potuto comprendere i livelli e l’andamento dell’inquinamento da particolato atmosferico nel nostro sito, analizzando peraltro l’efficacia delle barriere arbustive piantate sul Palatino nel 2020 per il contenimento delle polveri inquinanti. Sono davvero felice che tanto lavoro sia poi confluito in un importante articolo scientifico, un risultato davvero significativo che spero possa proseguire grazie alla ricerca interdisciplinare e condivisa”.
Valentina Muzi
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