Ci sono in giro diverse opere di Leonardo che non gli sono state attribuite?
Tra Bramante, Pollaiolo, Verrocchio e Salaì, secondo Massimo Giontella ci sono otto opere di Leonardo che non gli sono attribuite e che invece sono opera sua. Ecco quali sono
Si propone qui una carrellata di opere di vari autori rinascimentali, conservate in musei italiani e di tutta Europa, che – secondo Massimo Giontella – sarebbero in realtà da attribuire a Leonardo Da Vinci. Medico e fisiatra, Giontella è studioso di Antonio del Pollaiolo insieme a Riccardo Fubini, ordinario emerito di Storia del Rinascimento presso l’Università di Firenze. Ecco tutti i dipinti e le sculture identificate, con le relative analisi storico-artistiche che motivano questa ipotetica, quanto affascinante, nuova attribuzione.
Scultura: La dama col mazzolino
L’opera giacente al Museo Nazionale del Bargello è ufficialmente attribuita a Andrea del Verrocchio; molti elementi al contrario depongono per la paternità di Leonardo che ha eseguito la tavola con il ritratto di Ginevra Benci; è evidente che la scultura riguarda la stessa persona e sono dimostrati rapporti pluriennali di Leonardo con la Famiglia Benci. Alla collezione Windsor è presente un disegno di mani di Leonardo con gli steli di fiorellini in mano; il disegno era concepito evidentemente come studio per realizzare la scultura, non certamente per il ritratto dipinto di Ginevra Benci. Le mani dell’opera del Bargello sono sovrapponibili alle mani dei dipinti di Leonardo.
Lo stile della scultura non è quello di Andrea del Verrocchio; l’opera richiama con chiarezza l’arte fiamminga di primo Quattrocento e specificatamente Van Eyck artista cui Leonardo non può essere arrivato tramite Verrocchio ma tramite Antonio del Pollaiolo, il divulgatore in Italia di Jan Van Eyck. La struttura in torsione piramidale della Dama col Mazzolino è prettamente leonardesca
Il busto di Antonio del Pollaiolo presente sulla sua tomba
I rapporti tra Antonio del Pollaiolo, Leonardo e Bramante non sono mai stati evidenziati dalla critica, ma in realtà furono molto intensi. Antonio del Pollaiolo fu maestro di pittura e scultura di Leonardo e fu maestro di architettura di Donato Bramante; questi recepì a Urbino i principi di architettura promanati da Leon Battista Alberti perché per circa dieci anni Antonio del Pollaiolo frequentò la Corte Urbinate, evento rimasto oscuro alla critica. Trasferitosi da Milano a Roma proprio alla fine del Secolo XV Bramante chiese cripticamente a Leonardo, scrivendo un poemetto dal titolo Antiquarie Prospettiche Romane, di onorare la misera tomba dell’illustre e comune maestro facendo il busto marmoreo di Antonio del Pollaiolo; Leonardo esaudì la richiesta.
Una immagine idealizzata di Federico di Montefeltro
Nel 1474 Federico di Montefeltro veniva fatto Duca di Urbino con nomina Papale. Tra i doni ricevuti figura un suo ritratto idealizzato su terracotta; l’intento di molti era quello di ingraziarsi il potente amante dell’arte cui devolveva molti ducati derivanti dalle sue cariche. Nella terracotta figurano le scritte F-Dux che non lasciano dubbi su chi fosse il destinatario del dono. Le fattezze del personaggio non corrispondono a quelle reali di Federico di Montefeltro per cui si deve dedurre che si è trattato di una versione idealizzata del volto del neo-Duca per un dono propiziatorio. La cornucopia e le astine realizzate come gli stendardi di Roma richiamano le monete che i neoimperatori facevano battere per rassicurare il popolo romano su un futuro di benessere. L’elmo ricorda molto da vicino quello del disegno di guerriero di Leonardo giacente al British Museum; La bellezza e la serenità del volto sono tipicamente leonardesche e l’immagine del leone nella parte superiore dell’elmo è una sorta di firma per il Vinci, che proprio con la terracotta aveva cominciato la sua attività di scultore.
Il Guerriero nella Formella del Verrocchio. L’Altare di San Giovanni
Al Museo dell’Opera del Duomo di Firenze è conservato l’altare di San Giovanni. L’opera in argento di inestimabile valore è stata realizzata da diversi scultori tra il secolo XIV e il secolo XV. Una delle formelle dell’altare è opera della bottega del Verrocchio; nella formella un guerriero sulla destra si mostra stilisticamente diverso dal resto della composizione. Il paragone con un disegno di Leonardo giacente alla Windsor Library mostra un fin troppo stretto legame tra le due opere; si trattava del disegno ideativo per il guerriero della formella; lo sguardo del guerriero del disegno è pensoso come quello di chi sta elaborando un’opera.
L’ Ercole del Frick Museum
Al Frick Museum di New York è conservato un bronzetto delle dimensioni di cm 44,1 di altezza unanimemente datato alla fine del Secolo XV, che rappresenta Ercole vincitore. Il bronzetto non è stato eseguito con il sistema di colata a cera persa, come usato canonicamente al tempo, ma per la sua mancata completezza sembra proprio uno studio di una nuova tecnica per un’opera ben più importante, forse il Monumento Equestre di Francesco Sforza. È stato opportunamente rilevato che la scultura nella parte alta ricorda la finezza e la serenità delle opere di Verrocchio mentre nella parte sottostante ricorda la potenza e la motilità delle opere di Antonio del Pollaiolo. Il bronzetto evoca la vita artistica di Leonardo che “fuse” gli insegnamenti dei suoi due grandi maestri.
L’ Affresco di Uomo Illustre
Alla Pinacoteca di Brera è presente una serie di affreschi tutti attribuiti a Bramante, staccati in epoche diverse dal Palazzo Visconti Panigarola. L’analisi degli affreschi ha consentito di poter contestare l’attribuzione univoca all’Urbinate e ha permesso di individuare in un fregio la mano del Pollaiolo e quella di Leonardo nel ritratto di un gentiluomo con alabarda (forse bastone del comando); questi mostra evidenti legami stilistici con del ritratto di Ginevra Benci oggi locato alla National Gallery of Art di Washington: i riccioli dorati sono sovrapponibili. Il personaggio nel suo insieme si differenzia nettamente per stile e qualità da resto degli uomini di mano bramantesca. La serie degli affreschi di palazzo Visconti-Panigarola rende conto di quanto fossero stretti i legami fra i tre artisti: Pollaiolo ritrae nel fregio di sua spettanza i suoi allievi Bramante e Leonardo nelle vesti di Democrito e Eraclito.
Leda col Cigno: Disegno preparatorio per il dipinto di Salaì
Alla Galleria Borghese è giacente un dipinto su tavola il cui soggetto è La Leda col Cigno. Leonardo fu il primo a eseguire il dipinto con questo soggetto che rievocava la mitologia greca: Giove si trasforma in cigno per possedere la bellissima Leda moglie del Re Tindaro. Il dipinto di Leonardo fu venduto al Re di Francia dal suo allievo Salaì; l’opera è documentata al Fontainbleau per qualche secolo e poi è scomparsa. La Leda col cigno della Galleria Borghese mostra all’esame radiografico la stessa impostazione dell’opera leonardesca (come dimostrato dalle descrizioni del dipinto del maestro con quattro puttini) ma se ne differenzia nella stesura finale. Leonardo ha verosimilmente eseguito per il suo allievo Salaì il disegno preparatorio ma poi quest’ultimo ha voluto differenziarsi a suo modo.
L’ Unificazione in disegno di rilevamenti di Venezia fatti da Jacopo dé Barbari
Nell’ultima parte degli anni ’90 del Quattrocento Leonardo e Bramante erano insieme alla corte di Ludovico il Moro, ma proprio sul finire del secolo si divisero. Bramante andò a Roma ivi chiamato dalla Curia come nuovo capofabbrica, Leonardo, per la discesa in Italia di Luigi XII e la imminente caduta del Moro, decise di lasciare Milano e si trasferì a Mantova; quindi, all’inizio del nuovo secolo si spostò a Venezia, dove aprì anche una bottega. Allo stesso tempo era presente a Venezia il pittore e incisore Jacopo dé Barbari che per tre anni aveva fatto rilevamenti della città da elaborare in una Veduta in pianta. Il compito era improbo per la complessità dei luoghi per cui il dé Barbari colse l’occasione della presenza di Leonardo a Venezia perché lo aiutasse a riunire in disegno le multiformi rilevazioni. L’aiuto fu determinate per realizzare la xilografia di cui rimangono gli splendidi legni al Museo Correr. Dè Barbari volle immortalare l’aiuto nella veduta ritraendosi a cavalcioni di un mostro marino vinto in lotta (il successo ottenuto nella realizzazione dell’opera) e da vincitore volge un estatico sguardo al Mercurio che è sopra di lui. Mercurio era il Dio dei traffichi commerciali come è scritto nella Veduta, ma era anche il Messaggero, un ruolo ad hoc per Leonardo. In effetti guardando il Mercurio si vede che è impersonato da un uomo barbuto e attempato, non certo il giovane scattante della mitologia.
Massimo Giontella
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