La Cappella Portinari. Una delle meraviglie segrete di Milano

Tra i Navigli e San Lorenzo, è una tappa imperdibile per chi visita la città, per gli affreschi del maestro Vincenzo Foppa. Ecco tutta la sua storia, dal Quattrocento alla mostra d’arte contemporanea del 2024

Affacciata sull’omonima Piazza, lungo quel tratto di Corso di Porta Ticinese che collega i Navigli alle Colonne di San Lorenzo, sorge la Basilica di Sant’Eustorgio. Una delle più antiche chiese di Milano, che risale addirittura al IV Secolo, a quando si insediarono in città i primi cristiani. Si tratta di una tappa evidenziata in tutte le guide turistiche cittadine, malgrado molti residenti sembrino oggi essersene dimenticati. Oltre a rappresentare un monumento intriso di storia – lo dimostra il cimitero paleocristiano visitabile sotto le fondamenta – la Basilica è anche il luogo di una delle meraviglie nascoste del Rinascimento di Milano: la Cappella Portinari. Capolavoro affrescato da Vincenzo Foppa, l’iniziatore del movimento di inizio ‘400, che vale la pena riscoprire. Con l’occasione della mostra-omaggio che nell’autunno 2024 l’artista contemporaneo Rinaldo Invernizzi le ha voluto dedicare, ripercorriamone tutta la storia. Dal lontano 1400 a oggi.

Vincenzo Foppa, Miracolo della nuvola, particolare,1460 circa, Basilica di Sant'Eustorgio, Cappella Portinari, Milano. Photo ICASTICA - © Nicola Tagliabue
Vincenzo Foppa, Miracolo della nuvola, particolare,1460 circa, Basilica di Sant’Eustorgio, Cappella Portinari, Milano. Photo ICASTICA – © Nicola Tagliabue

Le vicende e i miracoli di san Pietro da Verona

Chi era Pietro da Verona

Per apprezzare gli affreschi del Foppa nella Cappella, bisogna prima ritornare un po’ più indietro nel tempo, all’epoca in cui visse il santo a cui tutto il programma iconografico è dedicato. Parliamo di Pietro da Verona (al secolo Pietro Rosini), vissuto nel Duecento e proveniente da una famiglia che aveva aderito all’eresia catara. Ironia della sorte, egli divenne ben presto frate domenicano, tra i più fevidi oppositori schierati a combattere proprio i Catari. 
Il legame con la Basilica di Sant’Eustorgio si creò fin dall’inizio, quando, ordinato frate, fu accolto qui nel convento, scelto per operare attivamente in città contro l’eresia. A Milano, infatti, all’epoca si era creato un polo piuttosto fervido di questi eretici, che non riconoscevano molti dei capisaldi della dottrina cattolica. 
Pietro fu il fondatore di una delle due congregazioni presenti nella Basilica: la Società della Fede, che si impose efficacemente contro di essi. Divenne poi Priore del Convento di Como e Inquisitore del territorio di Milano.

Il martirio di Pietro da Verona

Tutto questo zelo nella lotta ai Catari, però, gli portò anche numerosi nemici. Alcuni dei quali molto potenti. Tra questi ultimi vi era in particolare il Conte Stefano Confalonieri di Agliate, il quale – toccato nel vivo nei suoi interessi – decise di mettere a tacere il predicatore per sempre. Fu lui a commissionare l’uccisione di Pietro ad alcuni sicari, che gli fecero un’imboscata mentre si stava spostando da Como a Milano. Accadde nell’aprile 1252, nel bosco di Farga, quando il futuro santo fu colpito alla testa – infatti nell’iconografia artistica egli è sempre raffigurato con un grosso coltello che gli pende sul capo – e morì quasi sul momento. Prima di spirare, fece giusto in tempo a scrivere col sangue sulla terra la parola “credo”. Una rappresentazione fedele e dettagliatissima si rivede proprio in una delle scene affrescate da Foppa nella Cappella.
La notizia del martirio arrivò presto a Milano, dove furono portate le sue spoglie; la canonizzazione fu proclamata prestissimo: già l’anno successivo. Il suo corpo fu collocato nella navata sinistra, mentre la testa, staccata, divenne una reliquia. 

La storia della Cappella Portinari

La costruzione della Cappella

Abbandonando il santo per un attimo, concentriamoci sulla storia della Cappella vera e propria, che ovviamente risale a un periodo successivo rispetto al corpo originale della Chiesa paleocristiana. A richiederne la costruzione fu il banchiere fiorentino Pigello Portinari, che risiedeva a Milano, occupandosi degli affari per conto del Banco mediceo. Decise che avrebbe fatto erigere la cappella funebre per la famiglia presso Sant’Eustorgio, approfittando dell’occasione per dare una più degna dimora alla reliquia della testa di San Pietro. Il disegno prevedeva infatti che essa vi fosse collocata all’interno. 
L’architetto incaricato del progetto non è noto; fu probabilmente un lombardo. L’edificio – un corpo centrale e un’abside entrambi a pianta quadrata – fu realizzato negli Anni Sessanta del Quattrocento. 

La decorazione e l’Arca

La decorazione fu affidata a quello che era il migliore maestro attivo ai tempi in città: Vincenzo Foppa. Un pittore legato alle corti rinascimentali, che riprendeva in parte lo stile del Gotico Internazionale di Gentile da Fabriano, ispirandosi anche all’opera di Jacopo Bellini, DonatelloPaolo Uccello e Filippo Lippi. Lezioni diverse che si fondevano nella sua grande capacità di resa dei dettagli, gusto per le architetture e la prospettiva, e una tavolozza dai colori pastello molto ricchi. Distintivi di Foppa erano i suoi grigi: morbidi, cangianti, il cui pregio fu riconosciuto anche dal critico Roberto Longhi. L’artista si occupò di affrescare tutta la volta e la fascia superiore delle pareti. 
L’arca monumentale dedicata a san Pietro, che regna al centro della Cappella Portinari, fu invece realizzata dallo scultore Giovanni di Balduccio da Pisa. Scolpita in marmo bianco e rosso di Carrara, fu terminata ben prima della commissione di Pigello Portinari, nel 1339. L’opera è in stile gotico, ricchissima di dettagli che narrano diversi episodi di vita del Santo. 

La Cappella Portinari nei secoli

Nei secoli successivi ai lavori di Foppa, il fascino della decorazione originale andò per lungo tempo perduto. Con la Peste che sconvolse la città nel 1630, gli affreschi furono intonacati – con la speranza di ridurre i contagi del morbo – e nel 1651 si volle ammodernare l’ambiente con nuovi dipinti e decorazioni di gusto barocco. 
Solo dopo la metà dell’Ottocento, l’incuria cui era stata soggetta la Cappella trovò finalmente una fine. Un programma di restauri riportò alla luce gli affreschi foppeschi, eliminando gli interventi posticci e ricostruendo le parti perdute. Nel Novecento, poi, ulteriori sistemazioni permisero un ripristino ancora più vicino a quella che doveva essere la bellezza originale. 

Vincenzo Foppa, Miracolo della falsa Madonna, 1460 circa, Basilica di Sant'Eustorgio, Cappella Portinari, Milano. Photo ICASTICA - © Nicola Tagliabue
Vincenzo Foppa, Miracolo della falsa Madonna, 1460 circa, Basilica di Sant’Eustorgio, Cappella Portinari, Milano. Photo ICASTICA – © Nicola Tagliabue

Gli affreschi di Vincenzo Foppa nella Cappella Portinari di Milano

La cupola

Il vero capolavoro che lascia affascinato chiunque visiti la Cappella Portinari sono gli affreschi che la decorano. Questi, come già anticipato, furono realizzati da Vincenzo Foppa, come sua prima grande commissione pubblica. Basta alzare lo sguardo, e subito si nota la volta a sedici spicchi, decorati a piume d’uccello coi colori dell’arcobaleno, che si muovono dal centro all’esterno, passando dall’azzurro pallido, al verde, poi giallo e rosso. L’intento è chiaramente rievocare il Paradiso, come suggerisce anche il coro di angeli danzanti e musicanti che fanno girotondo nel tamburo. Nei pennacchi, compaiono invece i quattro Dottori della Chiesa: san Gregorio Magno, san Girolamo, sant’Ambrogio e sant’Agostino. 

Le storie di san Pietro e della Vergine

Il programma iconografico principale è dedicato alle due Confraternite che risiedevano in Sant’Eustorgio: la Società della Fede fondata da san Pietro e la Confraternita dedicata alla Madonna. A quest’ultima fanno omaggio gli affreschi che raffigurano l’Annunciazione e l’Assunzione della Vergine. 
San Pietro da Verona è invece il protagonista delle quattro scene presenti sugli spicchi in alto alle pareti. Quattro episodi centrali della sua vita, che ne illustrano i meriti miracolosi e il suo cruento assassinio. A sinistra, c’è il Miracolo del piede risanato, che narra la storia di quel giovane che – dopo aver dato un calcio a sua madre in un momento di rabbia – pentitosi, si tagliò il piede. Il santo, in segno di perdono per il peccato riconosciuto, glielo fece ricrescere. 
Curioso è anche il Miracolo della Madonna con le corna, ossia quando san Pietro smascherò il falso idolo che i Catari avevano indotto i fedeli a venerare, esponendogli l’ostia davanti… e facendogli crescere le corna. Il terzo episodio è invece quello del Miracolo della nube. In questa scena si può scorgere proprio la piazza della Basilica di Sant’Eustorgio, dove è raccolto un gruppo di persone, rivolto verso il santo che predica affacciandosi dalla Chiesa. Sopra di essi, una grande nube di pioggia, chiamata da lui per dare refrigerio alla folla che lo ascoltava anche in una caldissima giornata estiva.
A concludere il quartetto di affreschi c’è il Martirio di san Pietro. Una scena descrittiva molto fedele alla vicenda storica realmente avvenuta.

Rinaldo Invernizzi, Cupola del Paradiso, 2024, Acrilico e olio su tela, cm 70×70. Photo ICASTICA - © Nicola Tagliabue
Rinaldo Invernizzi, Cupola del Paradiso, 2024, Acrilico e olio su tela, cm 70×70. Photo ICASTICA – © Nicola Tagliabue

Arte contemporanea nella cappella con la mostra di Rinaldo Invernizzi

La storia della Cappella Portinari continua a scriversi ancora oggi, con la mostra dell’artista contemporaneo Rinaldo Invernizzi. Un ciclo di dipinti – connubio di storia, arte e spiritualità – che omaggiano gli affreschi di Foppa e il santo a cui sono a loro volta dedicati. L’esposizione che dà nuova vita allo spazio per tutto l’autunno 2024 invita scoprire il patrimonio pittorico della Cappella e a leggerlo su un doppio livello. Storico e legato al Rinascimento e alla Fede, ma anche di attualità universale. I temi trattati nei dipinti – idolatria, inganno, fede al martirio e compassione – erano validi allora, come lo sono oggi. 

Le opere di Rinaldo Invernizzi per la Cappella Portinari

Affascinato dal parallelismo continuo tra architettura e pittura proprio della Cappella, Invernizzi cerca di avvicinare i Miracoli al pubblico contemporaneo, riproponendo questo duplice piano. La tavolozza dei suoi dipinti – volutamente ridotta a pochi elementi – gioca con l’espressività del colore. Tra i soggetti, egli ha identificato e ripreso alcuni temi chiave, che ricorrono, come se così fosse stato nelle intenzioni del maestro rinascimentale. Il piede, la mano di san Pietro. E poi c’è il martirio: soggetto di immediato collegamento con la morte, che a Invernizzi piace vedere come un passaggio, anziché come la fine. Giocando su oggetti quali coltelli, armi e spade, l’artista è in grado di parlare delle guerre che affliggono la realtà odierna, eternizzando il significato del lavoro di Foppa. 

Emma Sedini


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Emma Sedini

Emma Sedini

Etrusca e milanese d'origine in parti uguali, vive e lavora tra Milano e Perugia. È laureata in economia e management per arte, cultura e comunicazione all'Università Bocconi, e lì frequenta tutt'ora il MS in Art Management. Nel frattempo, lavora in…

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