Nuove scoperte sul misterioso autore del “San Giovanni Battista” della Pinacoteca Ambrosiana
Fino a poco tempo fa, il “San Giovanni” dell’Ambrosiana era attribuito a Salaino, l’allievo di Leonardo Da Vinci. Ma i nuovi studi diagnostici negano la sua paternità. Chi è dunque il misterioso pittore? Ecco la risposta
Tra le opere più enigmatiche conservate alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano vi sono quelle legate alla cerchia di Leonardo Da Vinci. Parliamo in particolare di due tavole – entrambe esposte a pochi passi dal Musico vinciano – che fino a poco tempo fa erano ricondotte allo stesso autore. Salaino, noto anche come Salaì, nonché uno dei due allievi più vicini al grande maestro fiorentino. Alla sua mano era collegato tanto il San Giovanni Battista, copia dell’originale di Leonardo oggi conservato al Louvre, quanto il Salvator Mundi, acquisito dal Museo milanese con la donazione di Bernardo Caprotti. Tuttavia, già dall’ingresso di questo secondo dipinto, come sostiene Alberto Rocca, dottore dell’Ambrosiana e coordinatore del progetto, ci si era resi conto della diversità autoriale tra le due. Diversità che è oggi confermata dai recenti studi di diagnostica non invasiva, condotti grazie al supporto di Banca Patrimoni Sella, i quali si affiancano all’occhio dello storico per portare nuovi contributi al mondo dell’arte rinascimentale.
I nuovi studi alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano: un progetto a supporto della cultura
Come sottolinea Daniela Magnetti di Banca Patrimoni Sella, fornire nuovo e più approfondito materiale fotografico a supporto degli studi è un grande contributo alla cultura. È un modo per integrare quanto già presente sul tema – la prima e unica campagna di analisi scientifiche sul San Giovanni fu realizzata quasi 40 anni fa – e aggiornare le conclusioni. “Un’indagine che sfoglia gli strati di storia, sfogliando gli strati di pittura”, il commento dell’art advisor Filippo Timo.
Nella storia dell’arte, infatti, nulla è definitivo, bensì è tutto parte di un processo di scoperte, revisioni e integrazioni. Al pari di ciò che avviene nelle altre discipline scientifiche. Questo accresce il valore dei materiali prodotti grazie a questo progetto.
Leonardo Da Vinci, Salaino e il misterioso pittore del San Giovanni alla Pinacoteca Ambrosiana
L’Aula Leonardi: un luogo, un punto di incontro di quelle che sono oggi con buona certezza tre storie differenti. La sua origine antica – risale infatti agli inizi del ‘500, quando faceva da spezieria della pia Congregazione della Santa Corona di Cristo – si riconnette e continua nelle tre opere principali che ospita. Chi ha visitato il Museo milanese, la ricorderà come la sala in penombra, affrescata dall’imponente Incoronazione di spine di Bernardino Luini, al termine del percorso espositivo della Pinacoteca, prima del congedo definitivo nel cuore della Biblioteca.
È proprio nell’Aula Leonardi che sono esposte, una accanto all’altra, i tre quadri che testimoniano ciascuno il lavoro di una mano differente.
Principe della scena è il Musico di Leonardo Da Vinci: unico suo dipinto su tavola ancora presente a Milano. C’è poi il Salvator Mundi, entrato in collezione con una donazione del 2013 da parte del noto imprenditore Bernardo Caprotti, che lo aveva acquistato a un’asta di Sotheby’s. Opera molto interessante, data 1511 e firmata da Salaino, la quale ci attesta – facendo da termine di paragone – lo stile di quest’ultimo. Uno stile decisamente diverso (gli ultimi studi lo confermano) da quello del terzo soggetto in questione, il San Giovanni Battista.
Il San Giovanni Battista creduto di Salaino
Tra le tre considerate, questa è certo la più misteriosa. Non si sa esattamente quando arrivò all’Ambrosiana – le fonti certificano la sua presenza dal 1641, dunque poco dopo la sua istituzione – né chi ne sia l’autore sicuro. All’inizio fu attribuita a Bernardino Luini, poi, nel Settecento, persino allo stesso Leonardo. Ma l’ipotesi non reggeva. La rimessa in discussione nel XIX Secolo portò all’ipotesi prevalente fino a poco tempo fa, che la vedeva opera di Salaino, giovanissimo allievo di Leonardo, il quale doveva aver visto l’originale del maestro (oggi al Louvre), traendone poi una sua versione.
Le nuove scoperte sul San Giovanni della Pinacoteca Ambrosiana
Fin da quando nel 2013 il Salvator Mundi, firmato e datato da Salaino, era giunto in Pinacoteca, però, si era cominciato a rimettere in discussione che fosse lo stesso autore del San Giovanni. La campagna di studi condotta nell’estate 2024, che ha riunito in Aula Leonardi un team di storici dell’arte e ricercatori, ha condotto a importanti sviluppi che terminano con l’identificazione di un’altra mano – al momento priva di nome e cognome – propria di un pittore seguace “indiretto” di Leonardo.
Dalle analisi risulta una tavolozza di colori molto simile all’originale del Louvre, che comprende anche una buona quantità di blu lapislazzuli. Segno, questo, della ricchezza del committente, che si poteva dunque permettere una simile ricchezza di materiali. Un altro dettaglio emerso, un unicum, a detta degli studiosi, sono i sottilissimi fili di arancio che contornano la chioma del soggetto.
Veniamo, infine, a ciò che ha permesso davvero di sancire la differenza tra Salaino e questo artista. Il disegno sottostante la pittura. Lato dell’opera, questo, che maggiormente connota la mano di ciascun autore, chiarendo i dubbi di attribuzione. Le immagini prodotte con la riflettografia infrarossa ci restituiscono un tratto molto fine e curato nel San Giovanni: un’idea di disegno preparatorio molto simile all’uso che ne faceva Leonardo. Dall’altra parte, il Cristo del Salvator Mundi è reso in modo molto più grossolano e sommario, senza entrare nei dettagli.
Chi è il misterioso autore dell’opera?
Anche senza trovare un nome preciso, qualcosa di più sul misterioso personaggio si può dire. Sicuramente non si tratta né di Salaino, né di Andrea Solario, la cui tendenza allo stile veneziano non si ritrova in questo caso. Lo stesso vale per un altro candidato leonardesco, Cesare da Sesto, dai tratti classicisti e raffaelleschi distintivi (qui assenti).
Confrontando la parte pittorica e di disegno con la produzione di Leonardo, si ipotizza che questo pittore non avesse avuto accesso direttamente alle opere concluse del maestro – rimaste in Francia dopo la sua morte – ma solo ai materiali grafici. Dunque, lo si potrebbe collocare in un periodo di poco successivo, nella cerchia che si costruì attorno a Francesco Melzi, secondo allievo del Da Vinci, il quale si impegnò a riportare in Italia la parte dei suoi disegni che aveva ereditato da lui e a diffonderne gli insegnamenti. Il petit maître ignoto sarebbe così un leonardesco indiretto, magari autodidatta, che apprese in modo parziale le sue tecniche dalla lezione di Melzi, elaborandole per costruirsi un buon successo. Questo è il punto a cui si fermano le ricerche oggi; vedremo se ci saranno ulteriori affascinanti sviluppi.
Emma Sedini
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